La Liguria non è la Lombardia, almeno dal punto di vista geografico. Se un camion va in panne sull’Autostrada dei Fiori, il traffico si blocca anche sull’Aurelia e intasa la viabilità cittadina. Il territorio ligure è un susseguirsi di ripide valli, paesini arroccati, strade strette e impervie.
Sul piano demografico, i picchi delle presenze turistiche sono imparagonabili rispetto a quelli della Pianura Padana. Eppure sono proprio queste le strade che percorrono, ormai da tempo, le moltissime mamme in travaglio del ponente ligure, che subiscono disagi dovuti ai cantieri delle già programmate manutenzioni autostradali e alla chiusura del Centro Nascite del Santa Corona di Pietra Ligure, sospeso da più di 340 giorni.
Il Punto Nascite Santa Corona: il caso
I reparti di ginecologia e ostetricia del Centro sono stati chiusi a inizio novembre 2020 e trasferiti al San Paolo di Savona, a circa 35 chilometri.
Una scelta temporanea, dichiarava ai tempi il residente della Regione Liguria, Giovanni Toti, legata al piano regionale anti Covid-19. Toti prometteva di riaprire il reparto superata la tanto temuta terza ondata, prevista per i primi mesi del 2021.
Dure le risposte e netta la presa di posizione di sindaci, sindacati, operatori sanitari e dello stesso Consiglio provinciale, che aveva votato unanime la richiesta di una commissione provinciale sulla sanità.
«In tutto il ponente ligure non esiste un’alternativa a quello che è l’ospedale Santa Corona. Non ne faccio un discorso allarmistico, questa è la realtà»
Raccontava, nel dicembre scorso quando la intervistai in merito alla chiusura imminente del Punto Nascite, Silvia Rozzi, consigliere di Fratelli d’Italia del comune di Pietra Ligure, che aggiungeva:
«Ci vorranno poi anni per ricostituire un centro di alta specializzazione, per formare il personale, per creare affiatamento. Non è una cosa che si può prevedere sulla carta e istituire nell’arco di poco tempo. Io penso che la questione sia sfuggita di mano prima ancora che dal lato politico da quello tecnico».
L’ostetricia del Santa Corona copre un territorio vastissimo della Provincia di Savona e di parte di quella di Imperia, con comuni dell’entroterra dai quali non è agevole il raggiungimento alternativo dell’Ospedale di Savona. In caso di complicazioni il percorso da compiere sarebbe lungo e tortuoso: basterebbe un piccolo inconveniente legato a incidenti, ingorghi o cantieri stradali per trasformare in un’odissea il viaggio in ambulanza.
Se per caso l’emergenza provenisse da un paese dell’entroterra, inoltre, partoriente e nascituro dovrebbero percorrere circa 20-30 chilometri per giungere sulla costa, quindi 20-40 chilometri in autostrada, superare poi la città di Savona o in alternativa giungere ad Albisola, allungando il percorso autostradale di altri 10 chilometri per poi affrontare ancora il traffico cittadino e rientrare a Savona.
La petizione
In prima linea da subito il gruppo Facebook “Giù le mani dal Punto Nascite del Santa Corona” che, guidato da Simone Gaggino, Confcooperative Liguria, lanciò una petizione rivolta direttamente a Giovanni Toti.
«Il Punto Nascite è di fondamentale importanza», dichiarava Gaggino – «il nostro territorio vive una carenza cronica dal punto di vista infrastrutturale. Noi pretendiamo che il Punto Nascite venga ripristinato e dotato di un numero adeguato di personale sanitario di cui oggi non dispone».
Su Facebook immediati i commenti di sdegno e preoccupazione:
«Il governatore della Liguria Giovanni Toti nonostante le promesse se la sta prendendo estremamente comoda per la riapertura mentre il parto in ambulanza in movimento sta diventando una quotidiana abitudine nel Ponente Ligure» e ancora, «neppure si contano più i bimbi nati per strada grazie alle scelte folli del presidente di regione con delega alla sanità».
Emergenze
I parti effettuati a Pietra Ligure nel 2019 sarebbero stati circa 503 e 441 quelli fino a ottobre 2020. Inoltre solo nel 2021 sarebbero molte le emergenze ostetriche non differibili su altri presidi e i parti spontanei trattati dal pronto soccorso ostetrico.
«Ritengo fosse necessario valutare soluzioni alternative alla completa chiusura, tra cui, come ho proposto al Presidente Toti, quella di assumere a tempo determinato delle ostetriche attingendo alla graduatoria aperta in provincia di Savona» dichiarava quando la intervistai, Sara Foscolo, commissario della Lega a Pietra e Finale Ligure.
«La graduatoria conterebbe più di 50 professioniste in attesa di assunzione» dichiarava Foscolo che aggiungeva che a differenza dell’emergenza di marzo, in cui il rischio di chiusura del reparto era dovuto alla mancanza di medici pediatri, la motivazione sarebbe stata la carenza di infermieri e la necessità di trasferire il personale infermieristico presso l’Ospedale Covid-19 di Albenga per tutta la durata dell’emergenza.
«La mia proposta era quella di garantire momentaneamente il servizio alle partorienti utilizzando le ostetriche in sostituzione al personale infermieristico, per permettere di gestire anche i parti fisiologici e non solo quelli in urgenza», dichiarava Foscolo, «ho molte perplessità sulla chiusura del reparto e sono completamente d’accordo con le preoccupazioni delle donne del comprensorio che dovranno partorire nei prossimi mesi».
La proposta era poi stata immediatamente ripresa dal sindaco del Comune di Pietra Ligure Luigi De Vincenzi (PD), che dichiarava che non esistesse cosa più definitiva di una cosa provvisoria e che ciò che viene tolto non torna più indietro.
Personale ostetrico disponibile ma mai impiegato
La Regione avrebbe ricevuto in data 25 marzo 2020 una lettera, firmata dalla Presidente della Federazione Nazionale Collegi Ostetriche (FNOPO).
Nella missiva si proponeva in maniera molto esaustiva una modalità per disporre, in tempo reale, di ben 160 unità di personale infermieristico formato, esperto e già in dotazione organica nelle strutture sanitarie regionali.
Una dotazione che poteva e può essere dedicata alla gestione dell’emergenza da Covid-19.
Altrettanto personale ostetrico, immediatamente attivabile e disponibile, da inserire nell’area materno-infantile, sarebbe stato reperibile anche dalle graduatorie concorsuali in vigore e attraverso le modalità di reclutamento previste dal decreto legge 14/2020, cioè quelle disposizioni urgenti del 9 marzo 2020 ed entrati in vigore già dal 10 marzo per il potenziamento del Servizio sanitario nazionale in relazione all’emergenza coronavirus.
Cairo e Albenga
Questo non solo avrebbe garantito la continuazione dell’operatività del Santa Corona, ma anche la successiva apertura di altri ospedali chiusi in precedenza, come quello di Cairo Montenotte e il Santa Maria di Misericordia di Albenga.
In merito a quest’ultimo, il bando per l’affidamento a privati era già stato vinto dall’Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano, ma l’iter venne poi interrotto da un ricorso presentato al Tar e vinto successivamente dal Policlinico di Monza.
In seguito, dopo l’annuncio di Giovanni Toti di fare appello al Consiglio di Stato, i giudici decisero di effettuare ulteriori approfondimenti.
«L’ospedale di Albenga è stato vittima sacrificale di molte politiche sanitarie degli ultimi dieci anni»
Dichiarava quando lo intervistai, in seguito all’imminente chiusura del Punto Nascite di pietra Ligure, Jan Casella, candidato consigliere Lista Sansa Presidente e dal 2018 consigliere comunale di Alassio (Volta Pagina), che aggiungeva che dopo il trasferimento nella nuova sede, realizzata anche grazie ai lasciti dei benefattori ingauni, il Santa Maria di Misericordia perse il reparto di Ortopedia pubblica, il reparto di Chirurgia, due camere operatorie, l’ambulatorio di Cardiologia e il punto di primo intervento.
Quest’ultimo servizio, già declassato rispetto al vecchio pronto soccorso nel centro storico, era stato riaperto solo mezza giornata, con una carenza di personale subito denunciata dagli stessi operatori.
È tuttavia notizia recente quella della delibera che ha assunto la giunta regionale della Liguria che darebbe l’incarico alla centrale di committenza di annullare la gara per la privatizzazione degli ospedali di Cairo e Albenga.
Sanità pubblica sempre più a rischio
«Nell’ultimo decennio, i tempi di attesa si sono dilatati in modo vergognoso, costringendo le persone a mettere mano al portafoglio per sottoporsi a esami e visite specialistiche» – sottolineava Casella – «la sanità pubblica della nostra provincia patisce da anni ridimensionamenti, tagli, chiusura di reparti. Oltre ai discutibili progetti della Giunta Toti per gli Ospedali di Cairo e Albenga oggi si arriva a colpire un servizio di eccellenza, essenziale come il Dea di II livello di Santa Corona. La Regione si trincera dietro il carattere di temporaneità di questa scelta: credo che i cittadini della nostra Provincia non si sentano affatto rassicurati da queste parole. Troppe volte in Italia abbiamo visto chiusure temporanee che sono poi diventate definitive. Sulla Sanità non si scherza».
In merito era intervenuto anche Stefano De Palo, coordinatore del Gruppo di Iniziativa Territoriale (Savona e Imperia) di Banca Etica:
«consapevoli che i diritti dei cittadini sono, con questo provvedimento, calpestati, chiediamo che la giunta regionale riveda le decisioni prese e restituisca immediatamente il punto nascite presso il nosocomio che deve continuare a vantare la qualifica di Dea di secondo livello».
Rapallo privatizzato
Oltre i casi di Albenga, Pietra Ligure e Cairo, giungeva la decisione, più volte smentita dalla stessa Giunta Toti, di mettere a gara 53 posti letto su 120 totali dell’ospedale Nostra Signora di Montallegro di Rapallo. Un intero piano su tre.
Contro l’ennesima privatizzazione ligure nacque immediatamente un comitato: «questo ospedale è stato costruito con i nostri soldi. Ci è stato promesso e garantito negli ultimi anni da Regione Liguria, Asl4 e sindaci che sarebbe stato potenziato e non svenduto ai privati» dichiarava uno dei membri, «la politica della Regione Liguria è fatta di svendite, chiusure ed esternalizzazioni. Una politica che avvantaggia unicamente le cliniche e gli operatori privati in un conflitto d’interessi abissale. Non si migliorano i conti della sanità regalando ai privati strutture costate alla collettività milioni di euro».
Il 7 ottobre 2021, la conferma: da una nota del’Asl4 si evince che l’Ospedale di Rapallo verrà privatizzato. Accanto al reparto di ortopedia pubblico, insomma, ce ne sarà anche un altro gestito dai privati.
L’ospedale, inaugurato nel 2010 è costato ai contribuenti (pubblici) 44 milioni di Euro.
(leggi altri articoli di wall:out sulla sanità)
Immagine di copertina:
La manifestazione in difesa dell’ospedale San Bartolomeo e della gestione pubblica della sanità. Fonte cittàdellaspezia.com
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