Ha inaugurato lo scorso 8 ottobre nel contesto di Start (leggi l’articolo di wall:out Oggi c’è START. La notte bianca delle gallerie genovesi!) la prima personale di Giuseppe Mirigliano, curata da Anna Daneri.
Il connotato spazio architettonico medievale di Prisma è stato accuratamente studiato dall’artista napoletano e dalla curatrice, che hanno sviluppato un preciso progetto installativo ragionando su tutti e tre gli ambienti di cui lo spazio si compone.
La mostra, spiega l’artista, era già colma di parole. Per questo si è pensato di utilizzare come titolo una frequenza:
1420,405 MHz è l’unica lunghezza d’onda che riesce ad attraversare le polveri interstellari
Metafora quanto mai poetica della ricerca di Giuseppe, che ruota attorno a una profonda e instancabile indagine del mezzo pittorico, che sperimenta su diversi supporti e con differenti risultati formali, fino a mettere in discussione lo statuto stesso dell’immagine.
Formalmente tutte le opere in mostra raggiungono una loro compiutezza in quanto parte di un tutto, frammenti apparentemente disgiunti ma indispensabili l’uno per l’altro che creano opere di una fragilità potentissima. Una polifonia di voci stratificate, che insieme riescono a raggiungere anche chilometri di distanza.
Questa metodologia di lavoro si riflette quasi naturalmente sulle tematiche di interesse che Giuseppe sviluppa poi in tutti i suoi lavori: la stratificazione della storia, dove ognuno di noi gioca un ruolo fondamentale; la fisica, dove l’atomo è la minima parte di materia, ma che per comporla ha bisogno di una grande molteplicità, e solo così riesce a esistere.
Una volta entrati nella prima sala ci troviamo ipnotizzati da un vortice di immagini e voci. Si tratta di un’installazione che si compone di un video e diversi dipinti su carta allestiti su impalcature di tubi innocenti, già presenti all’interno dello spazio. Come una Wunderkammer in movimento, le immagini del video scorrono quasi impercettibilmente una dietro l’altra, in una zoomata temporale che decostruisce le immagini del video, fotografie d’archivio della guerra in Abissinia, fino a renderle completamente astratte, fatte solo di pixel colorati.
L’intento di lavorare ossessivamente su un montaggio inarrestabile sfida lo spettatore ad andare oltre l’immagine puramente ottico-retinica per perdersi in un uragano stroboscopico. Le luci intermittenti date dal continuo scorrere dei frame creano fasci di luce che ci permettono di intravedere le tele appese, presenze inquietanti dietro di noi. L’audio, altrettanto imponente, è composto di voci che raccontano le loro storie in lingue diverse, quelle di origine di ognuna delle persone coinvolte, che si alternano tra note date da tocchi di corde di chitarra e suoni sordi improvvisi.
In uno strano rapporto tra passato e presente, ci ritroviamo in viaggio verso territori lontani, che spesso l’uomo occidentale conosce in modo distorto o addirittura ignora
Nella seconda sala una colonna verticale sfiora il soffitto, stagliandosi dinnanzi al nostro sguardo, che la osserva da sotto in su: si tratta di nastri di tessuto dipinti con scene di vita, di lotta e di morte, tra l’Africa, il Mediterraneo e l’Europa. La colonna è sottile e appare alquanto instabile, poiché l’estremità più alta non arriva a fissarsi al soffitto, prefigurando la fragilità della storia al suo interno. Partendo dal basso, la narrazione è chiara e lineare, fino a dissolversi man mano che lo sguardo tende verso l’alto. Un totem attorno al quale ci muoviamo, in un rituale di iniziazione della conoscenza e della consapevolezza.
Anche nella terza e ultima sala lo sguardo fa su e giù: qui infatti sono presenti due installazioni, una a pavimento e una a muro. A terra ritagli di forma circolare si sovrappongono l’uno all’altro. I dipinti su carta dai quali originariamente provengono rappresentavano scene di deportazioni e schiavitù, di navi in viaggio e animali marini. Gli anelli concentrici dell’immaginaria superfice liquida formano campi di energia che si espandono, in un caos primordiale profondamente armonioso.
Al muro mine di lapis accuratamente e manualmente appuntite formano una costellazione, al limite tra il poetico e il temibile, giocando sulla doppia valenza della parola “mina”.
Grandi sineddoche colme di energia ma allo stesso tempo di dolore, le opere di Giuseppe ci affascinano e ci lasciano un retrogusto amaro e inquieto.
La mostra è visitabile dal mercoledì al sabato dalle 16.00 alle 19.00 o su appuntamento fino al 21 novembre 2020 da Prisma Studio, Vico dei Ragazzi 14R.
Giuseppe Mirigliano
Nasce a Napoli nel 1972. Dal 1996 al 2005 partecipa all’autogestione di uno spazio indipendente per l’arte contemporanea nell’Università di Architettura di Napoli. Dal 1996 inizia a lavorare con pittura, disegno e installazioni, audio e video. Studia e frequenta i laboratori di strada di Riccardo Dalisi a Napoli.
Partecipa a diverse esperienze in Africa, come volontario architetto per progetti ecosostenibili. Nel 2005 si laurea in Architettura all’Università Federico II di Napoli con una ricerca sull’abitare nell’Africa tradizionale. Nel 2005 incontra Ettore Sottsass. Dal 2005 al 2011 collabora come architetto- project manager con Aldo Cibic e Chuck Felton a Milano.
Dal 2007 inizia la ricerca in fotografia. Ha diversi incontri e scambi con Roberta Valtorta. Fa un’esperienza di vita rurale in Puglia, condividendo una visione comunitaria del lavoro e arricchendo il suo spazio immaginativo. Dal 2016 riprende il lavoro in pittura e installazioni e apre uno studio a Genova. Da maggio 2019 ad aprile 2020 è in residenza a VIR/ Viafarini di Milano. Nel novembre 2019 è invitato a BocsArt, residenza a cura di Giacinto Di Pietrantonio e partecipa a Diffidati, collettiva a cura di Michela Murialdo. Da novembre 2019 a gennaio 2020 espone a Overlap alla Galleria Nazionale Cosenza, collettiva a cura di Michela Murialdo e Andrea Croce. Dal 2020 collabora con l’associazione Mirai nello sviluppo artistico del progetto #INSIEME Costruire ponti oltre l’emergenza.
Info e portfolio:
www.giuseppemirigliano.it
Anna Daneri
È curatrice indipendente. Attualmente sta lavorando con Lorenzo Giusti al progetto di mostra Nulla è perduto. Arte e trasformazione della materia (GAMeC Bergamo, 2021) e alla mostra itinerante di Claire Fontaine, La borsa e la vita (Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura, Genova / Galerias Municipais, Lisbona, 2019-2020). È stata una delle fondatrici di Peep-Hole, spazio indipendente attivo a Milano dal 2009 al 2016. Dal 2013 è responsabile del Meru Art*Science Research Program.
È stata curatrice insieme a Carlo Antonelli del programma vincitore dell’ultimo bando per il Museo di arte contemporanea di Villa Croce di Genova. Production manager di They Come to Us Without a Word, mostra e performance di Joan Jonas per il Padiglione Stati Uniti della 56° Biennale di Venezia, con cui ha lavorato nel 2019 per la versione presso il Fort Mason Art Center di San Francisco, è stata curator-in- residence per seguirne il progetto al NTU CCA Singapore nel 2016.
Nel 2017 e 2018 è stata coordinatrice e co-curatrice di Back to the Future di Artissima, di cui ha curato il public program nel 2019. È stata tra le fondatrici del Forum dell’arte contemporanea italiana. Dal 2020 è membro del board del Torino Social Impact Art Award e del Comitato Promotore dell’Archivio Atelier Pharaildis Van Den Broeck. Partecipa come curatrice alle ricerche e azioni dell’associazione di promozione sociale Il Limone Lunare.
Insieme a Giuseppe Mirigliano e Mara Perissinotti sta collaborando al progetto multidisciplinare #INSIEME Costruire ponti oltre l’emergenza promosso dall’Associazione Mirai.
Prisma Studio
È uno spazio di ricerca interdisciplinare per la promozione delle arti visive e la diffusione della cultura contemporanea nelle sue diverse forme come fotografia, editoria indipendente, cinema, poesia, musica sperimentale, arti performative. Il progetto Prisma Studio nasce come luogo di attraversamento, spazio-contesto e contenitore per eventi performativi, Talk, proiezioni video e mostre nell’ambito dell’arte contemporanea. La gestione di Prisma Studioè affidata a un collettivo di artisti, curatori e operatori culturali aperto di volta in volta a differenti collaborazioni. Lo spazio, situato nel cuore del centro storico di Genova, adiacente al Duomo di San Lorenzo si trova in un contesto naturalmente e storicamente denso di stimoli sociali e di culture differenti che si incontrano creando nuove possibilità di sinergie culturali.
Info:
http://www.prisma-studio.org/
Immagine di copertina:
Giuseppe Mirigliano
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