Genova, si sa, da sempre è una città proiettata sul mare. Su di esso ha costruito capitoli importanti della sua storia. Anche se negli ultimi decenni alcune scelte politiche miopi hanno accorciato il raggio d’azione della Lanterna sul Mediterraneo, il passato racconta della nomea importante di cui godevano i mercanti e gli imprenditori genovesi nei secoli XIV, XV e XVI. Una rilevanza tale da posizionare la Superba sulle carte e da offrire slancio ad un approccio colonizzatore.
Si possono trovare diversi luoghi costieri in cui l’impronta dei coloni della nostra città si è resa visibile, dalla penisola Anatolica al Mar Nero, dal Medio Oriente all’Asia, fino a spingersi addirittura a fondare un porto a Panama (il primo approdo Pacifico dalla fondazione dell’America, costruito a partire dal 1520).
Di questi magari parleremo più approfonditamente in altri articoli. Oggi ci concentriamo invece su Tabarka.
La Tunisia e Pegli. Genova e l’Africa. Un mare in mezzo, un filo conduttore
Diciamo che girare per le stradine di qualche cittadina nordafricana e sentire “Belin belino!” urlato dalle finestre sarebbe alquanto strano.
Ma no, non succede, anche se sarebbe bello. Effettivamente però, questa località sulla costa mediterranea del continente nero ha avuto a che fare con la Superba in passato. Si trova in Tunisia, non lontana dal confine con l’Algeria.
Quando numerose rotte marittime venivano gestite con esperienza dai naviganti delle Repubbliche marinare, le navi battenti la bandiera crociata di San Giorgio attribuivano una certa influenza geopolitica a famiglie a noi note, quali quella dei Doria e quella dei Lomellini. Erano attori capaci di prendere decisioni su scala internazionale, in un sistema-mondo che ancora non conosceva trattati di libero commercio, convenzioni di ampia portata e addirittura le stesse nazioni per come le conosciamo noi oggi.
Ebbene, a Tabarka nel 1540 vennero inviate alcune centinaia di famiglie genovesi (si parla di almeno 300 nuclei), per la maggior parte provenienti dal quartiere di Pegli.
Il motivo?
Nelle acque prospicienti il centro urbano crescevano alcuni coralli, la cui pesca generava forti interessi commerciali.
Il consenso da parte del governatore di Tunisi, il bey, giunse in seguito ad una trattativa delicatissima. Il nipote di Andrea Doria infatti, Giannettino, aveva catturato in mare aperto Turghud Alì, passato alla storia con il soprannome di Dragut.
Dragut non è stato un marinaio qualsiasi, bensì uno degli ammiragli più importanti della storia dell’Impero Ottomano, dotato inoltre di un peso politico non trascurabile, che ha in seguito espresso nella carica di vicerè di Algeri. La sua liberazione ha ottenuto come merce di scambio la possibilità che si potesse stabilire un insediamento genovese a Tabarka, oltre che su una piccolissima isola posta di fronte alla città. Vi si può trovare, ancora oggi, testimonianza di quei tempi.
Tabarka
Se cercate su Google Maps la località in questione, uno dei primi siti che vi rende cliccabili è il Fort Génois De Tabarka. Si tratta di una costruzione difensiva ancora pienamente visibile nella sua architettura. Le fondamenta poggiano sugli scogli, dotandola di una posizione strategica sopra le onde del mare. È curioso scorrere le immagini di questo bastione, un segno tangibile dei nostri antenati edificato sulla sponda diametralmente opposta del Mediterraneo. Se da Genova provi a tirare una riga perfetta verso Sud, sostanzialmente arrivi a Tabarka dopo 829 chilometri in linea d’aria.
In questo spicchio di mondo alcune centinaia di nostri antichi conterranei hanno svolto le loro attività lavorative di raccolta e di commercio per circa duecento anni, fino a che le relazioni tra la minoranza zenese e le popolazioni arabe locali non hanno subito raffreddamenti e attriti, comportando un allontanamento della “comunità di Pegli”.
Nel 1738 una quantità ragguardevole dei coloni nordafricani decise di spostarsi nuovamente verso Nord, scegliendo un altro piccolo isolotto come punto di partenza per realizzare una comunità ligure lontana dal continente.
Carloforte
Si chiama Carloforte, si trova attaccato alla Sardegna. Lì sì, tra una finestra e l’altra, tra una viuzza e l’altra, è ancora possibile sentire urlare “Belin belino!” da voci lontane. Ma questa è un’altra storia.
PS. Chi dei genovesi aveva deciso di restare nella vecchia colonia in Tunisia dopo il 1738, dovette subire saccheggi di ogni tipo e venne schiavizzato vedendosi costretto ad abbandonare i propri progetti. Tempo dopo tuttavia questo gruppo sparuto è stato liberato dalla Spagna di Carlo III e collocato sull’isola di San Pablo, al largo di Alicante.
Immagine di copertina:
Fort Génois De Tabarka. Foto di IssamBarhoumi / CC BY-SA
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