CINEMATIC*PILLS | Captain Fantastic
2016, regia di Matt Ross
Trama
Ben e la moglie Leslie si allontanano dalla società contemporanea per crescere i loro cinque figli in un contesto dettato da un estremo contatto con la natura, la meditazione, lo studio e il rispetto. Tutto però è costretto a cambiare dopo la morte di Leslie: i genitori di lei, da sempre in estremo conflitto con Ben e la figlia per la loro scelta di vita, proibiscono a Ben e ai suoi figli di andare al funerale della madre…
Recensione
Viggo Mortensen interpreta Ben, il padre di questa famiglia considerata da tutti eccentrica.
Ben e i suoi figli abitano in un paradiso, fatto di legno e terra e completamente immerso nella natura. Il film si apre con la descrizione delle loro giornate sancite da momenti di studio, dibattito, allenamento e meditazione. Tutti sono in attesa del ritorno della madre dall’ospedale di cui inizialmente non si conosce la malattia, ma si capisce fin da subito che probabilmente da lì non tornerà.
In questo luogo paradisiaco a tutti i figli di Ben è data la possibilità di ricevere un’istruzione, studiare e imparare senza essere influenzati dalla società contemporanea, viene garantita loro la possibilità di elaborare un pensiero critico distaccato, intelligente e attento su tutto quello che si può conoscere. I ragazzi sono tutti in grado di parlare correttamente diverse lingue, discutere di fisica, leggere di filosofia e sviluppare un proprio pensiero al riguardo, questi ragazzi sanno cacciare e curarsi da soli in caso di incidenti… insomma sembra che sappiano davvero tutto, dalla teoria alla pratica, di ogni cosa, ma quello che ci sbalordisce è come, nonostante qualcuno di loro abbia solo 8 anni, essi non siano solo detentori di un insieme di nozioni fornitogli dal padre,ma, anzi, ognuno di loro abbia sviluppato una eccezionale ed autonoma capacità di giudizio: Matt Ross, regista e sceneggiatore, è riuscito a delineare perfettamente ogni membro della famiglia, ognuno con una sua personalità che non viene minimamente trascurata dal regista, in nessun momento.
Il solo contatto che la famiglia ha con il resto del mondo è garantito da Steve, un vecchio scuolabus che la famiglia utilizza ogni tanto per spostarsi e allontanarsi dal bosco, o meglio, da casa.
Captain Fantastic parla di libertà
Ci si allontana da una visione di libertà vista e rivista basata sull’ andarsene da casa e camminare nei boschi per sentirsi liberi (che poi liberi da che cosa?), ma qui si parla di libertà di pensiero, libertà di poter conoscere senza essere schiacciato o oppresso da un’ideologia e/o da una società che in un certo modo, influisce necessariamente nell’analisi e nel pensiero critico di chi la abita. A questi ragazzi viene data la possibilità di essere liberi di pensare senza essere condizionati da altro, riuscire a vedere realmente le cose come stanno perchè analizzate con attenzione, conoscenza e senza influenze che non siano frutto di una propria analisi critica basata su studi e ricerche.
Captain Fantastic parla di verità
Il rapporto che Ben ha instaurato con i suoi figli è basato sul rispetto reciproco e quindi obbligatoriamente sulla totale onestà. Ben riferisce ai suoi figli ogni tipo di verità, anche quella che fa male, quella che di solito ai bambini si cerca di dire con parole dolci e forse con in mezzo qualche bugia.
Significativa in questo senso è la scena in cui Ben e i suoi figli sono a casa della zia Herper, sorella di Ben, e suo marito Dave. Durante la cena, tutti seduti al tavolo, il nipote chiede a Ben quale fosse la causa della morte di Leslie. La sua risposta provocherà una lite tra lui e la sorella poiché lei avrebbe preferito tacere la
reale motivazione, Ben informa tutti della reale causa di morte della moglie, il suicidio, con la cui tentazione
combatteva da diversi anni a causa di un disturbo bipolare dell’umore.
I suoi figli, da Bodevan, il più grande, a Zaja, la più piccola, vogliono sapere quali sono le reali motivazioni, ne soffrono, ma essendo consapevoli dal primo momento dei disturbi della madre, il sapere la verità aiuta loro a poterne parlare, a poter provare un reale rispetto nei confronti della donna, a poter soffrire sapendo realmente per cosa e per chi stanno soffrendo, unico modo forse per poter realmente accettare ed essere consapevoli delle conseguenze e del dolore stesso.
La domanda che ci poniamo dall’inizio del film è sempre una: Questo metodo non convenzionale utilizzato da Ben per educare i propri figli è talmente esasperato che finisce per essere sbagliato? Il loro totale allontanamento dalla società, che finiscono nel conoscere solo attraverso i libri, li rende davvero in grado di comprendere quel mondo?
Bo, il figlio più grande di Ben e Leslie, ad un certo punto apre gli occhi sia al padre che a noi “A meno che non ci sia scritto su un cazzo di libro, io del mondo non so assolutamente niente”. Forse è proprio da questa frase che Ben inizia davvero a riflettere su quello che ha fatto, su cosa c’è di giusto e cosa c’è di sbagliato nella sua scelta, finendo poi per comprendere i suoi errori e porvi rimedio.
Trailer
Immagine di copertina:
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