C’è un tempo perfetto per fare silenzio e fermarsi ad ascoltare. Ascoltare una canzone di passaggio, un artista a tutto tondo, che ha saputo fare del trasformismo un’arte: se c’è qualcosa da dire ancora, se c’è qualcosa da fare, Ivano Fossati ha cercato di capirlo fin dal primo giorno. Dal progressive sui generis (e sui Genesis) alla Piña Colada di Panama.
Dal fango dell’alluvione del ‘70, dal fondo di un pozzo alla vetta del mondo toccata con Lindbergh, con Edgar Allan Poe in una tasca e Salinger come ideale. “Da quando il trasformismo è diventata un’esigenza”.
L’esigenza di scrivere giorno e notte: 700 giorni, album italo-irlandese con cui vinse una Targa Tenco nel 1986, e quel Notturno delle tre suonato con il figlio Claudio alle percussioni, che per l’occasione si erano trasformate in un set di catini di latta. Anche un rumore sordo può fare la differenza e a volte sono gli strumenti a prendere la parola. Un po’ come i giocattoli di Toy Story, film che ha lasciato al mondo intero il refrain “hai un amico in me”.
La canzone è stata scritta da Randy Newman, a cui Fossati ha dedicato un disco intero su ragazzi cattivi e cowboys. Le città di frontiera, quelle in cui nessuno si conosce e tutti sono di passaggio. “Vorrei che la gente conoscesse le mie canzoni e non la mia faccia” dichiarava al Corriere della Sera qualche tempo fa. Cambiare faccia all’occorrenza.
The Reason Why, murale musicale, proverà (senza pretese) ad appendere ogni settimana un post-it sulle porte di casa con un nome e tante citazioni collegate da salvare nelle storie. “Storie da non raccontare” ma semplicemente da ascoltare.
“Alzati che sta passando la canzone popolare”, divenuta l’inno della campagna elettorale dell’Ulivo nel 1996.
Prestare una canzone alla politica è una cosa che non consiglio a nessuno. Giovani, non lo fate. Dopo di allora non l’ho più potuta suonare in un concerto per almeno dieci anni. Non potevo farlo, sembrava un comizio
IVANO FOSSATI
La confessione venne fatta a Walter Veltroni, che nel 2019 utilizzò il titolo di un suo brano per il suo penultimo film, prima di quello su Fabrizio De André. Se c’è qualcosa da imparare, c’è anche tempo per una seconda occasione.
Potremmo continuare con La mia banda suona il rock, ma anche no. Perché quello di Fossati non è affatto un rock bambino, sia quello di gruppo (Delirium) che quello da solista. Ogni composizione o concept album è intarsiato di accostamenti letterari, favoriti forse dalla vicinanza con la scuola genovese – sempre ammesso che ne sia esistita una – e da un interesse senza confini per la cultura americana.
Come in un grattacielo di cento piani, ad ognuno un diverso punto di riferimento. “Una musica che gira intorno”, che non arriva a tutti ma che a tutti vorrebbe arrivare. A volte ci riesce, a volte si ferma proprio al confine.
Si ferma davanti a “quell’unico, solo, antico, maledetto muro” che forse è lo stesso “muro della terra” su cui sbattono gli occhi di Caproni, quello di Montale con sopra tanti cocci aguzzi di bottiglia.
L’unico modo per provare a superarlo, dopo tanto girovagare, senza portarsi sulle spalle pacchi pesanti, è staccarsi da terra e alzarsi in volo “come voi altri state su un piede solo”. Come Lindbergh. “Salire nel cielo e non trovarci niente”, forse un niente che è tutto, in questo mare infinito di gente.
The Reason Why? “Se c’è una strada sotto il mare, prima o poi ci troverà”.
I 5 brani consigliati:
1 Mio fratello che guardi il mondo
2 C’è tempo
3 La costruzione di un amore
4 La canzone popolare
5 La musica che gira intorno
Immagine di copertina:
Foto di Lorenzo S.
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