The Reason Why

THE REASON WHY | Cosa ci resta?

Consigli per l’ascolto in quarantena appoggiati sulla porta di casa. Dietro a quella dei De André c’è anche il figlio Cristiano. Tra “cose che dimentico” e testi da ricordare.
14 Maggio 2020
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Tirare fuori dal cassetto un libro letto o un disco vecchio, rispolverarli con la mente e con un palmo levigato nelle sere solitarie che ormai non si contano più neanche sulle dita di entrambe le mani. Riascoltare, rileggere; rivalutare persino la solitudine? “Può generare forme straordinarie di libertà”, parola di De André.

Nel 2020 dei messaggi a reti unificate e dei messaggi vocali, la radio ha preso nuovamente il sopravvento per rendere meno faticosa la “ginnastica d’obbedienza” tra le mura di casa. La rivincita delle orecchie, non me ne vogliano gli occhi, troppo stanchi di vedere ogni giorno lo stesso rame a imbrunire su un muro, le stesse forchette che si usano a cena, le stesse carte voltate sul tavolo infastidite dal ronzio di una zanzara. La rivincita sulla televisione, tv che come la storia “c’è chi la fa e chi la subisce”.

The Reason Why, murale musicale, proverà (senza pretese) ad appendere ogni settimana un post-it sulle porte di casa con un nome e tante citazioni collegate da salvare nelle storie. “Storie da non raccontare” ma semplicemente da ascoltare, mantenendo le debite distanze da moralismi, Mayakovsky e malfatti. Tanto qualcuno dirà sempre che c’è un modo migliore.

Il consiglio per l’ascolto che vi proponiamo oggi, nel 1995 scrisse: “Passeranno anche le strette di mano”. Abbastanza in tono con il periodo.

Di Faber ce n’è uno, nessuno si senta escluso. Fra gli intoccabili della musica mondiale e nel presepe d’Italia, chissà cosa inventerebbe il poeta che si faceva chiamare cantautore su un virus che “butta giù le porte, ammazza e passa oltre”. Ecco, probabilmente bastano e avanzano i suoi testi. Che però non sono gli unici reperti di famiglia.

“Ciò che ci resta è quello che basta” ha scritto Cristiano, figlio capelli fatti con lo stampino, sorriso sbarazzino nelle schitarrate sulle spiagge, un “generale di vent’anni” nell’accompagnare senza sbagliare nemmeno una virgola gli ultimi concerti del padre. Rapporto in cui non ci addentreremo ma che resta un trait d’union nella famiglia De André.

Fabrizio, in una celebre intervista di Vincenzo Mollica, ammetteva con un sorriso spezzato dalla sigaretta in bocca:

Il più grande desiderio, in qualsiasi luogo e in qualsiasi momento, sarebbe incontrare di nuovo mio padre

Cristiano, lui il suo l’ha incontrato a metà strada, sulle corde di una chitarra, con una voce roca quanto basta per certificare un marchio di fabbrica da portare avanti come eredità artistica.

Delle notti trascorse a Genova, della vita vissuta nel girone degli invisibili, delle voci fuori dal coro, nei giorni scorsi ha cantato in diretta per tutti direttamente dalla casa a picco sul mare di Sardegna. Facendoci ricordare che dietro la porta di casa De André, cosa di cui forse c’eravamo dimenticati, c’è un musicista d’altri tempi. Forse quelli del padre, con un po’ di fumo ad annebbiare la vista e luci che rischiarano la mente come fosse la prima volta.

Di padre in figlio, nel bene e nel male. Il Cristiano di “Cose che dimentico” ma anche di pagine da ricordare. A volte ciò che ci resta è quello che basta, dicevamo.

The Reason Why? Al dio degli inglesi, non credere mai

I 5 brani consigliati:

1 Il silenzio e la luce

2 Invincibili

3 Dietro la porta

4 Disegni nel vento

5 Cose che dimentico

Immagine di copertina:
Fabrizio De André. Foto di Lorenzo S.


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Giornalista genovese, studia Lettere Moderne e vive di sport. Scrive di tutto, che forse è troppo ma non è mai abbastanza. Benedetto Croce diceva che fino a 18 anni tutti scrivono poesie e che, da quell’età in poi, rimangono a scriverle solamente due categorie di persone: “i poeti e i cretini”. A 24 anni, lui non ha ancora capito da che parte stare.

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