“Condanniamo fermamente il tentativo della governance di Unige di creare una “guerra fra poveri”, andando a colpire la parte più precaria del settore della ricerca attraverso il ritardo dei pagamenti delle borse di dottorato”, così recita il comunicato dell’Assemblea Precaria di Genova, che si è riunita martedì 30 settembre, alle ore 17:00 nell’atrio di Balbi 5, palazzo sede dell’Università di Genova e del rettorato.
“Tutto ciò che stiamo subendo in questi giorni da parte di Unige ci sembra un ricatto”, sostiene Lorenzo Sottile, membro dell’Assemblea, “Un modo per mettere dottorandi e lavoratori precari dell’Università contro gli studenti in occupazione, mossa indegna che noi rifiutiamo”.
Infatti, come dichiarano i partecipanti all’Assemblea, “Venerdì pomeriggio, le dottorande e i dottorandi hanno ricevuto una comunicazione in cui si diceva che le borse avrebbero subito, con tutta probabilità, dei ritardi a causa dell’occupazione studentesca a Balbi 5, che rendeva impossibile terminare nei tempi previsti le operazioni di caricamento, controllo e invio in banca degli stipendi”.
Come afferma Martina Molinari, membro dell’Assemblea, questo ritardo è effettivamente avvenuto.
“Non possiamo credere che nel 2025 un pagamento dipenda dall’accesso a un luogo fisico o da documenti in formato cartaceo: durante la pandemia, le borse sono state erogate tranquillamente a distanza, così com’è avvenuto ora con gli altri pagamenti”.
Infatti, come racconta Lorenzo Sottile, sono solo i dottorandi ad aver riscontrato questa problematica e a ricevere gli stipendi per ultimi.
“Su questo – continua Molinari – si sta muovendo l’Associazione Dottorandi Italiani (ADI) per capire come funzionano i pagamenti e avviare un’indagine”.
Come dichiara Sottile, “È stata una mossa spiacevole per dividere gli studenti e prendersela con gli occupanti”.
Per questo motivo i partecipanti all’assemblea, attraverso il comunicato, esprimono “Solidarietà alle studentesse e agli studenti che stanno portando avanti l’occupazione di Balbi 5” e chiedono “L’immediato ritiro delle denunce nei loro confronti”.
Molinari afferma che le richieste degli occupanti sono state manifestate da tempo: già in precedenza è stato chiesto di rescindere gli accordi tra l’Università e Israele e tutti quelli che coinvolgono le industrie belliche, così come il ritiro dal bando MAECI legato alle politiche di apartheid.
“Tutte rivendicazioni che non sono state ascoltate da parte del Rettore”.
Come riporta anche il comunicato, la precarietà “di cui la punta dell’iceberg è rappresentata dall’espulsione di precari e precarie con contratti in scadenza in questi mesi – a Genova, come in tutti gli Atenei d’Italia – è dunque direttamente legata allo stato di guerra e alla militarizzazione della nostra società. Far dipendere sempre maggiormente l’Università dagli interessi di investitori privati significa renderla vincolata e asservita ad industrie coinvolte direttamente o indirettamente nel settore bellico”.
Molinari spiega che “Non mancano i soldi per aprire posizioni all’interno dell’università e della ricerca, è una scelta politica la decisione di dove le risorse debbano essere impiegate”.
Nonostante lo stipendio dei dottorandi sia arrivato nel corso della mattinata del 2 ottobre, “esigiamo comunque più chiarezza rispetto al metodo di pagamento: non vogliamo far passare che le cose vadano bene così”, conclude infine Molinari.
Nonostante “il ricatto della precarietà lavorativa” i dottorandi dichiarano “chiaro e forte di non essere disponibili a fare ricerca per nessuna azienda complice del genocidio in Palestina o coinvolta nei tanti altri conflitti che insanguinano il pianeta”.
Immagine di copertina:
Foto di Lucia S.
Scrivi all’Autorə
Vuoi contattare l’Autorə per parlare dell’articolo?
Clicca sul pulsante qui a destra.