Romina Condemi è una storica dell’arte. Seguo da qualche tempo il suo profilo Instagram e spesso, aprendo il mio, mi imbatto nelle stories e nei post della sua gallery: coerenza e ricerca tonale, impostazione scenografica, splendidi panorami incorniciati da una finestra, scorci-quadro, riferimenti al design, valorizzazione di prodotti liguri e italiani…Leggendo la cura sottesa a scatti evidentemente “non improvvisati”, mi sono fatta qualche domanda in più. Nelle stories, poi, Romina riesce a realizzare veri e propri percorsi di visita a una mostra (che puntualmente mi viene voglia di andare a vedere!) spiegandone i contenuti con sintesi efficaci, o a guidarti alla scoperta di borghi antichi. Si vede, insomma, che non usa Instagram come lo uso io. E con questa intervista provo a spiegarvi meglio cosa intendo.
AA: Entrando sul tuo profilo Instagram leggo in bio: “Local manager @ig_genova” e “Project leader @cookin_liguria”. Cosa significano e implicano, nei fatti, questi due “titoli”?
RC: Da circa un anno gestisco Ig_genova_, pagina Instagram dedicata alla città di Genova, (12.000 followers), parte di Ig_worldclub Italia. Quest’ultima è una community nazionale no-profit che riunisce appassionati e professionisti specializzati nella produzione di contenuti fotografici e digitali, e dotata di “Community Manager” e “Local Manager” in tutte le regioni, città e aree di interesse italiane e mondiali. La nostra piattaforma di riferimento è Instagram. In qualità di “Local manager” pubblico quotidianamente sulla pagina di Ig_genova_ le foto più belle della città scattate e postate dai followers: il nostro obiettivo è promuovere e valorizzare le bellezze del nostro territorio attraverso i social.
AA: Come funziona esattamente questa raccolta/selezione di post altrui?
RC: Di solito le persone taggano la pagina ed è attraverso il tag “Ig_genova_” che intercetto le foto. Quando le re-posto, taggo l’autore (di solito la gente è molto contenta di vedere le proprie foto re-postate!) e mi impegno poi a rispondere a tutti i messaggi in direct e ai commenti. All’inizio mi risultava un po’ impegnativo ma ora che ho preso confidenza con il meccanismo è tutto abbastanza rapido!
AA: E @cookin_liguria?
RC: Si tratta di un progetto Instagram dedicato al cibo tipico ligure e promosso da Cookin_Italia. Anche in questo caso re-posto ogni giorno le foto e le ricette degli instagrammers…potrei definirla una versione 2.0 della cucina tipica regionale!
AA: Poi c’è il tuo profilo Instagram personale…anch’esso molto curato!
RC: Esatto, ai due “ruoli” di cui parlavamo aggiungo quello di content creator, creatrice di contenuti digitali per aziende (perlopiù locali), attraverso il mio profilo personale.
AA: Ma creare contenuti culturali digitali su Instagram può diventare un vero e proprio lavoro? Qual è il confine tra la mera passione e la professionalizzazione di questa attività?
RC: Secondo me sì, può diventare un lavoro. I social sono intuitivi e parlano all’utente in maniera diretta e immediata, sono lo strumento perfetto per comunicare nell’ambito della cultura -intesa nel senso più ampio del termine- e del turismo. Chiaro, creare contenuti diventa un lavoro nel momento in cui si acquisiscono l’esperienza e la professionalità giuste per farlo. Nulla si improvvisa, nemmeno in questo ambito.
AA: Quanto tempo “ruba” curare la propria gallery e le proprie stories nella direzione di una circolazione pubblica dei contenuti? l’impressione è che sia più impegnativo di quel che sembra…
RC: Dipende: se lo fai a scopo personale, pubblicando contenuti che non sono legati a una diretta promozione di un brand o per un cliente, il tempo investito è relativamente modesto e varia solo in base alla cura che vuoi dedicare alla realizzazione della foto, alla sua post-produzione e alla creazione della didascalia. La situazione cambia per un contenuto richiesto su commissione al fine di pubblicizzare un prodotto o un servizio; in questo caso ricevi indicazioni particolari da parte del cliente e generalmente devi pensare a un progetto più articolato, a foto più elaborate e magari a predisporre anche una sorta di “set” con oggetti “di scena” (i cosiddetti props). Chiaramente le foto devono essere più “elaborate” e può volerci anche qualche ora…
AA: Quali sono le doti indispensabili per riuscire a rendere accattivante il proprio profilo e “farsi notare”?
RC: Di base devi pubblicare foto belle accompagnate da caption (didascalie) accattivanti e poi aggiungere tag e hashtag giusti e pertinenti. Un profilo che funziona è una combinazione di questi fattori uniti alla costanza e all’impegno (un algoritmo che non sempre ripaga!). Altrettanto importante è creare una sorta di community di persone che condividano i tuoi gusti e interessi, così da rendere la pubblicazione del post una reale “condivisione di contenuti”, un’occasione per scambiarsi idee, suggerimenti, opinioni.
AA: Domandona: sponsorizzazioni, offerte di prodotti, re-post su profili molto seguiti con aumento della visibilità, viaggi pagati…quali sono i vantaggi economici e non di questa attività? Falsi miti? A molti dall’esterno sembra il lavoro delle meraviglie…
RC: Un content creator professionista (non è il mio caso però!) è un lavoratore autonomo, in genere con partita IVA. Ci sono dei benefit nel senso che le aziende ti invitano agli eventi, ti inviano i loro prodotti, ti offrono viaggi…ma chiariamo un concetto: tu non sei in vacanza, sei comunque tenuto a creare dei contenuti che raccontino il viaggio, l’albergo, la compagnia aerea, le scarpe, la crema viso. Di solito chi svolge questa attività su un piano professionale si appoggia a un fotografo che deve comunque pagare. Insomma, è un lavoro a tutti gli effetti, bello, certo, ma comunque impegnativo e da fare con serietà. Un falso mito? Gli “influencer” e simili “sono sempre in vacanza”. Non è proprio così, stanno semplicemente lavorando.
AA: Ti è capitato che aziende o istituzioni richiedessero la tua presenza a eventi ecc. e ti chiedessero di spendere le tue competenze a favore della loro promozione? Ti è invece successo di agganciare tu per prima potenziali “clienti” per i tuoi post?
RC: Nel mio piccolo ricevo ogni tanto prodotti da aziende locali, qualche viaggio offerto da enti del turismo o qualche invito nei ristoranti o locali della zona in cambio di foto e post sui social. Per me è naturalmente un piacere e un onore. Non lo posso definire un lavoro vero e proprio, ma è sicuramente qualcosa che mi piace tantissimo. Sono loro a contattarmi -di solito attraverso Instagram- e a propormi un’eventuale collaborazione.
AA: Sul piano della strumentazione, di cosa c’è bisogno? Macchina fotografica, cellulare di un certo livello, app aggiornate e a pagamento…immagino ci siano dei minimi canonici necessari in tal senso…
RC: È indispensabile avere uno smartphone e una macchina fotografica ma anche app o programmi per il fotoritocco e i più usati sono Photoshop e Lightroom. Questa è la base; poi, se si vuole investire sulla strumentazione…ultimamente vanno molto le riprese fatte con i droni!
AA: A chi devi rendere conto per il tuo lavoro? Hai delle scadenze e delle linee guida da seguire? Quanto conta il feedback delle persone?
RC: Se crei dei contenuti per un’azienda di solito il cliente ti indica delle scadenze da rispettare e ti espone anche linee guida “di massima” per creare un contenuto che sia in sintonia con la sua immagine e i suoi prodotti. Il feedback è sempre importante, sui social forse lo è ancora di più: se il contenuto che hai creato (e che viene pubblicato sul tuo profilo Instagram, su quello del cliente, o su entrambi) è coinvolgente e crea interesse -il che è verificabile dai like e dalle interazioni e condivisioni del post- il riscontro non potrà che essere positivo.
AA: Quali sono le doti necessarie per essere Local Manager? Costanza, impegno, essere sempre aggiornati rispetto ai trend sui social, creatività…altri?
RC: Sia il Local Manager che il Content Creator devono essere creativi, avere gusto e occhio estetico, essere socievoli e interagire con i followers. Soprattutto, però, devono essere costanti; a volte l’algoritmo o i bug (errori) di Instagram non ripagano gli sforzi, a volte una foto che pensavi fosse bellissima non riceve il giusto consenso mentre un’altra mediocre sì…non importa, se hai costanza e una buona strategia poi i numeri arrivano.
AA: Quanto è importante, perdona il gergo, la “faccia da culo”? E quanto è importante, nel tuo caso specifico, conoscere il tuo territorio?
RC: La “faccia da culo” l’ho avuta forse all’inizio, quando mi sono proposta come Local Manager di Ig_genova_, candidandomi e scrivendo una mail a igworldclub…Faccia da culo seguita da “botta di culo” perché il ruolo era vacante! Per quanto concerne la seconda domanda: è importantissimo conoscere il proprio territorio perché rende più semplice selezionare le foto che meglio lo raccontano…Ovviamente Genova non è solo Lanterna e Boccadasse, è fatta di angoli meravigliosi meno conosciuti che però sicuramente qualcuno ha scovato e fotografato!
AA: Torniamo ai tuoi di scatti, visto che mi è capitato di vederli anche su pagine molto seguite. Come funziona sul fronte dei diritti? Se riviste, pagine social o giornali online utilizzano una tua foto, questa è coperta da diritti? Come viene riconosciuta la tua autorialità?
RC: Questione spinosa e ancora poco chiara: l’autore della foto è proprietario dei diritti intellettuali della stessa e la maggior parte delle pagine o riviste on line ripubblicano le foto specificando l’autore e la fonte. A volte, però, questo non accade anche perché si tende a ritenere che se una foto viene pubblicata su un social automaticamente l’autore ne perde la proprietà: mi è capitato di vedere utilizzate le mie foto per pubblicizzare attività commerciali senza il mio consenso!
AA: Brutta storia! A proposito di complicazioni…com’è la vita di chi frequenta una Local Manager? Non la immagino idilliaca…
RC: Ti dico solo che più volte nell’arco della giornata il mio fidanzato ha la tentazione di lanciare telefono e macchina fotografica dalla finestra!
AA: Quali sono le possibilità offerte dalla piattaforma Instagram che la differenziano da altri social come Facebook? Quali invece i suoi maggiori limiti?
RC: Io preferisco Instagram perché lo trovo più diretto e accattivante; sono le immagini a parlare, la comunicazione è più efficace. Facebook è forse meno smart ed è rivolto a un pubblico con un’età media più elevata. Un limite? Attualmente è veramente difficile creare qualcosa di nuovo su Instagram; tutto è già stato visto e rivisto ed è quindi molto complicato distinguersi, affermare e mantenere uno stile proprio e identificativo.
AA: Esiste una formazione privilegiata per fare il content creator? O puoi cavartela anche con una combinazione di predisposizione/esperienza?
RC: Ci sono corsi ad hoc. Io ho seguito un corso di social media marketing. Come in tutti gli ambiti, però, l’esperienza è di enorme aiuto…
AA: Si è detto migliaia di volte, ma sottolineiamolo ancora: l’estetica su Instagram è un valore primario. Siamo tutti consci, credo, che su quella piattaforma (e parlo anche del mio profilo!) la realtà è filtrata e che ciò che viene mostrato è molto distante da ciò che è…
RC: È vero, sui social e su Instagram in particolare la prima impressione è che tutto sia bello e patinato, a volte un po’ finto. Spesso i social sono finiti sotto accusa proprio per la loro innata capacità di farci sentire inadeguati e imperfetti e per fomentare eccessiva competitività o invidia. In realtà è necessario, io credo, approcciarsi a Instagram con un giusto spirito critico, cercando di andare oltre la perfezione di una foto e consci del fatto che quella determinata immagine è solo una faccia di una realtà molto più articolata. La foto fissa un attimo, un momento, ma la vita vera è diversa…è fatta di piatti buonissimi ma non instagrammabili, di case imperfette, capelli spettinati, tramonti in controluce, smalti sbeccati, immagini sfocate…
Immagine di copertina:
Romina Condemi
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