Noi non conosciamo lo spazio, non lo vediamo, non lo ascoltiamo, non lo percepiamo. Siamo in mezzo ad esso, ne facciamo parte, ma non ne sappiamo nulla.
Così Escher descrive in maniera assolutamente contemporanea la realtà che lo circonda, attraverso una riflessione che si pone in apparente contrapposizione rispetto alla sua passione per gli studi matematici. Egli, infatti, conosceva perfettamente la geometria euclidea, eppure si rese conto che le regole matematiche non erano sufficienti a una raffigurazione degli infiniti punti di vista che contraddistinguono la realtà soggettiva.
Tentando di riempire lo spazio con la sua stessa rappresentazione, l’artista ci pone davanti a un vuoto impossibile.
Sicuramente Escher non è una figura di facile interpretazione, ma è proprio questo che lo rende estremamente affascinante. Per poter conoscere e comprendere davvero la sua visione ci siamo rivolte a uno dei maggiori esperti della sua arte, il collezionista e curatore Federico Giudiceandrea, responsabile dell’allestimento della mostra di Escher, sita attualmente nel Palazzo Ducale di Genova (Escher, dal 9 settembre 2021 al 20 febbraio 2022).
Elena M: Potrebbe raccontarci come e quando ha iniziato a collezionare le opere di Escher?
Ho “conosciuto” Escher quando ero ragazzo grazie a un numero della rivista Le Scienze, versione italiana di Scientific American, la cui copertina era stata dedicata ad Escher. Ciò che più mi ha colpito, però, sono state le immagini e gli oggetti impossibili create dall’artista all’interno della rubrica tenuta da Martin Gardner. Negli stessi anni ho ritrovato altre opere di Escher sulle copertine di dischi pop.
Il fatto che un artista riuscisse a toccare le corde di persone così distanti e diverse tra loro, come nel caso dei divulgatori e degli hippie, mi ha attratto ancor di più.
Qualche anno dopo ho avuto l’occasione di vedere una sua mostra a Firenze, in cui non solo ho ritrovato le figure impossibili e le tassellature che già conoscevo, ma anche diversi paesaggi italiani. Per mia grande sorpresa vidi rappresentato il paese natale dei miei genitori e lo interpretai come un segno. È da lí che iniziai a collezionare Escher.
Ho cominciato con copertine e poster, per poi arrivare alle opere vere e proprie, grazie al fatto che iniziai a partecipare a diverse aste olandesi. C’è da dire che Escher si presta benissimo al collezionismo, perché le sue opere grafiche venivano realizzate per poter essere replicate più e più volte. E se inizialmente i suoi lavori si trovavano quasi esclusivamente in Olanda, a seguito della sua morte sono sbarcate oltreoceano.
Elena M: Può individuare i motivi per i quali Escher sia esploso solo negli ultimi decenni?
Escher è un artista che si può apprezzare a strati: il primo scatena principalmente meraviglia, ma studiandolo meglio ci si accorge di quanto la sua arte sia in realtà estremamente profonda. Nonostante la presenza delle immagini di Escher all’interno di riviste, album, dischi e molto altro, la sua conoscenza da parte del pubblico è rimasta per molti decenni circoscritta.
Inoltre, la stessa critica ha decisamente trascurato questo artista. Ad esempio l’opera di Argan, uno dei più importanti scritti sull’arte contemporanea, non cita Escher, atto forse motivato dalla difficoltà di inserirlo all’interno di una determinata corrente artistica.
È stata la cultura popolare a rendere Escher grande.
Maurits Cornelis Escher, Mani che disegnano, 1948, litografia 28,2×33,2 cm. Olanda, Collezione Escher Foundation All M.C. Escher works © 2021 The M.C. Escher Company The Netherlands. All rights reserved. Courtesy Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura
Per comprendere appieno la sua arte è importante ricordare come il secolo scorso sia stato caratterizzato da una serie di sconvolgimenti scientifici.
Teorie come la relatività einsteiniana e la fisica quantistica di Schrödinger si basano su paradossi, che vennero ripresi anche da Escher. Egli, infatti, è stato forse uno dei pochi artisti a percepire come non esista una sola geometria del mondo.
Elena M: Volevamo inoltre chiederle da dove provengano le opere presenti all’interno della mostra di Escher a Genova. Alcune di queste sono di sua proprietà?
Quando è iniziata la mostra genovese, a Barcellona si stava tenendo un’altra mostra di Escher, dove sono state esposte circa un centinaio di mie opere. Solitamente, nelle esposizioni che curo inserisco tra le 180 e le 200 opere d’arte, di cui un centinaio dell’artista. Le restanti appartengono a figure che hanno influenzato o imitato Escher.
Inoltre, nella sezione chiamata “Eschermania” inserisco pubblicità, indumenti, oggetti e film che riprendono le immagini dell’artista. Per la mostra di Genova, dunque, non avrei avuto abbastanza opere per creare da solo un’esposizione. Quindi, per questa volta, alcune opere sono state messe a disposizione dalla Fondazione Escher.
Elisa M: Sono presenti dei criteri o delle regole fisse per realizzare una mostra? In base a quali esigenze si selezionano determinate opere o si scelgono ordini cronologici piuttosto che tematici?
Alla base c’è una certa cronologia. C’è il periodo di Escher studente al quale seguono i 14 anni del periodo italiano.
Poi c’è quella che viene chiamata “la conversione sulla strada dell’Alhambra”, causa dello sconvolgimento dell’attività escheriana che a seguito della visione andalusa abbandona i paesaggi iniziando a interessarsi a queste tassellature geometriche, anche influenzato dall’attività del fratello cristallografo.
Per molti anni Escher ha proseguito l’attività di tassellatore, periodo in cui ha realizzato quelle che lui chiama Metamorfosi, racconti di trasformazioni intorno al principio della tassellatura attraverso l’unione degli elementi della terra, dell’acqua e dell’aria. Nel 1954 Escher si trova ad Amsterdam al Congresso dei Matematici dove viene a contatto con lo psichiatra Lionel e suo figlio Penrose (divenuto quest’anno premio Nobel per la fisica). Insieme a Coxeter, lo hanno ispirato a fare opere come Cascata (qui sotto) e Belvedere, che rientrano nel periodo degli oggetti impossibili.
Il criterio espositivo da me scelto è un miscuglio tra i due ordini: vediamo i quattro periodi ordinati cronologicamente e le opere interne ad essi ordinate tematicamente, un miscuglio che permette di avere una buona idea di come Escher sia arrivato a ideare la struttura delle proprie composizioni.
Maurits Cornelis Escher, Cascata, 1961, litografia 32×30 cm. Olanda, Collezione Escher Foundation All M.C. Escher works © 2021 The M.C. Escher Company The Netherlands. All rights reserved. Courtesy Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura
Elisa M: La mostra a Palazzo Ducale include giochi e attività interattive. Quanto e come sono cambiate le modalità di fruizione del pubblico a seguito della diffusione delle nuove tecnologie? Esse sono più un freno o un incentivo nel coinvolgimento fisico degli spettatori?
Io sono ingegnere elettronico e mi occupo di visione artificiale; sono appassionato della tecnica dell’image processing, quindi l’idea è nata innanzitutto per il semplice motivo che mi piace e in secondo luogo perché Arthemisia, società che gestisce la mostra, ha visto in maniera molto favorevole l’immissione di questi momenti multimediali in quanto potenti strumenti pubblicitari.
Arthemisia continua a chiedermi di unire le opere originali, imprescindibili e inconfondibili, a momenti multimediali e digitali che sono il futuro, strumenti che possono essere utilizzati sia per ampliare il modo di fruizione sia per chiarire i significati delle opere.
Elisa M: La descrizione delle tecniche artistiche di Escher non si trova a inizio mostra, ma quasi alla fine, come mai?
Da poco tempo sono proprietario di due matrici, per questo posso permettermi di parlare delle tecniche artistiche; infatti, queste spiegazioni sono state introdotte proprio nella mostra a Genova per la prima volta.
Il motivo della collocazione a metà allestimento non è una mia scelta. In ogni caso, sappiamo che Escher, soprattutto nella xilografia, è stato anche un innovatore, ha utilizzato una tecnica tipica della corrente dominante dell’epoca, il divisionismo. In particolare, soprattutto nella prima fase della tecnica artistica, usa molto il puntinismo in quanto divisionismo applicato alla xilografia.
Ci sono due metodi nel lavoro su legno: quello di taglio o quello di testa, inciso ortogonalmente rispetto alle linee di taglio delle fibre del legno. Escher realizza solo linee dritte e si concentra sui diversi effetti ottici che può dare lo spessore di esse. La tecnica, così come il risultato, è molto simile all’immagine digitale contemporanea, ricorda un insieme di pixel, infatti Escher è un precursore di questa tecnica, poi intrapresa da artisti come Roy Lichtenstein.
Per esempio, nella serie Notturni romani egli utilizza diversi metodi per rendere la tecnica di incisione divisionista, creando immagini costruite di croci, quadrati e linee più o meno spesse.
Tecnicamente, nessuno ha mai negato a Escher le sue strabilianti capacità, vicine a quelle dell’antesignano Dürer.
Inoltre, egli utilizza la tecnica della tassellatura per cui può incidere parte dell’opera per poi ripeterla simmetricamente e specularmente fino a creare un’immagine completa. È una modalità artistica che richiede estrema precisione dal momento che il foglio dev’essere posizionato sulla matrice per imprimere il timbro esattamente in linea con le altre figure della tassellatura.
Un’opera virtuosistica in questo senso è Serpenti, costituita di sei spicchi ripetuti in tre colori diversi, per un totale di diciotto stampini. Osservando attentamente attraverso lenti di ingrandimento, non è possibile notare i punti di contatto tra le diverse stampe, testimonianza della fermissima mano escheriana anche all’alba dei settant’anni.
Elisa M: Come ha trovato la collaborazione con Palazzo Ducale? Rispetto alla sua personale esperienza, ritiene che Genova abbia le risorse e gli strumenti adeguati a gestire e realizzare manifestazioni culturali di questo genere?
Mi sono trovato molto bene, non sempre è così. Il Presidente è subito diventato grande fan di Escher presentandosi con la maglietta escheriana e visitando più volte la mostra.
La professionalità con cui la realtà genovese affronta questo tipo di manifestazioni mi ha piacevolmente sorpreso, soprattutto perché, dopo aver girato molte città, mi sono reso conto che non è una cosa scontata, così come la passione con la quale i vari addetti hanno svolto il proprio lavoro.
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Immagine di copertina:
Maurits Cornelis Escher, Mano con sfera riflettente, 1935, litografia, 31,1×21,3 cm. Olanda, Collezione Escher Foundation. All M.C. Escher works © 2021 The M.C. Escher Company The Netherlands. All rights reserved
Courtesy Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura
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