Genova, 7 giugno del 1928: è pomeriggio, una piccola locomotiva a vapore è pronta a partire dalla stazione di Genova Piazza Manin. Dietro, una piccola carrozza con a bordo i podestà di Genova, Serra Riccò, Casella e Sant’Olcese. Sbuffa un pochino, ancora il capostazione non le ha dato il via, il macchinista aspetta con il braccio penzolante dalla cabina.
Sul marciapiede della stazione sono accorse persone da tutta la città e la provincia: è un giorno importante, un giorno di riscatto per l’entroterra genovese perché il treno finalmente collega i piccoli paesi dell’appennino a Genova.
Tutti esultano, i bambini guardano entusiasti una macchina che probabilmente molti non hanno mai visto: grande, nera, ruggente e mistica.
Una figura appare in testa al marciapiede, alza una paletta verde: è il capostazione, la partenza è imminente. La locomotiva fischia, ansima, sbuffa impaziente, poi continua impavida come se conoscesse quella linea a memoria, stridula sui primi metri del binario che la porterà fino a Casella.
La folla saluta il treno, i bambini divertiti lo rincorrono per tutto il marciapiede, ma dovranno purtroppo fermarsi alla sua fine. Il capostazione fa un cenno col capo: non vuole che ci siano brutte figure per questo giorno importante.
Il treno si ferma a tutte le stazioni. Gli abitanti delle tre valli – Bisagno, Polcevera e Scrivia – sono accorsi da ogni dove per assistere al passaggio ufficiale del primo treno.
Il treno arriverà più tardi a Casella, dove un’enorme folla lo accoglierà sbuffante in stazione. Sarà festa sino a notte fonda.
L’inizio di una lunga storia
Il 7 giugno 1928 il primo treno viaggiava sulla piccola ferrovia che collega Genova a Casella, dopo anni intensi e difficili per la sua costruzione. Verrà ufficialmente inaugurata nel settembre del 1929. Infatti il primo viaggio ufficiale verrà effettuato con una locomotiva a vapore data la mancanza dell’alimentazione elettrica: questa verrà ultimata in un tempo successivo.
Da dove nasce l’esigenza di costruire questa linea? Perché proprio fino a Casella?
Agli inizi del ‘900 le Ferrovie dello Stato potevano contare su un collegamento capillare a livello costiero, che si estendeva da Ventimiglia a La Spezia, includendo anche tutti quei piccoli comuni che erano rimasti emarginati a causa della morfologia del territorio. (Articolo di wall:out Raddoppio sì, e non basta! Il treno e’ la soluzione)
L’entroterra ligure però, eccetto i Giovi, rimaneva pressoché isolato.
La SAFEL (Società Anonima Ferrovie Elettriche Liguri) si poneva come capostipite della progettazione della “Rete Ligure”: una rete capillare di ferrovie secondarie che avrebbe avuto come scopo il collegamento di tutti i paesi e le frazioni dell’entroterra genovese e non solo.
Era una grande ambizione per una grande necessità.
Dai primi progetti si nota come ci fosse l’intenzione di arrivare addirittura fino a Piacenza, percorrendo la Val Trebbia, potendo così ridurre i tempi di percorrenza verso Bologna e la costa adriatica.
Inoltre era particolarmente considerata la Val Fontanabuona, importante per l’estrazione mineraria e la fiorente realtà imprenditoriale. Questa linea sarebbe servita da vettore verso i comuni del Tigullio e la città di La Spezia.
Come sarebbe oggi la mobilità nelle valli Trebbia, Bisagno e Fontanabuona se questi progetti fossero andati avanti? Forse utilizzeremmo il treno al posto della corriera o dell’automobile. Ecco cosa vuol dire “cura del ferro”!
Nonostante molte linee fossero state messe in studio o in attesa di concessione, da parte delle istituzioni l’ambizione era poca e i fondi erogati divennero sempre meno.
Le leggende metropolitane sono tante e le notizie sono poche, ma pare che il sogno di creare una ferrovia Retica italiana svanì dopo poco: i debiti della società iniziarono ad essere consistenti e quella che sarebbe potuta diventare una grande rete ferroviaria si limitò alla cittadina di Casella.
Un museo a cielo aperto
Cosa rende così unica questa linea?
Le particolarità e unicità di questa ferrovia sono innumerevoli. La prima è sicuramente lo scartamento dei binari (la distanza tra le due rotaie) di 1 metro, più corto di quella convenzionale, detto “normale”, che è invece di 1,435 metri. Ecco perché viene chiamato “a scartamento ridotto”.
Perché questa scelta di costruzione?
Molto semplice: il territorio attraversato è particolarmente impervio e la minore distanza tra le rotaie permette per un verso raggi di curvatura più stretti e per l’altro pendenze maggiori del tracciato rispetto a quelle normali.
Ecco qualche cifra: 60 metri il raggio minimo di curvatura, 45‰ (quarantacinque per mille) la pendenza massima: significativamente maggiore ai 35‰ delle ferrovie a scartamento normale.
Linee di questa tipologia in Italia si contano sulla punta delle dita. In Svizzera invece hanno sempre ricoperto un ruolo importante per affrontare alcuni importanti valichi alpini: le ferrovie Retiche, ancor meglio conosciute con l’omonimo servizio del “trenino Rosso del Bernina” ne sono il più noto esempio.
Ciò che rende davvero interessante e di enorme valore la ferrovia di Casella sono gli stessi treni. Perché?
Nel corso della seconda metà del ‘900 vennero chiuse in Italia numerose linee ferroviarie, molte anche a scartamento ridotto, per un mero interesse politico-economico: spostare il traffico viaggiatori su gomma.
La ferrovia Genova-Casella divenne superstite di questo grande smantellamento perché godeva di un consistente traffico viaggiatori.
Fu così che molti locomotori e carrozze di alcune ferrovie a scartamento ridotto sparse per l’Italia, vennero vendute alla Ferrovia Genova Casella nel corso degli anni ’60 e ’70.
I rotabili provenienti da altre amministrazioni assumono e mantengono tutt’oggi non solo il carattere simbolico di quelle piccole linee che non esistono più, ma un importante valore storico.
Parliamo di rotabili come l’elettromotrice A2, recentemente restaurata nello stato di origine, proveniente dalla ex ferrovia Ora-Predazzo nelle Dolomiti della Val di Fiemme in Alto Adige.
Dulcis in fundo:
Regione Liguria ha stanziato nuovi fondi per l’ordine di due nuovi treni, portando così una boccata d’aria fresca per i pendolari, congiuntamente a lavori di ammodernamento e manutenzione straordinaria eseguiti in questi mesi di chiusura.
Oggi, 10 giugno la ferrovia di Casella riapre i battenti con ottime prospettive turistiche e pendolari.
L’associazione Amici della Ferrovia Genova-Casella offre visite guidate ai visitatori e comitive, anche presso il piccolo museo diffuso di Crocetta d’Orero, continuando a perseguire l’obiettivo di diffondere la cultura ferroviaria.
Curiosità
La vecchia stazione
Lo storico capolinea della cittadina di Casella non era dove tutti oggi lo immaginiamo, bensì sulla sponda opposta del torrente Scrivia, presso l’attuale stazione di “Casella deposito”.
Presso questa fermata, infatti, è possibile riconoscere il vecchio e ormai diroccato edificio della prima stazione che servì il paese (la stessa, tra l’altro, nella foto del treno inaugurale).
Nel 1953, su richiesta del comune di Casella e dei pendolari, il tracciato ferroviario fu allungato verso il centro cittadino, per permettere una migliore fruizione ai viaggiatori, che fino ad allora dovevano percorrere a piedi il ponte sul torrente Scrivia e la strada.
Casella ha costruito Corso Europa!
L’attuale Corso Europa, imprescindibile arteria di levante del traffico cittadino, all’epoca della sua costruzione denominata “strada pedemontana”, fu costruita con il materiale sedimentario estratto e lavorato presso la cava di Casella, negli anni ‘50.
L’azienda costruttrice esiste ancora tutt’oggi ed è collocata a fianco al deposito della ferrovia, sulla riva del torrente.
Un tempo era presente un binario di collegamento – ad oggi inutilizzato – tra la ferrovia e la cava per il trasporto di tali materiali. Il materiale veniva caricato su appositi carri merci e trasportato fino a Piazza Manin, dove in corrispondenza di Via Burlando vi era un centro di scarico dei materiali.
Il Casello di Dazio
Poco prima di raggiungere la fermata di “Sant’Antonino”, sulla destra è presente un vecchio Casello di Dazio. Fu costruito secondo la norma di legge che prevedeva la sua costruzione ai confini del comune di Genova, per i controlli previsti su generi in arrivo soggetti all’imposizione comunale.
Tali regimi fiscali vennero aboliti prima della sua entrata in servizio, e il casello di dazio non fu mai utilizzato.
Ringraziamenti:
Un sentito grazie all’Associazione Amici della Ferrovia Genova-Casella per il supporto ricevuto e per l’impegno che ogni giorno rinnovano nei confronti di questa meravigliosa linea ferroviaria.
Un particolare ringraziamento a Claudio Serra, uno degli autori del libro ‘Storia illustrata della ferrovia Genova-Casella’ per avermi concesso l’uso delle preziosissime fotografie tratte dal volume. Si ringraziano inoltre, Andrea Martinelli, Andrea Catzeddu e Francesco Bochicchio per i contenuti fotografici.
Immagine di copertina:
Foto di p j
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