Tenere aperta la mente mentre ci spiegano che dovranno tirare giù la cler un’altra volta. Chiedersi il come, il quando e magari anche il perché questa volta sembra davvero un inutile spreco di energia. Inutile perché nessuno vuol più stare a sentire. Davanti alla tv? E figuriamoci per strada.
Piovicchia. Il tempo tra le vie umidicce scorre inesorabile, la batteria delle cuffie versione extra-large – di quelle che ti passano come un’aureola sopra la testa – ha ancora qualche ora di autonomia e allora tanto vale passare la tua ora di libertà in compagnia di qualcheduno.
Che siano Baustelle o Brunori Sas, cambia pochissimo. Camminare ascoltando canzoni, ascoltandone tante.
“Canzoni che parlano d’amore, perché alla fine dai: di che altro vuoi parlare?”
Va bene anche di niente?
I cuscinetti che sparano il suono tengono ferma la mascherina e contribuiscono a far passare la voglia – se mai qualcuno ne avesse ancora – di levarsela di dosso non appena si gira l’angolo più trafficato. Certo, le orecchie fanno un po’ male, del resto
“il tempo ci sfugge ma il segno del tempo rimane”
Aspettando una pioggia torrenziale come in un film di Paul Thomas Anderson, dribblando pozzanghere e colonne, sotto i portici di Genova passa anche l’ultimo disco di Samuele Bersani che parla di harakiri e porno francese ricordandoci che per capirlo è necessaria la curiosità di Ulisse. “Preferisco una mezza bugia diluita in litro di vino al bicchiere di verità”. Ce la faremo…andrà tutto bene.
Giro a sinistra, giro a destra e il rauco Gazzelle racconta che in fondo non è colpa nostra se non possiamo più tornare “a quando tutto andava a gonfie vele”. A quando i virologi non avevano un social media manager e lui si chiamava semplicemente Flavio. Usa un po’ sempre la stessa intro di pianoforte, alcuni pezzi faticano a distinguersi fra loro ma va bene così. Conta il pensiero.
Abbiamo imparato a camminare fra gli sguardi, cercando di evitare il contatto fisico con la stessa destrezza con cui da piccoli saltellavamo da una piastrella colorata all’altra in “viaventi”. Settembre sembrava un mese perfetto per ricominciare dopo una vita in città messa a maggese, prima che arrivasse ottobre “col suo cappotto nero”, come quello di Cesare Cremonini.
Canzoni italiane da ascoltare nelle lunghe camminate in disparte o in fila indiana, “canzoni belle da restarci male”. Ieri, oggi, domani. Domani? E chi lo sa che domani sarà. Ultimo ma non per importanza: prendete la vita com’è.
“Saper leggere il libro del mondo con parole cangianti e nessuna scrittura”. “Le mie parole sono sassi”? Non lo so: sicuramente sono state fin troppe.
I brani consigliati:
1 Canzone contro la Paura – Brunori Sas
2 Mezza Bugia – Samuele Bersani
3 Le Rane – Baustelle
4 Destri – Gazzelle
5 Khorakhané – Fabrizio De André
6 Henna – Dalla & De Gregori
7 22 settembre – Ultimo
Immagine di copertina:
Foto di Lorenzo S.
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