Sirotti Reboot

Sirotti Reboot – uno sguardo dentro l’opera (letteralmente!)

Il paesaggio interiore di Raimondo Sirotti si fa installazione: da realtà virtuale a ologramma. Una chiacchierata con Bronzo Studio.
24 Maggio 2021
3 min
1.4K views

Se tutti sanno che nel sottoporticato di Palazzo Ducale è attiva la mostra retrospettiva del maestro pittore Raimondo Sirotti (manifesti e stendardi ne sono ormai arredo della città), forse non tutti sanno che all’interno della mostra c’è un’installazione multimediale che propriamente pittura non è e ciononostante è veramente degna di attenzione. Parliamo di Sirotti Reboot, il progetto di riattivazione multimediale della pittura del grande maestro, per mano di un collettivo artistico di recente formazione: Bronzo Studio (ne abbiamo già parlato qui: Weekend da urlo per l’arte genovese!).

A onor del vero Bronzo Studio non è di recente formazione.

Inizialmente un duo di neo-architetti con simpatia per le attitudini dell’arte contemporanea, si è arricchito in tempi recenti di alcuni personaggi quali pittori, artisti sonori e visivi in generale, di una media di ventisei, forse ventisette anni. Tanta tecnica e poca banalità.

Parliamo di Federica Balletto, Marco Augusto Basso, Edoardo Bracchi, Luca Conte, Michele Gasperini, Manuel Gelsomino, Federico Zurani.

Sirotti Reboot 

Il linguaggio pittorico di Raimondo Sirotti viene scomposto negli infiniti segni stratificati nelle sue opere e ricomposto all’interno di un ambiente tridimensionale.

Sirotti Reboot
Sirotti Reboot, Bronzo Studio visit. Foto di Michela Mosca

Per comprendere meglio l’ologramma che vediamo in mostra è necessario fare un passo indietro: andiamo in studio e scopriamo l’idea originale.

Visore (oculus), computer, e via verso una dimensione virtuale. 

Il lavoro del collettivo negli ultimi mesi è stato creare un universo parallelo nel quale riattivare le pennellate di Sirotti: come? Partendo dall’inizio, lavorando al pc per giornate intere a “scontornare” pennellata per pennellata i segni del maestro con Adobe Photoshop; poi trasferendo tutto il materiale su Autodesk Maya, un software di computer grafica 3D che garantisce un’alta qualità degli strumenti di modellazione, animazione e rendering, usato nelle grandi produzioni per la realizzazione di film in CGI (computer-generated imagery); e infine creando il vero e proprio ambiente virtuale, in cui noi di wall:out abbiamo avuto il privilegio di poterci immergere, e che alla prima occasione sarà reso fruibile per il pubblico di una mostra. 

Questo ultimo passaggio, chiamiamolo ambientazione, è stato possibile con le competenze tecniche nell’utilizzo di un altro software, Unreal Engine, motore grafico utilizzato nella realizzazione dei videogiochi.

In poche parole, gli artisti hanno estrapolato la pittura dai dipinti, per inserirla in un ambiente un po’ alieno dove poterle riassegnare nuova vita, anche attraverso un processo di randomizzazione del movimento delle pennellate.

Quando indossi il visore, infatti, ti immergi in un mondo immateriale, a tratti acquatico a tratti selvatico, nel quale i colori della non-più-tela galleggiano, si muovono e entrano in relazione tra loro in maniere stupefacenti. Una rapsodia di piccolissimi tocchi brillanti di colore che vedi migrare da una parte all’altra, contemporaneamente a monoliti lontani, scuri, e stormi selvatici di strisce ocra, gialli cromo e verdi veronese.

In tutto questo ti puoi muovere, avvicinare, allontanare: puoi ruotare lo sguardo e sentirti completamente dentro all’ambiente della non materia, dove tu per primo sei smaterializzato (te ne accorgi perché se guardi in basso non vedi i tuoi piedi). 

L’ambientazione acustica

Non sarebbe un’esperienza così completa se i ragazzi di Bronzo non avessero studiato ad hoc una colonna sonora, per così dire, o meglio, un’ambientazione acustica che dialoga impeccabilmente con l’ambiente visivo.

Cinguettii e suoni amniotici ti cullano mentre navighi tra le immagini: Marco, che ha seguito personalmente il progetto acustico, ci racconta che è stato molto stimolante partire dal dato visivo di un dipinto per arrivare a una partitura definitiva che si integrasse con la sua trasposizione in realtà virtuale.

Ci spiega che si è fatto ispirare dal sonetto che Sanguineti ha dedicato al maestro nel 2005, Sonetto Sirotti (Vedo verde), in cui si legge:

ma ormai soffiato, il lampo vegetale:
(colano specchi deformati, in forme
deformanti) […]

E anche, in particolar modo, dello scritto dello stesso Sirotti che si può vedere in mostra:

Raimondo Sirotti Genova
Appunti di Sirotti da Raimondo Sirotti – la retrospettiva, Palazzo Ducale

Le stringenti norme di sicurezza attive anche a Palazzo Ducale in questo periodo hanno però segnato un cambio di rotta per il progetto, che si è di fatto trasformato in un ologramma. Bronzo Studio ha colto questo passaggio obbligato per rendere un ottimo servizio alla mostra su Sirotti e alla propria idea originale: è quasi banale affermare che certi limiti possano aprire a nuove strade inesplorate.

E quindi si è passati dal completamente dentro della realtà virtuale al completamente fuori dell’ologramma, dove il soggetto rimane praticamente inalterato, ma solo in miniatura; un’opera un po’ meno da attraversare, ma molto più da apprezzare per la sua elegante compiutezza.

Una parola ancora sul visore, prima di suggerirvi di andare a vedere la mostra.

Esperienza assolutamente da provare, quanto mai attuale nell’affrontare l’immaterialità travolgente dell’era digitale, nei suoi aspetti incredibilmente fascinosi e al contempo quasi terrificanti; ma anche nelle sue stratificazioni bidimensionali, nei suoi limiti così ricchi di spunti.

Immagine di copertina:
Screenshot di Sirotti Reboot. Courtesy Bronzo Studio


Scrivi all’Autorə

Vuoi contattare l’Autorə per parlare dell’articolo?
Clicca sul pulsante qui a destra.


Membro del duo curatoriale Mixta con il quale si occupa di progetti artistici che siano attivatori sociali. Ha curato mostre, rassegne e festival negli spazi pubblici, nelle periferie e nei luoghi istituzionali della città di Genova. È anche fondatrice e CEO di Wanda, associazione per la trasformazione culturale, che accorcia le distanze tra le nuove generazioni e la cultura.

UrbanWOOD
Articolo Precedente

UrbanWOOD. Il verde in città è un’azione politica

Giovanni De Gara Eldorato
Prossimo Articolo

Una porta per i migranti

Ultimi Articoli in Medium

Gentrificazione: Genova will never be Venice

Genova will never be Venice

Genova ha puntato sul turismo, ma il turismo è un'industria con esigenze che non coincidono con quelle dei cittadini. Che prospettive ci sono?
LABIBA: Mandati Fuori. 1948 Mandato Britannico israele e palestina

LABIBA | Mandati Fuori

Gli anni del Mandato hanno generato una duplice narrazione che da allora continua a modellarsi sui calchi di memorie collettive opposte.
TornaSu

Don't Miss