identità olfattiva genova

Si può davvero definire l’identità olfattiva di una città? Di cosa sa Genova?

Esiste un profumo che identifica una città? È possibile definire un mix di odori che racconti un universo come quello del centro storico genovese?
1 Giugno 2020
2 min
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“Se ti inoltrerai lungo le calate dei vecchi moli, in quell’aria spessa, carica di sale gonfia di odori” ci ricorda De Andrè. Già, gonfia di odori. Ma quali? Che odore ha una città? Possiamo davvero pensare di racchiudere in un “marchio olfattivo” quell’aria spessa e quell’intreccio di odori che va dal Porto Antico, attraverso i vicoli del centro, fin su a Righi? 

A quanto pare ci ha provato qualche mese fa Euthalia Fragrances con il benestare di Regione e Comune, con un percorso olfattivo lungo le vie del centro, per promuovere la “fragranza Genova”: basilico (of course), erbe aromatiche (quelle del ripieno dei ravioli, per capirci) e note speziate (commerci con l’oriente, eccetera). E ok. Puro marketing, uno dice. Figurati se camminando per i vicoli sento profumo di erbe aromatiche (o di basilico). Sento semmai molto più facilmente quell’aria spessa, greve e quel diffuso e impercettibile rigonfiamento di odori che a volerlo decifrare non basterebbe un sommelier.

Ma che si fa, d’altronde, vogliamo o non vogliamo raccontare Genova come qualcosa di più e di diverso rispetto ai vicoli sporchi e puzzolenti? E allora, eccola lì: la “fragranza Genova”. Così: da una parte, l’aria spessa e gonfia di De Andrè, dall’altra il marchio olfattivo, al basilico ed erbe aromatiche (e spezie). Da una parte una Genova elegante, vestita a festa e pronta per il debutto in società; dall’altra una Genova sporca, puzzolente, un po’ cattiva e chiusa in se stessa. Albaro e Sampierdarena; Castelletto e Sottoripa. Non ne vogliamo uscire, una buona volta, da questo yin e yang infinito? 

Non so, è una cosa difficile, ma se ci si pensa, il bello degli odori è che, volendo stare ai fatti, non sono né buoni né cattivi – o almeno così racconta chi li ha studiati per bene. Piuttosto, è il nostro associarne alcuni con alcune zone e persone che si vogliono presentare come migliori (o peggiori) a trasformare alcuni odori, in alcuni momenti storici, in profumi eleganti e altri in miasmi puzzolenti.

Gli odori di una città, a conti fatti, sono molto più sfuggenti e intrecciati e mescolati, per essere intrappolati in uno o in un altro marchio. Allora verrebbe da pensare che sì, in effetti, gli odori sono il racconto perfetto di un’identità cittadina, meglio di qualsiasi bandiera o inno. O logo. Sono il racconto perfetto di un’identità proprio perché se ti metti lì e provi a raccontarli, alla fine, mica ce la fai a spiegare tutto quello che puoi sentire. Provateci: fermatevi in una piazzetta al centro dei vicoli e ascoltate. Cosa sentite? Basilico e le spezie forse, ma anche catrame, umido, tabacco, benzina, caffè, zolfo, pesce, olio esausto, fiori e varichina. Tutta una città, in un suo angolo, a saperla ascoltare. 

Pensa riuscire a raccontare agli altri questa Genova, tutta intera. Che emozione, sarebbe.

Immagine di copertina: 
Markusspiske


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Nasce e vive a Genova, dove ha studiato Economia e altre cose noiose. Finisce a lavorare a Milano, dove ora insegna Sociologia della cultura all’Università di Milano-Bicocca. Nel frattempo, ha scritto di cibo e altre cose divertenti su riviste scientifiche, quotidiani on line (Genova24.it) e su qualche libro (Carocci Editore). Per il resto, si dedica a due discipline antiche: arti marziali cinesi e degustazione di vino.

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