“Qui in Italia tutti parlano di sesso, ma nessuno riesce a farlo spesso”. Non ci è dato sapere se la pratica non corrisponda effettivamente alla teoria, ma su una cosa Fabri Fibra ha indubbiamente ragione: di sesso se ne parla molto. Ma come se ne parla?
Capita, che tra amici l’argomento ricada su questa tematica. Ovviamente, tutto dipende da occasioni e compagnie, ma spesso le conversazioni assumono toni che scadono nel più becero e volgare cameratismo. ‘Mi ha spompinato di brutto’ o ‘C’aveva una bega enorme’ sono alcune frasi che uno potrebbe pronunciare o sentire in questo contesto. Se ciò può scatenare la risata generale, d’altra parte si rischia di banalizzare l’argomento e di ridurlo a un discorso limitato a tette-figa-cazzo.
È comunque vero che anche l’approccio opposto presenta alcuni difetti. Discutere di sesso in maniera estremamente seria e scientifica porta a considerare questo come un fatto naturale esterno a noi, che riguarda il nostro corpo in quanto organismo biologico ma non tiene conto del piacere, del desiderio e dell’amore, impulsi alla base di questo atto.
C’è chi invece preferisce non parlarne affatto per diversi, e tutti rispettabili motivi, che vanno dalla pudicizia, al blocco emotivo, passando per il disinteresse. Anche il timore di un giudizio negativo può influire su questa decisione: frasi come ‘Guarda che non è normale’ o ‘Ma pensi solo a quello?’ possono disincentivare, se non annullare, il desiderio di un confronto su queste tematiche. Perciò alcuni individui semplicemente non percepiscono (più) l’urgenza di discuterne e dunque non si pongono nemmeno il problema di come parlarne con gli amici o con il proprio partner.
E proprio il dialogo con il partner costituisce un ulteriore spunto di riflessione. Come superare l’imbarazzo iniziale e comunicare al partner cosa ci piace e cosa non ci piace? O se l’imbarazzo non esiste, come comunicare le nostre preferenze senza ferire i sentimenti dell’altro o evitare di dettare indicazioni che rischino di rendere l’intero atto completamente meccanico?
Forse un ‘modo giusto’ universale non c’è. Forse per ogni situazione e con ogni persona è necessario trovare le parole adatte. O forse incontriamo questa difficoltà perché il ‘modo giusto’ di parlarne non esiste ancora. E va inventato.
È inutile negare che la nostra società sta cambiando. Le nuove generazioni si dimostrano più aperti, tolleranti e in generali più sensibili a tematiche sempre state marginali. Banalmente, al cambiamento della società ci si aspetta che corrisponda un cambiamento della lingua.
Dunque, si potrebbe inventare un nuovo linguaggio per discutere di sesso, a partire dai vocaboli che si usano per riferirsi ai genitali che al momento appaiono piuttosto inadeguati (alcuni esempi: cazzo e figa, volgare; belin e mussa, sgrœsu; pene e vagina, ospedale; pisello e patata, terza elementare). Forse pestello e mortaio? D’altronde, da questi due utensili non può che uscire qualcosa di delizioso.
Una volta concordato un nuovo lessico, converrebbe delineare un’appropriata educazione sessuale nelle scuole che affronti in modo serio ma positivo queste tematiche. Infatti, un dialogo sincero e informativo può prevenire situazioni evitabili, aiutare a considerare il sesso non più come un taboo e favorire una comunicazione aperta con il partner, con gli amici e via dicendo.
È un lavoro difficile perché, seppur appaia necessario normalizzare il linguaggio riguardante il sesso e liberarlo dalla vergogna e l’ignoranza, d’altra parte non si vuole nemmeno banalizzarlo. Alla fine, si tratta pur sempre di uno dei momenti di maggiore intimità fra due (o più) persone, dove spesso poche semplici parole bastano.
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