Il turismo a Genova sembra essere un tema profondamente divisivo: c’è chi guarda ai turisti come miniere d’oro e chi li vede come orde barbariche. Per questo è stata controversa la reazione dei genovesi alla nomination di Genova tra le dieci città da visitare nel 2025 secondo Lonely Planet, la rivista turistica più famosa del mondo.
Per capire la portata di questo accadimento basti pensare che una rivista su tre nel mondo è una Lonely Planet e la società editoriale riesce a raggiungere 186 milioni di persone in tutti i continenti.
Tra le urla di giubilo ci sono anche quelle del neopresidente di regione Marco Bucci che avvisa gli imprenditori: “l’overtourism non è da considerare come un problema, ma come un’opportunità”.
Il presidente ritiene addirittura “stupido” parlare di overtourism: “sarebbe come parlare di overstipendio, chi non vorrebbe persone che portano risorse sul territorio?”
A questo punto mi sembra giusto avvisare i lettori: questo articolo sarà strutturalmente “stupido” perché proveremo, dati alla mano, a capire quali sono i costi e i benefici del settore turistico a Genova.
Capacità di accoglienza limitata
Il presupposto da cui partono tutti i recenti studi sul turismo è che le mete turistiche hanno una capacità di accoglienza limitata oltre la quale il turismo diventa estremamente dannoso.
Calcolare questa soglia può essere molto controverso, molteplici fattori possono entrare in gioco: servizi, alloggi, attrazioni, percezione dei cittadini, valori immobiliari, gestione rifiuti, risorse ambientali…
L’unica cosa certa è che, una volta superata la soglia di tolleranza, tornare indietro è estremamente complicato e gli aspetti negativi si moltiplicano esponenzialmente.
Per questo il consiglio migliore per una pubblica amministrazione è quello di gestire il turismo quando ancora non ha raggiunto livelli insostenibili e Genova è ancora in tempo per farlo.
Rispetto al 2019 (pre-Covid) il turismo genovese è cresciuto del 29% raggiungendo 2,6 milioni di presenze turistiche (numero di notti trascorse dai clienti nelle strutture).
Grazie agli svariati milioni di euro investiti da Toti e Bucci negli ultimi anni sul marketing della città specialmente all’estero (come dimenticare il mortaio di pesto galleggiante costato mezzo milione di euro) e grazie alla nomination di Lonely Planet si può immaginare che questi dati continueranno a crescere nei prossimi anni.
Questa crescita si può davvero considerare semplicemente come un “overstipendio” per la città come dice Bucci? Quali benefici e quali costi comporta?
Il mercato immobiliare
Il primo tema è chiaramente quello del mercato immobiliare: i pernottamenti in strutture extralberghiere (tra cui spiccano i B&B) sono aumentati del 79,9% rispetto al 2019. I proprietari di immobili preferiscono affitti brevi che portano a guadagni di tre o quattro volte superiori rispetto agli affitti stabili.
Questa nuova dinamica si aggiunge a un problema decennale del mercato immobiliare ligure: il 36,6% delle abitazioni in Liguria è vuota e disabitata.
Questa riduzione significativa dell’offerta porta a un aumento dei prezzi degli affitti: tra ottobre 2023 e ottobre 2024 gli affitti sono cresciuti dell’11% e qualora gli arrivi dovessero aumentare, gli affitti sono destinati ad aggravarsi.
Una prima conseguenza del turismo, quindi, è creare una profonda disuguaglianza tra i possessori di casa e i non possessori di casa che più di tutti soffriranno la crescita sregolata di questo settore.
Il dato medio italiano di persone che vivono in affitto è del 20%, un abitante su cinque.
Gentrificazione
Un ulteriore effetto del turismo è il progressivo svuotamento dei centri città. La concentrazione dei B&B nei centri città e l’aumento dei prezzi costringe le persone a spostarsi verso quartieri più periferici, compromettendo il tessuto sociale dei quartieri centrali e le attività economiche tradizionali.
Viene definito il fenomeno della gentrificazione, la spada di Damocle delle metropoli moderne.
La gentrificazione danneggia tutti: i cittadini meno abbienti vengono ingiustamente espulsi dalla città compromettendo le loro opportunità e possibilità, mentre quei settori di servizi urbani che offrono stipendi tendenzialmente invariati e quindi inadeguati al costo della vita soffrono una mancanza ingente di manodopera compromettendo così l’efficienza e la sostenibilità della città.
È il caso di Milano dove ad oggi mancano oltre trecento autisti di trasporto pubblico, trecento insegnanti elementari e duemila persone tra medici e infermieri perché lo stipendio offerto non permette più di sostenere i costi della città.
Ai due milioni di arrivi turistici a Genova citati in precedenza va aggiunta la cifra di 1.7 milioni di crocieristi che nel 2023 hanno fatto scalo nel porto di Genova.
Il turismo da crociera è il più impattante di tutti: si tratta di un turismo mordi e fuggi dove il turista fruisce della città senza introdurre risorse significative nell’economia locale (articolo di wall:out Genova capitale delle crociere.. e del turismo insostenibile!).
Per questi motivi, città come Amsterdam e Barcellona hanno deciso di limitare notevolmente il numero dei crocieristi consentiti.
Ma allora chi ci guadagna dal turismo? È vero che il turismo porta lavoro e risorse in città, come hanno propagandato per anni Toti e Bucci?
Come sottolinea un recente studio di Uiltucs in Liguria ci sono 145’159 occupati nel settore turistico con prevalenza di occupazione femminile e un’alta presenza di manodopera straniera.
Nel settore è molto elevata l’incidenza del lavoro povero e irregolare e, anche laddove ci sono forme contrattuali in regola, queste sono tendenzialmente a breve termine ed eccessivamente flessibili. Basti pensare che gli occupati nella ristorazione percepiscono mediamente solo 9400 euro l’anno (785 euro al mese), mentre quasi il 40% degli occupati in beni culturali guadagna meno di 5000 euro all’anno.
Nel settore alberghiero, mentre i prezzi del settore aumentavano del doppio rispetto all’inflazione ingrossando i profitti dei titolari, gli stipendi già bassi e invariati dei lavoratori perdevano sempre più potere d’acquisto.
Di recente è stato previsto un aumento contrattuale a livello nazionale per i lavoratori del settore turistico, ma di una percentuale che non permette di recuperare la perdita subita con l’inflazione.
Secondo gli autori del paper “Tourism and local growth in Italy” pubblicato da Banca d’Italia il turismo ha effetti positivi sulle provincie a bassa occupazione e a basso Pil pro-capite, mentre nelle località già turistiche produce solo costi.
Per provare a colmare questi costi i comuni fanno pagare ai turisti una tassa di soggiorno, ovvero una tassa che i turisti pagano per ogni notte trascorsa nel comune.
Il problema è che in Italia, a differenza di altri stati, la tassa di soggiorno è semplicemente un’entrata nelle casse comunali senza che sia vincolata a spese mirate per coprire i costi sociali generati dal turismo.
Anzi, l’assessora al turismo del comune di Genova Alessandra Bianchi ha proclamato che la tassa di soggiorno di Genova sarà utilizzata per sponsorizzare ulteriormente la città all’estero e al potenziamento dell’attrattività turistica, fraintendendo completamente il senso e il significato di questa tassa.
L’imposta che dovrebbe coprire i costi sociali creati dal turismo verrebbe destinata ad attrarre nuovi turisti e quindi nuovi costi.
Per non parlare delle decine di milioni di euro pubblici spesi per servizi turistici che rovineranno interi quartieri, come la funivia in costruzione al Lagaccio.
In sintesi, il settore turistico non permette realmente di accrescere il benessere di una città e, anche quando le istituzioni pubbliche conseguono un’entrata dalle presenze turistiche, se non c’è una redistribuzione collettiva delle entrate, il turismo diventa un settore che privatizza i guadagni nelle mani di pochi e socializza i costi sulle spalle di tutti i residenti.
D’altronde, se ne riescono a beneficiare a malapena i lavoratori del settore che rasentano lo sfruttamento e i titolari delle tante microimprese turistiche liguri, figuriamoci il resto dei cittadini.
Immagine di copertina:
Foto di Pietro S.
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