È di questi giorni una notizia che riguarda il mondo delle notizie, un’informazione sull’informazione, che come spesso avviene, compare sui giornali per un istante e viene rapidamente dimenticata.
La principale storica (fondata nel 1886) testata giornalistica genovese, Il Secolo XIX, passa di proprietà.
Non sembra un dramma, “la stampa è morta o agonizzante da anni”, diranno alcuni, i giornali sono sempre meno interessanti per il pubblico più giovane. E poi attorno alla carcassa de Il Secolo XIX saltellano le (poche) redazioni locali dei quotidiani nazionali per non parlare delle varie piccole testate online. Inoltre l’informazione cittadina più tradizionale per così dire si muove anche sulla televisione.
Ma Il Secolo XIX resta un’istituzione genovese, come tutti i giornali storici con molte magagne, ma con un ruolo non indifferente nella vita della città.
Sicuramente non una testata progressista o rivoluzionaria, ma nemmeno una roccaforte del più bieco conservatorismo. Diciamo un esponente di un cauto sopravvivere un po’ cerchiobottista, pronto a lagnarsi dell’autorità di turno ma senza alzare troppo i toni, come il suo pubblico di riferimento, e come il suo pubblico di riferimento incline a un certo discorso nostalgico su una Genova che faticosamente cambia e non sempre in meglio.
E poi vabbè, il derby. E i cinghiali. E i necrologi.
Un’istituzione stropicciata sui tavoli dei bar, accanto alla tazza di cappuccino vuota sbriciolata di focaccia e al bicchiere di bianchetto.
Giornalismo e imprenditoria
La storia de Il Secolo XIX a lungo è stata intrecciata alla storia dell’Ansaldo e della borghesia imprenditoriale della città, e in questo non si allontana da altre grandi testate italiane.
I piccoli giornali online nati negli ultimi anni aggiornano sulle tante piccole notizie quotidiane, ma non si possono permettere veri approfondimenti e restano strangolati dalle loro scarse entrate pubblicitarie e dagli sponsor.
I molti giornali storici hanno redazioni strutturate, contatti, mezzi. Ma sono in genere direttamente legati a grandi imprenditori e società, con le relative conseguenze, più o meno gravi, sulla linea editoriale. Gli esempi più banali sono la parte giornalistica dell’impero mediatico di Berlusconi e della sua famiglia, o La Stampa, oracolo degli Agnelli.
Anche Il Secolo XIX è stato a lungo uno strumento per l’Ansaldo e la famiglia Perrone, prima delle numerose trasformazioni che hanno portato al passaggio nell’orbita degli Agnelli e alla nascita del gruppo GEDI.
Gli ultimi padroni del giornale non sono certo un esempio di lungimiranti filantropi.
Il gruppo GEDI, legato agli Agnelli e quindi al gruppo Stellantis, si è sbarazzato di un asset non fondamentale per le sue strategie sempre meno italiane e locali, vendendolo a un compratore ben più interessato a cosa si dice e non si dice intorno a uno dei principali porti del Mediterraneo, ovvero il colosso MSC di Gianluigi Aponte, attraverso la società Blue Media.
Il volume di affari di MSC, una realtà gigantesca a livello globale (la più grande compagnia di shipping al mondo), fa sembrare l’acquisizione del quotidiano genovese di per sé poco rilevante rispetto ad altre mosse.
Dal punto di vista della città qualche dubbio sorge
Se il nuovo direttore dice nel suo primo editoriale che il giornale non cambierà e che continuerà a dare spazio alle notizie locali rispettando lo spirito originario della testata, non si può negare che il Porto e i suoi traffici riguardino la città e il “locale” ma siano anche un tassello di una partita molto più grande, fatta di TEU e portacontainer, di navi da crociera titaniche, di infrastrutture gigantesche, dighe, bretelle, ponti, gallerie… e che la prospettiva della multinazionale (una società di navigazione con sede in… Svizzera) non guarda necessariamente al benessere degli gnomi che vivono ai piedi delle sue montagne galleggianti, ma al dare ancora più spazio a queste montagne, al Porto che inghiotte ancora più città col ricatto del “lavoro”.
Questa mossa è una delle tante del Risiko economico e mediatico genovese, ma non la più insignificante.
Ci sono diversi giornali, diversi interessi a contrastarsi e bilanciarsi. Ma il rapporto tra la città e il porto e i grandi lobbisti legati al porto sembra sempre più sbilanciato.
Il fatto che un giornale cambi proprietario non è di per sé grave, e che il padrone sia un imprenditore o una società è abbastanza normale, anche se non sempre sano per avere una società correttamente informata, che poi è una condizione necessaria per una politica sana.
Ma che il nuovo proprietario abbia enormi (letteralmente) interessi nelle zone dove il giornale in questione è la principale fonte di informazione tradizionale, be’, merita qualche riflessione in più, qualche ruga di preoccupazione sulla fronte in più mentre leggiamo finendo il caffè e la focaccia al bar.
Ti consigliamo la lettura del nostro articolo Il delitto del Secolo XIX. Il giornale che Toti&Co vorrebbero addomesticare di Pietro S. |
Immagine di copertina:
Foto di Federico DS.
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