“Un’economia democratica apre le menti, accende la speranza e spinge all’attivismo.”
Dopo un’esaustiva presentazione bilingue dello staff di Genova Che Osa inizia il convegno internazionale “Le città vinceranno il neoliberismo” con l’intervento di Sarah Mckinley, la direttrice dell’ufficio europeo di Democracy Collaborative.
Sua è la proposta di una democratizzazione dell’economia dove la comunità ha diretto controllo e proprietà delle risorse locali. La chiama community wealth building, ovvero costruzione del benessere di comunità.
La pratica si basa su cinque fondamentali:
- delocalizzazione economica
- saggio utilizzo della terra e delle proprietà
- democrazia lavorativa
- cooperative economiche e sociali
- banche cooperative
Il modello è stato adottato dalle Evergreen Cooperatives di Cleveland negli Stati Uniti, che hanno creato più di 400 posti di lavoro per ex-carcerati (e non solo) e dal consiglio del North Ayrshire in Scozia, capitalizzando 10 milioni di fondi di investimento per pratiche green.
Prosegue il dibattito Thomas De Groot, co-direttore del Commons Network, condividendo modelli alternativi che vanno a definire la caring economy: un’economia fondata sulla cura del prossimo e non esclusivamente sul profitto, che si basi sui principi della cooperatività e del bene comune invece che sull’individualità e sulla competitività.
Strettamente legato a questo modello è il concetto di decrescita economica, che propone una serie di misure per il rallentamento della sfrenata corsa al profitto a favore della protezione ambientale e della redistribuzione economica.
Alcuni esempi pratici:
Ci sono diverse cooperative di commercianti ad Amsterdam che hanno iniziato a collaborare per la realizzazione di un’infrastruttura di distribuzione del prodotto che possa sopravvivere e competere contro il colosso Amazon, o ancora una cooperativa di riferimento per i tassisti che lottano contro Uber.
Settimana ridotta
Prosegue Julian Siravo, co-direttore di Autonomy da Londra, con la proposta della settimana lavorativa di quattro giorni.
A sottolineare la necessità di questo possibile cambiamento è stata la pandemia, che ci ha personalmente obbligato a riconsiderare i confini tra vita e lavoro durante i lockdown.
Purtroppo però, le società di molti paesi non hanno imparato la lezione, mettendo ancora più pressione ai lavoratori di ritorno negli uffici: c’è tutt’ora una considerevole percentuale di impiegati che ammette di anticipare l’entrata o ritardare l’uscita dal proprio luogo di lavoro per tenere il passo con le scadenze.
Eppure non c’è un rapporto direttamente proporzionale tra produttività e quantità di ore lavorate, anzi, è stato dimostrato come la settimana breve sia di beneficio per la salute dei dipendenti, per l’atmosfera nel luogo di lavoro, per ridurre l’impatto ambientale e in definitiva per la declamata produttività.
Alcuni esempi arrivano da Londra, dove più di 70 aziende nel settore videoludico e dell’ospitalità stanno operando con questo modello, o dall’Islanda dove un recente esperimento che ha ridotto le ore di lavoro di più di 2500 impiegati si è rivelato un grande successo che ha spinto il governo islandese a prendere in seria considerazione l’applicazione di questo sistema a un numero sempre più grande di realtà lavorative anche nel settore pubblico.
A concludere la prima parte dell’evento è stato il professor Lorenzo Sacconi dal Forum Diseguaglianze e Diversità di Milano che attraverso l’incontro e la collaborazione tra il mondo della ricerca e quello della cittadinanza attiva intende disegnare proposte generali per l’azione collettiva e pubblica tese a ridurre le disuguaglianze.
I pilastri dell’economia democratica
Il convegno è ripartito con l’intervento di Louisa Valentin del Transnational Institute, da Amsterdam, sui sette pilastri fondanti di un’economia democratica.
I primi quattro punti, facenti parte del cosiddetto “ritorno al futuro”, ruotano attorno alla de-privatizzazione dei servizi e il conseguente ritorno del potere amministrativo nelle mani dei comuni. Comuni che devono ulteriormente democratizzare i processi decisionali al fine di promuovere una vera espansione di un’economia democratica.
Il quinto punto prende in considerazione l’emergenza climatica e di come anche qui le organizzazioni pubbliche debbano prendere in mano le redini di iniziative sostenibili (senza aspettare che si muova il privato).
Il sesto punto pone attenzione su pratiche femministe volte a costruire un’economia che lotti contro la disparità di genere.
L’ultimo punto ribadisce l’importanza di una presa di coscienza comune che riconosca il fallimento delle privatizzazioni e che ci porti a lottare per un futuro di tutti e per tutti.
Pratiche messe in atto
Prosegue Matthew Brown, leader del consiglio comunale di Preston in Inghilterra riprendendo il concetto di community wealth building. Parlando delle pratiche messe in atto per la ripresa economica della sua città, gravemente colpita dalla crisi del 2008, Brown cita l’investimento di un miliardo di sterline l’anno destinato a fornitori locali che promuovano una crescita dell’economia interna, l’espansione di cooperative dei lavoratori e l’istituzione di un salario di sussistenza minimo.
Un modello di grande successo di cui Matthew ha parlato su diverse testate giornalistiche oltremanica.
Nel tardo pomeriggio interviene Jef Van Damme, vicesindaco di Molenbeek in Belgio, una cosiddetta “arrival city”, ovvero un popolato approdo di migranti.
Un piccolo comune che si è trasformato in scala sociale investendo in educazione e in un’economia focalizzata sulla distribuzione di beni e servizi necessari a ciascun individuo, a prescindere dal suo background economico.
Conclude la giornata Eva De Bruijn, leader del partito GroenLinks (Sinistra Verde) della città di Eindhoven nei Paesi Bassi.
La sua è un’esposizione del programma politico del suo partito. Al centro del modello economico proposto c’è la sintesi dei concetti presentati durante la giornata: una politica focalizzata sul benessere del prossimo piuttosto che sull’ossessione per la crescita economica, con attenzione verso pratiche sostenibili che si muovano subito per la salvaguardia del pianeta e del futuro delle generazioni a venire.
Immagine di copertina:
Foto di Giorgio Secondo. Fonte Genova Che Osa
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