Strade, piazze, ponti. Spazi che attraversiamo ogni giorno, spesso senza chiederci cosa raccontano, chi celebrano, chi lasciano fuori dalla narrazione.
La toponomastica non è mai neutra: è una dichiarazione d’intenti, una costruzione simbolica del passato che scegliamo di ricordare e di tramandare. E la realtà è che, in Europa e in Italia, quella costruzione parla quasi esclusivamente al maschile, bianco, occidentale.
Il progetto Mapping Diversity, promosso dall’European Data Journalism Network, mira a sensibilizzare sul tema fornendo dati dettagliati per facilitare il dibattito pubblico. E con questo articolo con Wall:Out vogliamo appunto alimentare il dibattito pubblico, commentando quei dati.
Se dovessimo assegnare un genere alle strade europee, il verdetto sarebbe chiaro: maschile.
Bruxelles: solo il 6,1% delle strade intitolate a persone porta il nome di una donna.
Parigi: 12% (e solo grazie a politiche recenti di riequilibrio).
Vienna: 9%.
Madrid: 7%.
Berlino: 5,5%.
Italia (media capoluoghi regionali): 6,6%.
Numeri bassissimi, che diventano ancora più critici se si escludono le sante e le figure religiose: a quel punto la percentuale di strade dedicate a donne scende drasticamente in ogni città.
Il divario di genere nella toponomastica non è solo un fatto simbolico, ma un messaggio culturale: le figure maschili sono celebrate come protagoniste della storia, le donne rimangono nelle retrovie.
La rappresentazione nello spazio pubblico conta: è uno dei modi in cui una società riconosce il valore dei suoi membri.
Provenienza geografica: le città europee celebrano uomini bianchi, occidentali
Oltre alla questione di genere, c’è un altro dato interessante: l’origine delle persone a cui vengono dedicate le strade.
- Le città tendono a celebrare i propri personaggi locali: a Bruxelles, il 47% dei nomi delle strade proviene dal Belgio. A Parigi, oltre il 50% ha radici francesi.
- Le figure straniere sono poche e spesso provengono da paesi vicini: a Vienna, ad esempio, il secondo gruppo più rappresentato è tedesco.
- I nomi extraeuropei sono quasi inesistenti, salvo pochissime eccezioni (leader anticoloniali, premi Nobel o figure globalmente riconosciute).
Il risultato? Le città europee raccontano la loro storia da una prospettiva fortemente nazionale e eurocentrica, con pochissimo spazio per figure provenienti da altre parti del mondo.
La maggior parte delle persone celebrate nelle strade europee è di origine europea e bianca. Le uniche eccezioni di rilievo sono Mohandas Gandhi e alcuni leader americani come George Washington, Thomas Edison, John F. Kennedy e Simón Bolívar.
Questo è particolarmente evidente nei paesi con un passato coloniale: a Bruxelles e Parigi, le poche strade dedicate a persone di origine africana sono spesso legate alla decolonizzazione o ai diritti civili, non certo a celebrazioni storiche precedenti.
Ruoli di genere: uomini leader, donne assistenti, uomini creatori, donne esecutrici
È interessante ragionare sul tipo di figure ricordate. Gli uomini sono leader, statisti, generali, artisti. Le donne, quando presenti, sono spesso educatrici, infermiere, sante.
In arte gli uomini sono autori, compositori, sono i creatori; le donne sono attrici, cantanti, coloro che eseguono.
In politica gli uomini sono protagonisti, statisti, generali; le donne sono le “mogli di” quindi famose in quanto nobili, aristocratiche, non per i loro meriti dovuti alle loro azioni.
Si evidenzia come, nelle città analizzate, la maggioranza, anzi la quasi totalità, degli uomini ricordati appartiene a categorie di potere: politica, scienza, arte, esercito.
Le donne, invece, sono molto più rappresentate in ruoli di supporto o assistenza: insegnanti, benefattrici, missionarie, crocerossine. Le donne ricordate sono prevalentemente religiose, sante cristiane. La prima donna laica presente nelle classifiche della toponomastica compare oltre la 100ª posizione.
La prima donna presente in classifica chi è?
Maria, la Santa Vergine Maria, che ha guadagnato il terzo posto in classifica, meritevole di aver dato alla luce Gesù. Insomma, anche lei famosa perché “madre di”.
E in Italia?
Diamo un’occhiata ai numeri forniti da Mapping Diversity Italy: nei 21 capoluoghi delle regioni e province autonome italiane, ci sono 24.572 strade intitolate a persone. Di queste, solo il 6,6% porta il nome di una donna.
E se escludiamo le sante?
Il numero si riduce ulteriormente: 959 strade, meno del 4%. Significa che il 93% delle dediche onorifiche nelle nostre città celebra figure maschili.
Il divario non è solo statistico. Come evidenziato da Maria Pia Ercolini presidente di Toponomastica femminile, i nomi delle strade riflettono il valore che una comunità assegna ai suoi membri.
Se le donne restano invisibili, lo sarà anche il loro contributo alla storia, alla scienza, alla cultura.
Eppure, dove le cose cambiano, si osservano effetti reali. Lo studio di Daniel Oto-Peralías e Dolores Gutiérrez Moraha sulla toponomastica spagnola, ha evidenziato che le città con più strade intitolate a donne registrano anche livelli più alti di emancipazione femminile. Un caso? Forse no.

Bolzano e Aosta: agli estremi di una classifica sbilanciata
Se ci spostiamo sulle mappe delle diverse città italiane, troviamo situazioni molto diverse tra loro, come riportato da Mapping Diversity.
Bolzano è la città con la maggiore percentuale di strade dedicate a figure femminili: il 13%. Una cifra che resta comunque bassa, ma che è un’eccezione rispetto al panorama nazionale.
Dall’altra parte della classifica c’è Aosta: solo due strade su 73 portano il nome di una donna non religiosa, la crocerossina Ermelinda Ducler e la partigiana Aurora Vuillerminaz.
Ma non va meglio altrove.
A Bari, le strade intitolate a donne non religiose sono il 2,5%. A Milano e Bologna il 3,7%. A Roma, la capitale, si sale al 5%. Numeri che raccontano una realtà cristallizzata nel tempo, dove il maschile è la norma e il femminile l’eccezione.
Cambiare le strade, cambiare la narrazione
Non basta sostituire qualche targa per correggere il disequilibrio storico. Ma ignorarlo significa perpetuarlo.
Pensiamo al valore simbolico che la rinominazione degli spazi urbani ha avuto nei momenti di cambiamento politico e sociale: dalla Rivoluzione Francese alle proteste di Black Lives Matter, il ribattezzare strade e piazze è stato sempre un atto di riscrittura del passato per progettare un futuro diverso.
Forse non è quell’unica strada in più intitolata a una scienziata o a una scrittrice a cambiare le cose. Ma se iniziamo a chiederci chi merita di essere ricordata o ricordato, iniziamo anche a chiederci chi vogliamo essere come società. E la memoria collettiva, alla fine, è anch’essa tutta una questione di scelte consapevoli.
Da dove iniziare? Esperienze e cambiamenti in Europa
Negli ultimi anni, diverse città, “dall’alto” o “dal basso”, hanno iniziato a interrogarsi su queste dinamiche, avviando o pretendendo processi di riequilibrio della toponomastica.
Parigi rivendica più strade intitolate a donne, già dal 2015 (la Repubblica: Più strade intitolate alle donne, il blitz delle femministe francesi).
Vienna è in prima linea nel panorama europeo per la sua pianificazione secondo i principi dell’urbanistica femminista (articolo di wall:out Urbanistica femminista. Differenza, non disuguaglianza nel vivere la città).
Barcellona ha adottato il gender mainstreaming come politica attiva in tutti i settori della pubblica amministrazione, urbanistica compresa (Commitment to gender equity).
Bruxelles ha avviato il progetto EqualStreetNames mappando il divario di genere nella città e promuovendo la rinomina di vie e piazze (equalstreetnames.brussels).
Berlino ha rimosso nomi legati al colonialismo e al patriarcato, sostituendoli con figure diverse dalla narrazione prevalente dell’uomo bianco occidentale (Nigrizia: Basta nomi di colonizzatori: a Berlino le vie cambiano nome).
Questi non sono semplici dettagli urbanistici, ma gesti di riscrittura della memoria collettiva. Dopotutto, se i nomi delle strade riflettono chi siamo, allora è il momento di scegliere chi vogliamo diventare.
Immagine di copertina:
Grafica wall:out magazine su illustrazione di Rebecca Fritsche
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