Beni confiscati alle mafie

La legge sul riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie compie 25 anni

Cosa dice la legge 109/1996 e perché è importante anche per la nostra città.
7 Marzo 2021
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Oggi ricorre l’anniversario dei venticinque anni dall’entrata in vigore della legge 109 del 1996 per il riutilizzo pubblico e sociale dei beni confiscati alle mafie. È un anniversario particolarmente importante per Libera Contro le Mafie, perché è proprio raccogliendo le firme per questa legge che nacque questo coordinamento di associazioni. 

I beni confiscati sono proprietà che appartenevano a persone condannate per mafia o alcuni altri reati minori e che dopo la condanna sono stati presi in gestione dallo Stato. Solitamente si parla di beni immobili come appartamenti, ville e terreni, ma possono essere anche vere e proprie aziende e beni mobili, come le auto. Hanno un significato molto importante perché permettono di intervenire sul controllo del territorio ridando alla cittadinanza ciò che le era stato sottratto.

L’idea di confiscare i beni alle mafie si attribuisce a Pio La Torre, sindacalista e politico italiano ucciso da Cosa Nostra il 30 aprile 1982, poco prima che la legge fosse approvata. La legge Rognoni-La Torre, infatti, inserì nel codice penale il reato di associazione mafiosa e tra le altre cose prevedeva la confisca dei beni.

Questa legge fu un vero passo storico, perché non solo riconosceva l’esistenza della mafia, ma aggiungeva che uno dei principali modi per contrastarla fosse confiscarne i possedimenti.

Il motivo non è legato solo a una questione di reddito, ma soprattutto al controllo del territorio, essenziale per la sopravvivenza e il proliferare delle mafie e più difficile per esse da mantenere se quelle proprietà immobiliari o agricole vengono sottratte.

Come ogni legge, anche questa necessitava di miglioramenti, poiché spesso i beni confiscati tornavano alla famiglia a cui appartenevano, svuotando la procedura di ogni significato. È proprio per questo che nacque l’idea di ampliare il testo di legge, aggiungendo qualcosa che desse una destinazione precisa a questi beni.

L’idea era tanto semplice quanto significativa

La mafia e la criminalità organizzata tolgono qualcosa ai cittadini del luogo che controllano e tramite cui si arricchiscono, ed è proprio a quelle persone che va restituito il maltolto. È quindi necessario che quei terreni, quelle ville, quegli appartamenti diventino un punto di riferimento per il paese o il quartiere dove operavano le persone condannate. 

Beni confiscati alle mafie
Bene confiscato di Via Canneto il Curto 25r. foto di Susanna G.

Tra il 1994 e il 1995, le associazioni impegnate nel coordinamento da cui poi nacque Libera contro le mafie raccolsero un milione di firme per una legge che prevedesse che la destinazione dei beni confiscati avesse scopi sociali. Il principio di fondo è che un bene confiscato a seguito di un processo finisca allo Stato, che può usarlo per scopi istituzionali o darlo a Comuni e Regioni, i quali a loro volta possono trovare una destinazione o aprire dei bandi per darli in gestione ad associazioni o cooperative sociali.

L’idea che non servisse inseguire i mafiosi con i forconi, quanto piuttosto creare un’alternativa, fu alla base della costituzione del coordinamento di Libera, che comprendeva tante associazioni che si occupavano di temi molto diversi tra di loro, apparentemente scollegati dall’antimafia, ma che di fatto ne erano baluardo da anni. Per esempio: un sindacato difende il lavoro in regola e di conseguenza va contro chi fa lavorare in modo irregolare e disumano, ovvero le mafie.

Chi difende l’ambiente va contro chi costruisce e smaltisce abusivamente con l’unico scopo di guadagnare, ovvero le mafie. Chi difende i diritti sociali va contro chi dello sfruttamento dei più deboli fa il suo principale guadagno, ovvero le mafie.

La forza di questa unione fu capire che l’antimafia non nasce dal solo contrastare qualcosa, ma dal creare nuove strade sane, con rispetto e responsabilità. 

In venticinque anni sono nati una marea di esempi positivi che spiegano perfettamente il senso di questa legge, da nord a sud. Ci sono terreni confiscati in cui ora lavorano persone che seguono percorsi di reinserimento nel mondo del lavoro, perché per esempio uscite da poco dal carcere o dalla tossicodipendenza.

Bene confiscato a Sessa Aurunca gestito dalla cooperative “Al di là dei sogni”. Foto di Eugenia R.

A Ostia ha aperto un centro di contrasto alla ludopatia chiamato Game Over, dotato di un laboratorio didattico sul tema del gioco d’azzardo in una vecchia sala scommesse confiscata, esempio perfetto di come dare un valore significativo a questi posti.

A Genova, nel 2014, è avvenuta la maggiore confisca per numero di immobili del Nord Italia: la confisca Canfarotta

La condanna nei confronti della famiglia Canfarotta non è stata per mafia, ma per reati minori come favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e sfruttamento della prostituzione. Sono stati confiscati 96 appartamenti, la maggior parte in centro storico e in particolare nel quartiere della Maddalena.

Ne avevamo già parlato qui, perché le saracinesche dei bassi sono state dipinte negli ultimi anni da artisti e associazioni del coordinamento Cantiere per la Legalità Responsabile che colorano il centro storico.

Beni confiscati alle mafie
Manifesti attaccati nel 2016 ad alcune saracinesche di beni confiscati dal Cantiere per la Legalità Responsabile. Foto concessa dal sito mafieinliguria.it

Fino a poco tempo fa erano tutti inutilizzati e chiusi, ora alcuni sono stati riassegnati e stanno nascendo i primi progetti di riutilizzo. Un esempio è il basso di Vico delle Vigne 10r, assegnato nel 2018 all’associazione Pas à Pas, che si occupa di integrazione promuovendo corsi di italiano per stranieri e corsi di lingue straniere per chiunque voglia iscriversi. Nel locale di Vico delle Vigne è stata aperta un’aula studio, dove si tengono i corsi e aperta per chiunque voglia studiare (ovviamente covid permettendo).

Beni confiscati alle mafie
Saracinesca del bene confiscato di Vico delle Vigne 10r. Foto concessa dal sito mafieinliguria.it

In Vico Chiuso degli Eroi, invece, ha aperto Cicloriparo, ossia un punto di riferimento per chi si muove in bicicletta dove poter imparare a riparare la propria grazie alla guida di alcuni volontari, con l’idea di incentivare il ciclismo in città.

Di recentissima apertura infine un infopoint dell’associazione Gigi Ghirotti-Onlus Genova in Via Canneto il Lungo 97r.

L’ultimo bando dell’Agenzia Nazionale dei Beni Confiscati risale a quest’estate e ha coinvolto molti immobili e associazioni, quindi nei prossimi mesi sentiremo sicuramente parlare della nascita di nuovi progetti.

Per chi si volesse tenere aggiornato, o conoscere la storia di tutti i beni confiscati di Genova e cercare quelli più vicini al suo quartiere, sul sito mafieinliguria.it si trova una mappatura dei beni confiscati alle mafie nella nostra regione e sono pubblicate tutte le novità sul tema.

Immagine di copertina:
Illustrazione di Martina Spanu


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Frequenta la magistrale di Ingegneria dei Materiali a Torino e nel frattempo si impegna a ridurre a zero il suo tempo libero. Lavora come animatrice scientifica, ama collegare la scienza alla politica e alla vita quotidiana e fa parte dell’associazione Libera contro le mafie.

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