Marco D’Agostin, performer, coreografo, artista associato presso il Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, giovedì 31 ottobre ha presentato il suo ultimo lavoro “Gli anni” al Teatro della Tosse – Fondazione Luzzati, all’interno della X edizione della rassegna di danza Resistere e Creare. (Articolo di wall:out Resistere e Creare: la rassegna del Teatro della Tosse apre le porte all’autunno)
L’opera, da una parte, è liberamente ispirata al romanzo “Les Années” della scrittrice francese Annie Ernaux, Premio Nobel per la Letteratura 2022. Dall’altra vi è il rimando al famoso brano del noto gruppo musicale italiano 883 (Gli Anni).
In scena Marta Ciappina, danzatrice e coach, collabora con le principali realtà di danza contemporanea quali, tra le altre, la Biennale Danza di Venezia, la Scuola Luca Ronconi del Piccolo Teatro di Milano.
L’intera performance è stata plasmata esclusivamente sulle particolari doti della danz-attrice, portando a casa un en plein, con la vittoria del premio UBU come miglior spettacolo di danza 2023, e quello come miglior attrice/performer 2023.
Un caustico umorismo sotto traccia
È una narrazione di vita privata, biografica, dall’infanzia all’adolescenza, che vuole coinvolgere gli spettatori fino a trasformarli in un Io collettivo: impregnata di immagini fotografiche e video personali, e che paiono somigliare a ciò che tutti noi conserviamo in quelle scatole nascoste laggiù, in fondo a i nostri armadi.
Passato e presente, giallo e grigio, danza e parole, un caustico umorismo sotto traccia.
Marta Ciappina si muove sul palco illuminato a giorno, come per riscaldarsi prima della sua performance, in una silenziosa attesa che contrasta con il brusio provocato dal folto pubblico di spettatori ancora impegnati nella affannosa ricerca della poltrona assegnata loro.
Quando il silenzio giunge, la danzatrice esce di scena.
Un tavolino di legno grigio, una riproduzione di un quadro di corrente realista appeso al sopra palco, e una bottiglia d’acqua di vetro trasparente, paiono gli unici oggetti che dal proscenio osservano la platea.
Le luci si abbassano, Marta Ciappina rientra dalle quinte e a poco per volta estrae dal suo zaino giallo e grigio, un telefono a cornetta giallo, un piccolo schnauzer di plastica grigia a grandezza naturale, un paio di cuffie audio gialle e grigie.
Passo dopo passo, al ritmo di una colonna sonora costituita da una playlist di brani pop e rock in voga dagli anni ’60 ad oggi, la danzatrice inizia a identificare con alcune targhette numerate (gialle) i pochi oggetti diventati parte della performance, come fossero reperti tratti dalla scena di un crimine.
Non vi è un racconto in senso stretto, piuttosto un inanellarsi di parole, camminate, movimenti danzati al suolo e in verticalità; il tutto impregnato di un caustico umorismo sotto traccia, al ritmo di una cantilena infantile da lei stessa recitata.
Un esercizio di memoria durante il quale la performer parla di sé a voce alta, rammentando le annotazioni del coreografo durante le prove dello spettacolo, e di come l’ossatura del proprio corpo si flette o si allunga nel momento in cui esegue i movimenti: fluidi, non codificati, non lineari, che paiono interrompersi bruscamente, ma che procedono uno dopo l’altro, nella loro eccentrica poetica.
Una danza scomposta e perfetta si impossessa del suo corpo.
Lo spettacolo proietterà lo spettatore attraverso i migliori anni della propria vita, ma percorrerà anche quelli che evocano le delusioni, le amarezze, i lutti.
Il ruolo e il funzionamento della memoria
Il lavoro che Marco D’Agostin opera fin dai suoi inizi, è quello di interrogarsi sul ruolo e il funzionamento della memoria, e pone al centro la relazione tra performer e spettatore.
La danza è una geografia complessa in cui suoni, parole e movimenti collimano di continuo, tendendo verso la compromissione emotiva di chi la compie e di chi la guarda.
In particolare, nel raccontare la gestazione di questo lavoro, l’autore descrive Marta Ciappina come un’interprete singolare, capace di unire il rigore della sua personale gestualità tecnica a un’improvvisa emotività sanguigna, in piena disponibilità verso lo spettatore.
Lo stesso D’Agostin è diventato testimone dell’incredibile capacità della danzatrice di saper collocare e far vibrare nel proprio corpo i propri segreti:
La flessione di una sua mano evoca, da sola, il ricordo di un pomeriggio al sole, così come anche quello di un evento di grande impatto affettivo; con la sua particolare espressività, padroneggia conoscenze che riescono a trasformare le pagine del suo diario privato in una sequenza che rappresenta più di una danza.
Un viaggio coreografico a ritroso nella memoria, che esplora quel punto della vita che ha segnato in noi tutti il baratro creato tra un prima ed un dopo.
Info:
X edizione della rassegna di danza Resistere e Creare
Immagine di copertina:
Credits Gli Anni. Foto di Michelle Davis
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