Già vi abbiamo presentato l’intento nel primo articolo della rubrica (GENOVA ART TO DATE | Il caso Genova), ma cogliamo l’occasione per ribadirlo: la volontà di Genova Art to Date, allo stato attuale, è di raccogliere opinioni e suggestioni per uno sviluppo concreto della città dal punto di vista dell’arte contemporanea. Mescolando conoscenze ed esperienze per risalire alle origini dei problemi più importanti che vive la città e partendo da lì per costruire un ambiente nel quale stare bene e sentirsi a proprio agio.
Detta in altre parole, chiacchieriamo e ci confrontiamo: organizziamo piccoli tavoli informali per andare a fondo di alcune questioni importanti e tentiamo, poi, di ricostruire un quadro via via più preciso della situazione attuale dell’arte in città.
Oggi siamo con Willy Montini, attualmente gallerista di Stupendo — a space for art storytellers, e Caterina Gualco, gallerista di Unimediamodern.
Coppia interessante, oltre che scoppiettante, perché le figure di Caterina da una parte e di Willy dall’altra raccolgono la galleria di prima generazione più antica della città (Unimediamodern, all’epoca Unimedia, che ha inaugurato per la prima volta il 12 ottobre del 1970) e Stupendo, nuovo affascinantissimo spazio-galleria che non ha ancora compiuto un anno di vita.
Cosa ci raccontano Caterina e Willy su Genova, sul perché lei è rimasta a lavorare qui più di cinquant’anni e sul perché lui è tornato qui dopo una carriera felice all’estero?
Riuniti a casa di Caterina, bevendo caffè sotto lo sguardo vigile delle infinite opere appese alle pareti e poste sui ripiani, iniziamo a scaldare i motori e Caterina ci racconta che non tanto per il mercato dell’arte e per il lavoro ha deciso di fermarsi stabilmente a Genova, ma per esigenze di vita.
La nascita delle figlie e delle nipoti, gli affetti e i legami sono stati senza dubbio più forti delle difficoltà che ha incontrato nel tenere in piedi la sua galleria in territorio ligure. Le gallerie d’arte contemporanea non rientrano certamente nel novero delle attività più propulsive dell’economia cittadina, e — questo lo conferma Caterina — anche in passato la situazione non è mai stata poi così diversa. Il mercato è difficile, i genovesi sono perlopiù conservatori e il dialogo con le realtà istituzionali è sempre stato faticoso.
Quali che siano i motivi di queste criticità, forse competenza di sociologi o politologi, il fatto che c’è qualcosa che non funziona è sotto gli occhi di tutti.
Non è un caso che, comunque, per i galleristi e le galleriste che come Caterina hanno scelto Genova, sia di vitale importanza mantenere saldi rapporti con collezionisti e collaboratori di altre città. Va detto, però, appunto necessario su cui concordano Willy e Caterina, che a Genova l’innovazione non è del tutto inesistente, e che alcuni aspetti peculiari della nostra città sono di grande interesse.
Attacca Willy, che dopo una vita fuori Genova e perlopiù fuori Italia torna qui con entusiasmo e coraggio: la nostra città offre diversità e contrasti, e questa è una cosa preziosa. Willy, da personaggio dello spettacolo, mercante di arte e battitore d’asta che è stato, torna qui con il progetto specifico di una galleria unica sui generis spinto dall’interesse e dalla sfida di lavorare con questa diversità e questi contrasti, di scoprirli, di giocarci.
Quali sono nello specifico le difficoltà che incontrano l’arte e la cultura in città?
Caterina, scalpitante, orienta il discorso sulle responsabilità dell’amministrazione, e ci racconta della fatica di portare avanti istanze culturali nel nostro territorio. Il discorso non è solo legato alla poca disponibilità delle istituzioni a sovvenzionare alcuni progetti pubblici legati ad arte e cultura, ma il problema è anche più grande di così: anche volendo sorvolare sull’aspetto economico, resta l’interminabile lentezza burocratica, la mancanza di strumenti e iter amministrativi per realizzare cose semplici e totalmente di natura volontaria, come nel caso in cui qualcuno decidesse di donare il proprio archivio — e in questo caso parliamo dell’archivio di Unimediamodern — all’archivio del Museo d’Arte Contemporanea di Villa Croce, che sappiamo in quali terribili condizioni versa.
Mancano gli accordi, le procedure; l’amministrazione è impreparata ad accogliere — prima ancora che a gestire — nuove proposte, barcamenandosi faticosamente tra sicurezza e burocrazia.
Immaginare un grande cambiamento, qui ora, sic rebus stantibus, sembra quasi fantascienza.
E allora succede che iniziamo a trovarci tutti concordi nella narrazione che l’amministrazione non rappresenta la città, e di conseguenza succede una cosa un po’ ambigua, che a mio avviso [ndr] peggiora le cose invece che migliorarle: la variegata e eterogenea comunità dell’arte si trova ad agire in maniera autonoma, slegata, indipendente rispetto alle politiche culturali della città, e così facendo vengono individuati nei pochi baluardi di attività (attività in senso stretto) culturale e artistica, tra cui le gallerie in primo luogo, i paladini della cultura.
Ma le gallerie sono realtà private che giustamente portano interessi privati. Ricordiamocelo e non dimentichiamocelo, potrebbe essere utile.
Cosa manca veramente, grande assente sempre più assente, è un appoggio concreto, un sussidio vero al Museo d’Arte Contemporanea. Caterina conclude che Villa Croce, con Francesca Serrati, sta svolgendo un’attività ottima e quasi eroica, ma nei limiti delle opportunità che l’amministrazione consente: alla città serve un Museo pubblico dinamico, aperto, attivo.
Quali soluzioni riuscite a immaginare per un miglioramento della situazione attuale?
Qui si riaccende Willy, fortemente motivato a mettere sul tavolo quanto ha a disposizione per migliorare le cose.
Serve collaborare in maniera proficua e intelligente: serve attivarsi per trovare spazi di condivisione e confronto, e utilizzarli per costruire e incentivare una rete di molte realtà operanti nel campo dell’arte, non solo le gallerie private, ma le realtà non-profit, le istituzioni, la cittadinanza. Se è vero — ed è vero — che manca il ricambio generazionale, cioè che in parole povere sempre più giovani fuggono dalla città per cercare situazioni più favorevoli fuori, allora lavoriamo qui per costruire situazioni che siano interessanti, che motivino a rimanere o a venire a Genova.
È vero, ci vorrebbe un’altra amministrazione, ma poco alla volta si può provare a riunire le forze, e le voci, per instaurare un dialogo proficuo, equo e stabile con chi governa la città. Caterina Gualco e Willy Montini ci mettono la firma, oltre che le competenze e l’esperienza.
Vediamo come andrà a finire!
Immagine di copertina:
Casa di Caterina Gualco. Foto di Silvia Mazzella
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