Sebbene questi lunghi mesi sembrassero non avere fine, eccoci qui: nel 2021. Davvero, finalmente. Cosa ci riservi il primo anno del secondo ventennio è tutto da esperire, e Dio (o chi per lui) solo sa se sarà meglio o peggio di questo Venti-venti, che per molti è stato una prova davvero ardua.
Meglio o peggio, per noi di Wall:out, non fa differenza. Per tutte le persone che vivono la difficoltà come una sfida non fa differenza, perché il centro vivo dell’attenzione si mette a fuoco chiaramente su una sola domanda:
“Che cosa possiamo fare?”
E questa domanda, l’importanza di questa domanda, non è poca cosa. Per molti è un credo, una fede. Per noi che siamo adulti millennials è l’àncora che ci tiene legati alla realtà.
Non condividiamo – o meglio: aborriamo – gli auguri spassionati di un nuovo anno felice e senza preoccupazioni, una liberazione dalla pandemia, una nuova alba di spensieratezza e libertà. Auguri dannosi di reazione ai fastidi che ciascuno ha provato lo scorso anno, che trasformano per magia tutti i problemi, anche più differenti, in uno solo: il coronavirus, irrisolvibile giogo dell’umanità.
L’anno vecchio è finito ormai, ma qualcosa ancora qui non va. E allora?
Come sappiamo bene, fare di tutta l’erba un fascio è spesso indice di eccesso di approssimazione, in questo caso già in odore di “capro espiatorio”.
Ma non solo, sono auguri dannosi perché la condizione che abbiamo vissuto e stiamo vivendo non è come uno di quei fastidi passeggeri che ti avvelenano pochi minuti e poi puoi tornare alla normalità; è una condizione da accettare e con cui imparare a vivere una volta per tutte.
Noi adulti millennials a questo fatto eravamo forse più preparati di altri: siamo cresciuti cercando il nostro posto senza che fosse già dato, anche nei migliori casi di famiglia e condizioni economiche felici. Siamo abituati a trovare il centro in noi e non nelle circostanze, e perciò ci siamo dati da fare e ci siamo abituati a una vita nuova e alcuni sforzi in più senza eccessive resistenze.
Per molti di noi, a dire il vero, il famigerato Venti-venti è stato un grande anno, complice la mutata condizione causa-pandemia.
L’articolo che state leggendo vuole rendere onore, e giustizia, a un anno di grande energia che ci ha scosso tutti e ci ha permesso di realizzare cose grandi, inaspettate, bellissime. Al diavolo lo storytelling di “un anno di merda”.
Cosa è stato, anche, lo scorso Duemilaventi?
Già da gennaio è stata attivata l’Associazione The Black Bag, nata da idee di sostenibilità condivise tra una manciata di ragazzi sulle spiagge del levante genovese e diventata attualmente un grande progetto di rilevanza cittadina: The Black Bag organizza eventi di raccolta e smistamento dei rifiuti abbandonati sul territorio ligure e trova metodi alternativi di riutilizzo; promuove contenuti e attività che possano sensibilizzare le persone al problema ambientale e sostiene il networking tra le associazioni genovesi.
Poco dopo, a marzo, di pronta risposta alla prime avvisaglie di un anno che avrebbe concentrato vita sociale e culturale nell’universo virtuale, è nato Good Morning Genova, un network di comunità, una piazza virtuale, uno spazio di creatività, pensiero, informazione, approfondimento, cultura, intercultura e intrattenimento, che sfida la distanza fisica, le resiste.
Recentemente ha anche riattivato il suo canale Web Radio con interviste e approfondimenti, diventando così più grande e utile di quanto non sia stato precedentemente con il suo lavoro che lega informazione e collettività, offrendo – gratuitamente, non scherziamo – ai genovesi la possibilità di sentirsi uniti anche senza potersi riunire fisicamente.
Aprile è stato il mese più duro di lockdown e dati scoraggianti, e davvero molte sono state le iniziative di associazioni e realtà genovesi che sul web hanno fatto il loro.
Tra le mostre e i festival online l’Associazione Caruggi a Colori ha promosso un’asta di opere di artisti genovesi sui social network in favore della Croce Bianca Genovese per far fronte all’incremento di lavoro e spese, a cui hanno partecipato i progetti Mixta e Prisma Studio e le gallerie Entr’Acte e Lazzaro, tra le molte: un piccolo evento che ha segnato l’inizio di un networking fruttuoso tra le diverse realtà dell’arte contemporanea genovese.
Come i lettori esperti sanno bene, aprile per noi di Wall:out è stato il mese di battesimo.
(link al 1° articolo di wall:out)
Quali segreti scoprì in te il poeta che ti chiamò crudele, cantò Guccini riferendosi a The Waste Land di T.S. Elliot: uno dei mesi più duri di un anno duro, eppure, ne abbiamo un bellissimo ricordo. L’inizio di una strada che ci ha portato fin qui, lontano. La gioia di condividere, la soddisfazione di renderci utili e l’entusiasmo di trovare interesse e riscontro. È così che siamo cresciuti.
Da qui in poi una carrellata veloce: in estate, con le prime concessioni di boccate d’aria, è arrivata una nuova radiante edizione di Alle Ortiche Festival alle Serre di San Nicola, che ha felicemente coniugato cultura e ambiente. Contemporaneamente è nato il progetto Terzo Paesaggio, legato a doppio filo con Le Ortiche, che si definisce un percorso di proposte artistiche e culturali, l’autocostruzione di una compostiera di comunità per il quartiere, workshop e laboratori sulla sostenibilità ambientale.
Viene poi il turno di Code War Project, una tre giorni ottobrina di musica, arte e pioggia: una grande occasione di ritrovo che ha visto L’Ex Ospedale Psichiatrico di Quarto come luogo aggregativo – in sicurezza, vale ancora la pena di ripeterlo – e uno spazio di nuove possibilità giovani, brillanti e cool.
Pressochè contemporaneamente ha mosso i suoi primi passi il progetto partecipativo “A Borgo!” di due ventenni genovesi che sono partiti alla volta del centro Italia ricercando storie ed esperienze di sostenibilità e comunità che appartengono alla nostra tradizione, ma che possono essere ancora spunto di ispirazione per importanti rivoluzioni contemporanee.
Nello stesso tempo abbiamo assistito all’evento conclusivo del progetto #INSIEME a cui ha attivamente partecipato EdArte.
E ancora, sono nate tantissime nuove realtà non solo virtuali ma anche fisiche e concrete.
(Ci concentreremo un’altra volta sul fatto che le realtà virtuali come Wall:out in verità sono altrettanto fisiche e concrete)
Ad esempio il Librificio del Borgo, Librìdo, O Stafì. Moltissimi altri eventi, altre nascite o altri accadimenti sto dimenticando, altri sicuramente ancora non li conosco. Anzi vi invito a scriverci nel caso aveste da fare presente altri fatti positivi legati al fermento giovane genovese.
Tante cose e tanto fermento che esula dalla nota narrazione del nefasto anno della pandemia. Torniamo sempre a battere la testa sulla stessa questione: dobbiamo trovare un modo più efficace di raccontarci le cose.
Perché la parole creano e modificano la realtà, e vanno pesate e misurate attentamente, sempre in relazione all’obiettivo.
Ecco, dunque ci siamo: qual è l’obiettivo. Di certo non è starcene con le mani in mano ad aspettare che le sventure se ne vadano via così come sono arrivate. L’obiettivo deve sicuramente essere qualcosa di più vicino al darsi da fare per trasformare quelle che siamo abituati a definire sventure in nuove occasioni. Pare che questo Duemilaventi non sia stato niente male in questo senso, e dunque l’augurio parte da qui.
Allora caro amico, che siccome sei molto lontano, più forte ti scriverò:
Da me e dalla redazione di Wall:out, tanti auguri per un inizio di forza e responsabilità. Auguri per crescere sempre, e trovare sempre l’entusiasmo di darsi da fare.
Immagine di copertina:
Foto di Museums Victoria
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