Potrebbe esservi sfuggito, ma a Lavagna è in corso un festival di street art, musica di strada, arte partecipata. Si chiama Festivart, è alla sua seconda edizione, e si conclude il 20 luglio.
Il giorno dell’inaugurazione ufficiale ho avuto il piacere di scambiare qualche battuta con Ivan Tresoldi, direttore artistico, nonché poeta e artista milanese, in merito al festival meno chiacchierato della Liguria, partendo proprio da lì:
perché una manifestazione che raccoglie artistɜ da mezza Europa non ha la visibilità che ci si aspetta? Soprattutto poi se fortemente sostenuto dalle istituzioni locali?
“Perché il centro della manifestazione non sono i venti giorni di festival di per sé, ma la stessa città di Lavagna.”
Capisco subito che parlare con Tresoldi comporterà un continuo spostamento di focus: qui si fa arte in strada, con la strada, per la strada, ed è necessario rivedere i parametri della discussione intorno al concetto di evento.
Festivart è la forma più semplice che è stata trovata per comunicare un’operazione che non ha nulla a che vedere con l’eccezionalità, ma si colloca a pieno titolo nella sperimentazione di un nuovo modo di fare riqualificazione urbana, sociale e, perché no, economica.
Il progetto
La visione embrionale del progetto è nata sull’onda lunga dello sconvolgimento portato dal commissariamento del Comune di Lavagna per infiltrazioni mafiose nel 2017, che ha segnato il bisogno di ricostruire un tessuto sociale lasciato a se stesso e ricominciare a prendersi cura del territorio.
I primi passi risalgono alla fine del 2019, quando l’idea di portare un gruppo di muralisti in città non era stata accolta con calore all’unanimità; dopo lo stop forzato della prima metà del 2020, Tresoldi e lɜ suɜ colleghɜ muralistɜ si sono introdottɜ in città e hanno iniziato a lavorare sull’arredo urbano, assumendosi la responsabilità non solo della tessitura di un dialogo con Lavagna, ma anche rispetto all’organizzazione stessa della manifestazione, con tutte le difficoltà che la pandemia ha comportato.
Anche qui, giocando con la prospettiva, si è deciso di non creare un evento di grande richiamo, ma di operare a stretto contatto con il contesto locale: lɜ artistɜ sono statɜ invitatɜ in residenza, hanno lavorato negli spazi loro dedicati, hanno poggiato le basi per una rete di collaborazioni che già quest’anno sta dando i suoi frutti.
È nata in sordina Festivart e la sua intensità è inversamente proporzionale al rumore che produce.
Un’intensità che è stata recepita subito dalle istituzioni, che, superando la diffidenza dell’edizione 2020, si sono prodigate affinché aumentasse il budget di produzione, chiamando anche sponsor privati a sostenere il progetto. Hai visto mai.
Passeggiare tra il porto e i caruggi nei giorni dell’inaugurazione è stata una festa di artistɜ visivɜ, performance, incontri, musica. Sebbene non tuttɜ lɜ lavagnesi abbiano accolto a braccia aperte la manifestazione (siamo pur sempre in Liguria!), si percepisce quanto tutto si svolga di concerto, sottilmente, senza trambusto. Non è solo una questione di abilità organizzativa, discrezione o studio.
C’è un principio di base che incardina la progettualità di Festivart e che ha a che fare con la comunità artistica che si vuole installata a Lavagna: ogni anno il parterre di artistɜ in residenza si allarga, confermando lɜ partecipanti all’edizione precedente e aggiungendo nuova linfa con ulteriori inviti.
In questo modo, “tutto quel bagaglio di esperienza, di sensibilità e anche di produzione non va disperso” e nel tempo la rete di relazioni sul territorio dovrebbe farsi man mano più solida, radicata.
La popolazione
Non posso, a questo punto, che chiedermi quale sia la relazione effettiva della popolazione locale con tutte queste belle intenzioni. Ancora una volta, con una svolta a U, Ivan mi risponde:
“Per una volta, la domanda che ci dobbiamo fare è: quanto noi piacciamo alla gente del luogo? È quasi più interessante capire se gli autori sono stati capaci di una dialettica con la cittadinanza, piuttosto che capire come la cittadinanza ha accolto gli autori. Questo sembra la stessa cosa, ma sposta il baricentro della legittimità dell’attenzione.”
In breve, nel 2020 Lavagna ha risposto con una certa difficoltà al passaggio dellɜ muralistɜ, che si sono confrontatɜ con una realtà di provincia, ancorata a un illustre passato da rimpiangere, nella regione più vecchia d’Italia: insomma, non una passeggiata.
C’è un altro dato, però, da tenere in considerazione: costruire una comunità significa anche metterla in condizione di sopravvivere, anche (e soprattutto) a festival terminato.
Ergo, è necessaria una rete economica che stringa i rapporti tra ospiti e ospitanti. In questo senso, Festivart è concepita come una sperimentazione silenziosa su più fronti. Fare in modo che l’approvvigionamento di materiali e risorse si basi sul mercato locale è vitale per lɜ artistɜ ed è un ovvio vantaggio per lɜ commerciantɜ.
È necessario sottolineare quanto la direzione artistica abbia puntato su questo punto programmatico, visto che avrebbe potuto tranquillamente rivolgersi a forniture amiche o sponsor tecnici, e che invece ha scommesso su un’idea di sostenibilità economica che da una parte renda giustizia al lavoro dellɜ artistɜ coinvoltɜ e dall’altra tenga le fila di un rapporto di buon vicinato con lɜ carɜ vecchiɜ liguri.
Assenza di comunicazione
L’esplorazione di questa dimensione ultralocale è la cifra più interessante di tutta la manifestazione, ma inconsapevolmente ricalca un limite così tipico della nostra regione che faccio fatica a tenere a mente la provenienza lombarda del suo direttore.
L’assenza di una vera e propria comunicazione intorno al festival, anche solo a livello provinciale, da una parte mette i proverbiali bastoni tra le ruote alla sua finalità ultima: difficile concepire una comunità che non vive di rapporti all’esterno della propria bolla, che sia geograficamente, generazionalmente o artisticamente determinata.
Avendo capito da dove proviene la decisione di rinunciare allo strillo, e tenendo presente quel bisogno un po’ snob di sentirsi antagonistɜ o fuori-dal-sistema tipico dell’arte di strada, il portato quasi domestico del festival contribuisce a un’atmosfera ricercata e decisamente artsy – ciò che non ci si aspetterebbe dal Tigullio, in pratica.
Festivart è senza dubbio un unicum rispetto al panorama di festival culturali cui siamo abituatɜ e l’invito è ad andare a visitare Lavagna fintanto che lɜ artistɜ sono all’opera.
Galleria
Immagine di copertina:
Inaugurazione e Walls of Milano. Foto di Corinna T.
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