Un luogo eterotopico, una città nella città, dove la salute mentale convive con l’arte e la cultura: quello dell’Ex Ospedale Psichiatrico di Quarto è stato un lungo processo di deistituzionalizzazione, guidato da un grande protagonista della rivoluzione basagliana come Antonio Slavich. Il manicomio andava aperto alla cittadinanza, promuovendo l’integrazione sociale degli utenti psichiatrici attraverso l’incontro, la partecipazione e l’arteterapia.
Attività che va avanti ancora oggi attraverso l’Istituto delle Materie e delle Forme Inconsapevoli (IMFI) fondata proprio da Slavich con l’artista genovese Claudio Costa. Un’eredità storica e culturale forte che va preservata e valorizzata, figlia della lotta allo stigma che ha trasformato il nostro modo di concepire il confine tra il sano e il malato.
Purtroppo, il futuro di questi spazi non è mai stato chiaro e non lo è tutt’ora. A confondere è principalmente la pluralità degli attori in campo e il loro atteggiamento spesso contradditorio, in primis quello del Comune di Genova. L’amministrazione attuale ha preso le distanze da ciò che era stato fatto dalla giunta precedente in favore della riqualificazione dell’ex ospedale psichiatrico.
Un iter lungo e faticoso, promosso e stimolato dalla cittadinanza attiva, aveva portato ad un Accordo di Programma che sanciva l’impegno del Comune nel riattivare alcuni padiglioni per implementare le funzioni socio-sanitarie e culturali.
L’Accordo di Programma (PDF), firmato da ASL3, Comune di Genova, Regione Liguria e Arte nel 2013, prevedeva che le funzioni sanitarie venissero mantenute e potenziate con la realizzazione di una “cittadella della salute” del levante.
Il Comune di Genova, invece, sarebbe diventato proprietario dei padiglioni centrali (tra cui il padiglione 21, oggi “Spazio 21”) per sviluppare un polo culturale che comprendesse le attività dell’IMFI e del Centro Basaglia (il centro diurno socio-integrativo degli utenti psichiatrici). Ma a prevalere, negli anni, è stata la stasi tipica di quei processi di innovazione sociale che prevedono la mobilitazione di risorse pubbliche.
A giugno 2017 (fatalmente, in concomitanza del cambio di giunta) la società civile ha fatto uno sforzo ulteriore, anticipando l’amministrazione: sono state aperte le ex cucine, rinominate “Spazio 21”, attraverso l’impegno di ragazzi, utenti, operatori e associazioni che hanno supportato la causa, dove sono state prodotte mostre, spettacoli teatrali, convegni, eventi musicali e tanto altro.
Questo spazio, situato esattamente al centro del reticolato formato dalla struttura ottocentesca del complesso, è il potenziale luogo di aggregazione e integrazione che mette in relazione le diverse funzioni della struttura: quella sanitaria, portata avanti da ASL3, quella socio-lavorativa del Centro Sociale Quarto che integra gli utenti psichiatrici nell’attività del bar, quella culturale delle associazioni che hanno coinvogliato lì dentro la loro progettualità e quella di arteterapia supportata dall’IMFI.
La salute e la cura vengono affiancate dall’attività culturale, creando prospettive di scambio e ibridazione, in favore di un nuovo concetto di cura sociale, che promuove l’autonomia degli utenti e la loro integrazione, che stimola nuove forme di espressione artistica e mantiene in vita il progetto di riqualificazione.
E, guardando in prospettiva, si può scorgere anche il potenziale economico: attività di spettacolo, formazione per la cittadinanza e progetti socio-integrativi sono solo alcune tra le attività che possono creare valore. Insomma, una vera fucina di senso civico e una palestra per rinforzare l’autonomia individuale. Un’opportunità per la città e per chi vive dentro alla struttura.
La sostenibilità del progetto dovrebbe essere quindi una questione di interesse pubblico, tenendo conto della natura del luogo e il potenziale benefit che la società potrebbe trarre dalla valorizzazione di questo bene.
Dal 2017 ad oggi l’impegno preso da ASL3 con l’accordo di programma si è concretizzato nella costruzione della “cittadella della salute”. I lavori si sono conclusi da poco, ma nel frattempo il Comune di Genova non ha fatto altro che allontanarsi, disinteressandosi totalmente dei padiglioni ad esso destinati, proprio quelli legati all’attività dell’IMFI, del Centro Basaglia e dello Spazio 21.
Nonostante le pubbliche affermazioni, è evidente che l’attuale amministrazione non crede in questo progetto. E la paura è che con il diffuso timore sociale e con l’oblio che questa crisi si lascerà dietro la rigenerazione dell’ex ospedale psichiatrico finirà del tutto nel dimenticatoio. Ma nuovamente, saranno i cittadini a vigilare su questo bene pubblico, a nutrire l’immaginario della città, a dimostrare che luoghi come questo sono necessari alla comunità perchè sfidano il senso comune, ridefiniscono la nostra idea di socialità, proiettandoci nel futuro.
Immagine di copertina:
CODE WAR, Francesco Bartoli Avveduti
Scrivi all’Autorə
Vuoi contattare l’Autorə per parlare dell’articolo?
Clicca sul pulsante qui a destra.