Siamo alla vigilia della XIV edizione di Electropark 2025, il festival di musica elettronica e di arti performative di Genova, festival internazionale e intersezionale; non solo per le undici nazionalità differenti che compongono il programma artistico, non solo perché attraverso la musica si racconta l’incontro etnico, di genere, di autodeterminazione e di sensibilità.
No, si tratta di un festival internazionale e intersezionale perché racconta il mondo, in tutta la sua semplicità e ferocia atomica.
Shared Brilliance
Il titolo di questa edizione “SHARED BRILLIANCE” parte da un libro di Alexis Pauline Gumbs, poetessa nera americana che si è occupata di trovare punti di contatto tra uomini e mammiferi marini, attraverso la comunicazione e le pratiche di socialità “Brillantezza condivisa”, letteralmente; corpi che emanano una luce che, rimbalzando l’uno sull’altro, aumenta ma senza accecare: è una luce che scalda, che dà la vita, che di tutte quelle luci ne fa una sola, vitale. Fotosintesi.
Primo prologo
Dal 30 maggio al 1° giugno c’è stato un primo prologo, fatto di esibizioni, performance, lezioni e situazioni che hanno fatto incontrare la natura underground del festival con linguaggi artistici ibridi e interdisciplinari.
Ho partecipato alla masterclass “Smontare il potere sistemico, il privilegio e l’identità”, tenuta da Marcelina Oosthoek e rivolta alla frammentazione della società; una lezione all’interno della quale abbiamo usato i nostri corpi per comprendere i temi della diversità, dell’equità, dell’inclusione e dell’appartenenza, di come il potere, il privilegio, il razzismo, hanno caratterizzato il nostro DNA sociale, facendoci rispondere automaticamente rispetto ad alcuni impulsi.
Qualcuno di voi ha mai provato a camminare come quando aveva 7 anni? O come se fosse il CEO di Microsoft? O, con enorme difficoltà, naturalmente?
Il giorno dopo sono stato in giro per il centro storico con la performance “Swarm Genoa”, una sorta di discoteca diffusa dove le coreografie e le ricerche degli artisti Simomo Bouj e Floor van Leeuwen hanno portato un centinaio di persone a ballare per i vicoli di Genova, con cinquanta casse bluetooth sincronizzate.
Un’esperienza gioiosa e rivoluzionaria: portare la musica in ogni anfratto del centro storico è un atto di bellezza, di vera sicurezza urbana perché la musica, e soprattutto la danza, risignifica ogni spazio.
E i giorni dopo sono successe tantissime cose, tantissimi eventi, esibizioni folli e circensi, drammatiche e liberatorie.

Secondo prologo
Fino al secondo prologo, quello dal 12 al 15 giugno, dentro il Teatrino di Palazzo Ducale, un luogo dove è bello anche solo aspettare che accada qualcosa.
Lì, i musicisti Tobia Paltrinieri e Alessandro Cau hanno ricordato il musicista statunitense Miles Cooper Seaton, con l’installazione-performance “Transient Music #2”, uno spazio contemplativo, emotivo e temporaneo.
Questo è un prologo, quindi non credo di aver altra scelta, se non sdraiarmi sul legno, svuotare le tasche e togliere l’orologio: voglio essere distante, lontano da tutto ciò che mi trattiene, lasciare lo scoglio e abbandonarmi all’insicurezza del mare.


Una piccola fine del mondo, di venti minuti e quarantadue secondi. E poi?
Ora.
Trascendo. Risalgo. Scendo. Vengo. Torno. Esercizi di rilassamento.
Guardo l’interno di questo teatrino, le sue strutture ossee, i mattoni, le travi in legno, tendini e legamenti. Sono nella pancia della balena ma la balena sono io. Sono dentro la mia pancia.
Le paure sono contratture o contrazioni, e contrazioni, fuori tempo; fuori, ritmo.
I sogni sono amici e persone in questo teatrino, sto presentando il mio lavoro e non sudo, stiamo bene come a tavola.
Cos’è una trascendenza? Cos’è un prologo?
Una spiegazione spegnerebbe tutto, come accendere la luce dentro a un cinema: qui siamo prima dei discorsi, prima dei ragionamenti, prima delle parole.
Preistoria delle sensazioni, musica dentro questa gabbia toracica di cetaceo, libera grammatica di fluidi. I suoni brillano quando incontrano un corallo, una sogliola, un bambino impaurito che guarda il fondo, ogni minuto un po’ più in basso.
Inizio e fine si aprono con rumori di persone (in un bar, in un ufficio, in coda a una mostra).
Poi, prima della fine, la distruzione, la guerra, l’abbandono dell’amore. Litigare senza risolvere. Non esiste amore senza relazione, ma la prima relazione necessaria è con noi stessi.
Trema il corpo, trema la cassa, trema la gabbia. I muscoli sono appesi, la mandibola cede, le gambe poggiano su un letto di vibrazioni.
Torno all’ultima volta che sono stato davvero libero, nello spazio e nel tempo. All’ultima volta che sono stato della stessa forma di tutti gli altri, come tutti gli altri, possibilità, prima ancora di categoria: uomo, bianco, etero, impiegato, vegetariano, buono, ricco, stupido, bugiardo.
Sono dentro la mia pancia.
Sono uno spermatozoo.
Mi sono concepito.
Fine del prologo.

Perché le luci viste da lontano brillano in un tremolio?
Perché tra noi e loro c’è l’aria, il vento, il calore. C’è il mondo tra una luce e l’altra. Non è instabilità, non è il freddo, è la vita che corre e attraversa i corpi. Una costellazione, un tarocco, una transizione.
E tutte queste luci, e tutti questi corpi, non ci bastano per essere quotidianamente felici del giorno e della notte?
Dal 10 al 13 luglio 2025, Electropark 2025 SHARED BRILLIANCE, di giorno e di notte. Insieme, ognuno con la sua luce, ognuno con il suo buio.
Immagine di copertina:
Casse e colori nel Teatrino di Palazzo Ducale. Foto di Mattia B.
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