Le palpebre si toccano appena, con frequenza irregolare. Un poco per il vento, che taglia come luce, in un cielo faticoso e denso; come il lago su cui siede. Un poco per la veglia, indecisa tra la notte e il giorno; se spariscono i profili, o è buio o è sonno.
Dietro a quell’uomo c’è un piccolo bosco. Dietro a quell’uomo c’è una lunga strada. Dietro a quella strada c’è un grande bosco, fatto di lentiggini lacustri e un enorme silenzio. Di tutto questo, quell’uomo sente solo la pausa dell’asfalto, il resto lo sa, per genetica.
Tutto è bosco e silenzio, e laghi, e diradati bagliori.
Qui un rumore è eccezione (case e voci, roccia e soli). Il suono è l’ostacolo di una vibrazione. Intorno alla testa di quell’uomo vibrano gli alberi, trotta a velocità regolare un cavallo pneumatico, si apre e si chiude, come diaframma, un sipario di luce.
Collegamenti.
Poi l’improvviso:
Gli occhi vomitano dal cranio magro. Si illumina il vuoto. Un alce investito. Un urlo dipinto. Una felicità piatta. Come quel bosco, come quei laghi, come SKRIK.
Serve un impatto, serve il rumore, rompere il silenzio per metterlo in cornice. Serve un alert, serve il fastidio di una puntura all’orecchio, è l’ago a 50Hz di una canna che tocca la superficie di un lago.
Serve un impulso elettrico, amplificatonellacassadirisonanzadiunuomochesadiesistereperchéilcuorerimbalzatraorgasmoepaura, ma serve. Una pausa.
È forse il suono di un imaging a risonanza magnetica, forse la proiezione cinematografica di un delirio onirico, forse uno spazio di geologia sentimentale come se Freud avesse studiato i totem e i tabù con un ecografo in mano.
E allora oggi si studierebbe geografia emotiva, i disturbi sarebbero profughi di sé e la terapia un corridoio umanitario.
Quell’uomo ha richiuso gli occhi. Per sempre. Li riapro io.
Quanto è importante il luogo in cui facciamo cadere un’emozione?
La risonanza, in acustica, è il fenomeno per cui una sorgente sonora, inizialmente in silenzio, può entrare in vibrazione se è investita da onde sonore di frequenza uguale o quasi uguale a quella sua propria.
RESONANCES è il titolo della tredicesima edizione di Electropark e “The Museum of Sound” è una reliquia di suoni descrittivi che gli artisti Tommi Grönlund e Rikke Lundgreen (che ringrazio per il tempo e per le parole che mi hanno dedicato) consegnano al mondo.
È il mondo di Mika Vainio, colonna sonora delle emozioni e, quindi, musica universale.
Immagine di copertina:
Rielaborazione del disegno del Teatrino di Palazzo Ducale realizzato da Tommi Grönlund
Scrivi all’Autorə
Vuoi contattare l’Autorə per parlare dell’articolo?
Clicca sul pulsante qui a destra.