Ecco Pilleurs de Terre: uno schiaffo cinematografico, tra impegno e denuncia

Ecco Pilleurs de Terre: uno schiaffo cinematografico, tra impegno e denuncia

Sta arrivando un lungometraggio che ci mostrerà ciò che non vogliamo vedere del sistema economico-industriale contemporaneo. C’è anche un po' di Zena in regia. Ne parliamo con Alex Chellali.
3 Novembre 2024
8 min
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“E’ tanto, troppo tempo che non scrivo un pezzo per WallOut”.
Mi addentro con questi pensieri in testa nelle viuzze del centro storico, per avviarmi verso Piazza delle Vigne.

Mani in tasca, passo accelerato, non voglio arrivare in ritardo. L’odore delle storie buone, però, in questo caso l’ho captato da troppo tempo per tirarmi indietro. Ne sono convinto, sarà un incontro da cui usciranno discorsi e visioni che mi faranno vibrare l’anima.

Entro nel palazzo indicatomi. Ascensore fino al quinto piano, poi tutto a sinistra.

Mi ritrovo in uno studio di registrazione. Luci soffuse, colori, tanti oggetti, scaffali pieni. Stickers, cavalletti, computer e light ring. L’atmosfera è a metà tra il bohémienne e il cyberpunk, viene voglia di parlare di filosofia e di militanza politica.

Invece Alex inizia a raccontarmi di come decise di intraprendere un’esperienza in Togo in solitaria, nel 2016. Lo fa con una birra fresca da 66 davanti, il cappellino in testa e l’aria di chi ha tanti punti da collegare.

Gli faccio un cenno con la mano per fermarlo, accendo il microfono. Okay, ora si può partire. Anche stavolta si finirà a parlare di politica e filosofia, già lo so.

Alex e Paloma

Alex Chellali, classe 1995, è un videomaker e fotografo da diversi anni ormai.

Nato da padre algerino e madre francese, vive stabilmente a Genova, dove è cresciuto e si è formato. Gli interessi e il lavoro, tuttavia, lo hanno portato spesso ad allontanarsi dall’Italia, per registrare e documentare.

Oggi, il suo sogno più grande è quello di diventare documentarista a tempo pieno. Sono qui per questo, del resto. Per ascoltare da lui le origini, le fatiche e gli obiettivi di un progetto che potrebbe avere un forte impatto. Per chi lo ha creato, per chi ne fa parte e (anche) per chi potrà osservarne il risultato.

Pilleurs de Terre – questo il titolo – sarà un lungometraggio di circa un’ora e mezza. 

Sarà in lingua francese, ma sottotitolato pure in inglese e in spagnolo.

Verrà prodotto in maniera del tutto indipendente, grazie soprattutto a un crowdfunding attivato qualche giorno fa.

Si tratta di un lavoro documentaristico realizzato da Alex Chellali e Paloma Escobar. Lui, lo abbiamo già detto, italiano di origini franco-algerine; lei franco-cilena, stabilitasi però a Barcellona. Un puzzle di storie già a partire dalla regia, insomma.

Pilleurs de Terre

Pilleurs de Terre è un’espressione che può tradursi con Land Grabbers. Letteralmente, in italiano, significa “accaparratori di terra”.

Si indicano con questa formula aziende multinazionali o altri attori politico-economici, capaci di sottrarre per fini industriali i terreni sui quali vivono e si sostentano intere popolazioni, per lo più minoranze etniche in condizioni di fragilità.

Il fenomeno comprende una vasta gamma di comportamenti scorretti, che in molti si spingerebbero a definire criminali, senza tanti giri di parole.

Si va dalla corruzione nei confronti dei governi locali alla distruzione degli ecosistemi, dall’acquisizione di terre senza il consenso degli abitanti all’allontanamento forzato di comunità umane e animali stanziali, dalla scarsa trasparenza nelle trattative all’assoggettamento delle famiglie secondo schemi neo-coloniali.

Tutto il lavoro di documentazione, mi spiega Alex, è rivolto in particolar modo a denunciare le pratiche portate avanti da una enorme holding francese: il Groupe Bolloré.

Mentre le riprese presenti nella pellicola si concentrano con particolare riguardo a due contesti geografici assai lontani tra loro: il Camerun meridionale e la Cambogia. 

Partiamo dall’antagonista di tutta la storia, quindi.

Groupe Bolloré

La Bollorè nasce già nel 1822 nella periferia di Parigi, e dopo oltre 200 anni può essere considerata una delle aziende più importanti d’Europa.

Inquadrarne il core business è assai complesso, poiché ad oggi si occupa di svariati settori: dai media alla logistica, dalla gestione di infrastrutture strategiche ai trasporti.

Da un punto di vista politico e comunicativo, negli ultimi anni il gruppo ha intrapreso una decisa virata verso la destra francese di stampo populistico, influenzata in questo dalle scelte e dagli ideali della sua figura più rappresentativa: Vincent Bolloré.  

Lui o chi per lui sa di questo progetto?

“Assolutamente sì, abbiamo avuto problemi soprattutto in Camerun, con persone che erano state avvisate prima del nostro arrivo.

Abbiamo contattato diverse personalità, anche in Europa, ma non hanno voluto parlare poiché si toccavano gli interessi dell’azienda in questione. Anche per questo motivo, non ci andava di chiedere dei fondi a una RAI o chi per essa, perché ciò avrebbe comportato tutta una serie di limitazioni riguardanti quanto avevamo raccolto e testimoniato nel corso del tempo.

Inoltre non volevamo attirare troppo l’attenzione, anche se poi è arrivata lo stesso. Abbiamo quindi attivato un crowdfunding per sostenere le spese di viaggio, di produzione e di distribuzione”.

Il progetto è iniziato 5 anni fa con l’idea di Paloma, dopo alcune esperienze vissute in Cambogia. Successivamente si sono conosciuti e hanno deciso che fosse possibile iniziare una collaborazione insieme, a partire dal 2021.

Da allora hanno viaggiato due volte in Camerun (nel 2022 e nel 2023) e poi in Cambogia, nel maggio 2024. Inoltre, questo periodo ad alta intensità è stato completato con diversi appuntamenti europei, a causa di interviste realizzate in Francia, in Svizzera e in Austria.

Pilleurs de Terre racconta di questi viaggi, degli incontri avuti con le popolazioni locali e del volto nascosto e predatore del capitalismo di marca europea.

Il Camerun meridionale e la Cambogia

L’indagine approfondita ha permesso di avvicinarsi ai pigmei e ai bulù in Camerun e ai bunong in Cambogia. Si tratta di minoranze etniche locali, spesso discriminate e in posizione di fragilità politica anche all’interno degli stessi Stati.

Uno dei problemi maggiori, mi dice Alex, è che “stanno perdendo le loro radici”, all’interno dei contesti naturali in cui vivono da sempre. Pronuncia un’espressione davvero curiosa: definisce alcuni pigmei come “i senzatetto della foresta”.

Sono costretti a vivere in capanne costruite all’interno di determinate aree. Quelle zone boschive vengono successivamente travolte, comportando continui spostamenti di popolazione.

Tali comunità umane, pertanto, si trovano in uno stato di semischiavitù, spendendo tra l’altro gran parte dei pochi soldi in alcol e sostanze, e provando a provvedere al proprio sostentamento grazie agli ultimi orti rimasti nella loro disponibilità.

Una sintesi asciutta, secca, che non offre spazio ad edulcorazioni.

Per rafforzare il concetto, decide di mostrarmi alcuni frame delle riprese condotte nel Camerun meridionale.

Le immagini mi trascinano all’interno di un villaggio composto da alcuni ripari di fortuna, durante un forte temporale. E’ pieno giorno, si sentono il rumore della pioggia, i rombi dei tuoni e un chiasso generale.

Dentro una delle capanne, tra tamburi e altri oggetti improvvisati, gli abitanti iniziano a cantare e a ballare. Praticamente tutti stanno bevendo alcolici ad alta gradazione; adulti e bambini, la maggior parte visibilmente ubriachi.

Spintoni, grida, risate sguaiate, versi.

Alex si è trovato a testimoniare una scena che evidentemente si replica spesso. “E’ stata una delle esperienze che mi hanno segnato di più in assoluto”, aggiunge.

Una scena dove la povertà assoluta e la mancanza di ogni potere contrattuale si mischiano con l’assuefazione alcolica e la perdita dei tratti umani.

La maggior parte delle persone in Camerun ha venduto la terra, chi non l’ha fatto se l’è vista sottratta. “Qui l’idea di proprietà privata ha un peso specifico diverso”, sottolinea.

Nella visione occidentale la diamo per scontata, ma in alcune zone del pianeta le terre e ciò che esse producono appartengono sostanzialmente a chiunque abiti il paesaggio.

Mentre si trovavano sul posto, a tal proposito, Bolloré è stato condannato a versare 140mila euro per l’emissione di falsi titoli del catasto, che si somma ad un’altra causa persa per aver provocato danni ambientali.

Una domanda che sorge spontanea, allora, è la seguente: per quale motivo questi terreni vengono sottratti?

Il principale obiettivo è rappresentato dall’inserimento di enormi piantagioni. In Camerun per la produzione intensiva di olio di palma e in Cambogia per quella di hevea, utile per la filiera della gomma.

Tutto ciò comporta gravi conseguenze per la flora e la fauna dei territori coinvolti, oltre che, come detto, delle persone che sono nate e cresciute lì.

Il filo rosso di Pilleurs de Terre viene portato avanti da due attiviste locali.
Due voci, due volti, due paia di occhi. Samin Ngach in Cambogia e Berangere Nankara in Camerun.

Sono entrambe direttamente coinvolte e impegnate nella lotta contro il land grabbing, per il riconoscimento dei diritti delle popolazioni bunong e pigmee. I loro punti di vista, i loro sguardi, le loro parole, sono squarci che tagliano, per mostrarci alcuni dei lati più oscuri e carichi di sofferenze del sistema socio-economico prosperato negli ultimi decenni.

Un’altra figura che emerge con forza è quella di Fiodor Rilov, avvocato francese che si occupa di diritti sociali.

E’ stato lui a rappresentare oltre 140 camerunensi a Nanterre, in una causa intentata contro Socapalm e Socfin, due  società di cui Bolloré è azionista.

Il processo, svoltosi nel 2023 per chiarire le dinamiche di land grabbing creatisi in Camerun, ha visto la Bolloré perdere, creando così un precedente rilevante. La holding francese è stata costretta a pagare un risarcimento di 140mila euro ai querelanti.

Anche Fiodor apparirà in Pilleurs de Terre, per offrire il suo punto di vista informato riguardo questa complicata e dolorosa vicenda.

Che tipo di impatto ti piacerebbe che avessero le immagini e le interviste che mostrerete con la vostra pellicola?

A questa domanda Alex mi risponde di voler stimolare una reazione militante, poiché di un lungometraggio militante si tratta. Per via della totale indipendenza del progetto, che proverà a diffondersi e a promuoversi dal basso, ci si appoggerà a una vasta rete di associazioni, centri culturali e realtà di vario tipo vicine ai valori e agli obiettivi dei due registi.

Questo avverrà a partire dalla Francia, ma c’è il desiderio di voler presentare il lavoro anche presso il pubblico italiano, probabilmente meno consapevole dell’operato di Bolloré. 

Nel budget che si sta tentando di raccogliere attraverso il crowdfunding rientrano anche le probabili spese legali che dovranno essere affrontate dal momento della pubblicazione in poi. Eh sì, perché il lavoro di cui si sta parlando ha tutte le carte in regola per dare una spallata notevole a un sistema politico-industriale predatorio e apparentemente impunibile.

Si tratta di una missione impegnativa e coraggiosa, che vedrà coinvolti prima di tutto Paloma Escobar e Alex Chellali, oltre ad altre persone coinvolte lungo il percorso:

“Insieme a noi, hanno lavorato attivamente al progetto diverse figure, nella produzione e nella gestione dei contatti. Inoltre bisogna ringraziare le nostre famiglie, che ci hanno dato una grossa mano in questi anni”.

Chiudiamo

Finisce la chiacchierata tra noi, durata oltre un’ora e mezza.

Spengo il microfono e iniziamo a parlare di come si potrebbe contribuire, come società e come collettività, a contrastare dinamiche di land grabbing che accadono dall’altra parte del mondo.

Le sue risposte sono piuttosto negative, si è creato a suo parere troppo divario di potere tra i decisori di simili aziende e il resto delle popolazioni.

Questa impotenza si riverbera anche in tante situazioni di attualità geopolitica, tra conflitti, sperequazione delle risorse naturali e feroci lotte ideologiche. Ne fa un discorso molto ampio.

Io aggiungo però che prima di tutto, per poter pensare di affrontare una evidente stortura del sistema, sia utile conoscerne i dettagli e soprattutto le conseguenze meno piacevoli.

Ecco perché Pilleurs de Terre potrebbe esercitare una presa di coscienza dirompente nei prossimi mesi.

Perché racconta, perché scava, perché mostra, perché denuncia. Dopodiché ci si potrà fare un’idea più informata sui fatti, meno inconsapevole, meno ingenua, meno tranquillizzante. 

Alex Chellali, occhi e sangue genovesi, è pronto a intraprendere questa sfida, a farsi aedo di una narrazione che sferzerà gli animi e accenderà riflettori e dibattiti.

E’ stato un onore poterne parlare su Wall Out: Magazine. L’odore delle storie buone, questa volta, non ha tradito per niente.

Immagine di copertina:
Immagine gentilmente concessa dall’autore, Alex Chellali


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