Autodifesa femminile Kung Fu

Differenza di genere e autodifesa: la lezione delle arti marziali

A partire dall'autodifesa per finire con Yin e Yang, l'abc per un nuovo sguardo sulla differenza di genere.
11 Marzo 2022
6 min
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Per tutte le volte che ci capita di sentirci indifese e in pericolo per via della prepotenza di un uomo, per tutte le volte che per strada sentiamo salire la paura o anche solo il disagio di essere osservate, seguite; per tutte quelle volte che il sistema nel quale viviamo non ci garantisce la serenità di essere tutelate, esiste uno strumento fisico e psicologico che ci permette di costruirci in prima persona la sicurezza e la serenità di essere meno vulnerabili.

Non intendo rassegnarmi al fatto che la violenza di genere non possa o non debba essere combattuta nelle maglie di un sistema più patriarcale e maschilista di quanto ancora comunemente si creda, e perciò neppure intendo responsabilizzare la donna individuando per lei una strategia di difesa di cui si deve servire in maniera individuale e indipendente senza mettere a tema l’ingiustizia della situazione in cui si trova: il tema della violenza di genere è già stato trattato e discusso in #Patriarcout e su wall:out, perciò oggi mi prendo la libertà di concentrarmi su un argomento che mi sta particolarmente a cuore e che credo sia sempre troppo poco considerato.

La potenza delle arti marziali.

Poche volte nella vita, fortunatamente, mi è capitato di trovarmi in situazioni di violenza di genere, sia fisica che simbolica, ma per quelle volte che mi è capitato, ringrazio di aver studiato e praticato Kung Fu.

A tu per tu, nel buio della notte, con un uomo di trent’anni più grande e più forte di me, non avrei creduto di avere la forza di sottrarmi. Per due volte invece, in situazioni analoghe, ne sono uscita illesa e lucidamente tranquilla grazie alla sicurezza che ho guadagnato praticando l’arte marziale e conoscendo le possibilità e i limiti del mio corpo.

Non è stato quasi mai necessario, per me, arrivare alla difesa con colpi e tecniche, perché il solo negarsi con fermezza e sicurezza è bastato a spiazzare le persone che avevo davanti. Solo una volta mi è capitato di dover colpire per difendermi e liberarmi, ed è stato sorprendentemente efficace.

In un mondo che ci vede ancora attraverso lo stereotipo della ballerina, bambola graziosa ed elegante, ragazza-oggetto in movimento con l’unico obiettivo di essere guardata e desiderata, la migliore risposta che possiamo dare è spezzare questa immagine falsa e sminuente: non oggetti passivi, ma corpi attivi, forti, consapevoli. 

Ecco un piccolo assaggio degli innumerevoli mezzi che offrono le arti marziali, in particolare il Kung Fu, per approcciarsi con meno disagio a situazioni di violenza di genere.

Autodifesa

Poiché ancora in attesa che la nostra lotta al patriarcato sortisca nuovi risultati sul fronte violenza di genere, homo — domina, meglio — faber fortunae sui, e perciò corriamo ai ripari per assicurarci da sole la sicurezza che ci meritiamo e che senza dubbio il malintenzionato non si aspetta. Tenendo conto di alcuni preziosissimi aspetti.

Il nostro corpo è un’arma: ogni parte del nostro corpo può essere utilizzata per difenderci o per ferire, con la giusta dose di esperienza e allenamento. L’importante è sempre respirare profondamente e mirare alla semplicità senza cercare movimenti coreografici o difficili.

In situazioni di pericolo, a contatto ravvicinato con un corpo ostile, ricordatevi che avete i gomiti. I gomiti sono la nostra parte del corpo più contundente, richiedono meno tecnica o esperienza per colpire, e fanno sempre molto male.

Altra parte da non sottovalutare sono i piedi: abbiamo tutte imparato da bambine a fare i dispetti pestando i piedi, e ora non serve altro che ripetere il gesto ma con molta più forza. Un pestone forte, specialmente se chi lo dà indossa un tacco, può senza troppa fatica rompere le ossa tarsali del piede di chi lo riceve, che perciò non sarà in grado di rincorrervi quando vi metterete in fuga.

Senza arrivare a pugni e calci che richiedono un po’ più di allenamento, un’altra parte del corpo molto dura e utile in caso di pericolo è la zona alta della fronte, all’altezza dell’attaccatura dei capelli; una testata ben data sul naso può mandare dritto all’ospedale il malintenzionato che prova ad abusare di voi.

Ricordate solo, se vi trovate a dover dare una testata, di avvicinare il vostro mento allo sterno il più possibile così da proteggere il collo e sferzare un colpo con l’energia di tutto il corpo scongiurando un contraccolpo alla colonna cervicale.

Il bersaglio è importante, e in questo senso serve sapere quali sono le zone più vulnerabili del corpo della persona da cui serve difendersi.

In generale, le parti molli sono quelle che colpite provocano più dolore e danni: i genitali sono il bersaglio per eccellenza. Una ginocchiata ai genitali è molto semplice e con la giusta dose di convinzione manda immediatamente KO. Ma può capitare che l’eccessiva vicinanza della persona renda impossibile il colpo alle parti basse; niente paura perché non è ancora troppo tardi per colpire collo, naso e occhi.

Avete ancora i gomiti e la testa, tanto vi basta per liberarvi una volta per tutte da questa situazione spiacevole.

Infine, non dimenticatevi che anche le orecchie sono molto sensibili: potete afferrarle e tirarle con forza o in alternativa tirateci uno schiaffone molto forte sopra, meglio se a entrambe contemporaneamente, così manderete l’aggressore in stato di confusione, perché con il colpo creerete uno scompenso al suo senso dell’equilibrio che è controllato dall’orecchio interno, e potrete scappare con la certezza che non sarà in grado di inseguirvi.

In ultimo non dimenticatevi di urlare: non di paura, ma di sicurezza.

Non c’è niente di più spiazzante di un urlo deciso che proviene da una persona calma. L’urlo è la manifestazione sonora della propria potenza, e se profondo e intenso riesce davvero a paralizzare la persona che avete davanti.

Urlate forte, con tutta la profondità della vostra voce, di punto in bianco, e vi servirà non solo a scaricare la tensione della situazione, ma a destabilizzare l’aggressore, che sarà confuso e vulnerabile proprio nel momento in cui lo sorprenderete con il vostro colpo. L’urlo inteso come tecnica è una risorsa preziosa e va molto allenato per arrivare alla sua piena efficacia.

È necessario praticare a lungo per trovare il proprio suono – in cinese chou su – e la sua potenza profonda senza affaticare le corde vocali. 

Ragazze, allenatevi!

Controllo e decisione

A onor del vero l’arte marziale è molto più che autodifesa. Nella mia vita il Kung Fu, che ho appreso e apprendo tutt’ora nella scuola del mio Maestro Paolo Cangelosi, è una pratica continua che mi permette di fare esperienza del mio corpo in maniera sempre nuova, e raggiungere stati mentali inauditi. 

Quanto vorrei comunicarvi in questo articolo, un piccolo aspetto nella vastità delle cose strabilianti che mi ha regalato la pratica, è che l’allenamento prolungato restituisce al corpo e alla mente una sicurezza che non si riesce a raggiungere con nient’altro. Quella sicurezza che troppo spesso manca a molte donne quando si trovano in situazioni sgradevoli, quella sicurezza che ti dà la forza di divincolarti e sottrarti, o di chiamare aiuto, scappare o addirittura colpire.

Prima dicevo che il mondo ci vuole ballerine: mi preme tornare sull’argomento perché la grazia della danza è una poesia e ci meritiamo di coltivarla e praticarla.

Il Kung Fu non è danza, ma ci si avvicina davvero molto, studiando l’eleganza dei movimenti, la leggerezza dei gesti e le “forme” (kwen è il cinese del giapponese kata, forma).

Il punto è che non conosciamo mai abbastanza il nostro corpo se curiamo solamente l’aspetto esteriore, ed è necessario molto allenamento per avere una maggiore coscienza dei flussi energetici che ci abitano e ci attraversano.

Il Kung Fu, che si traduce con “duro lavoro” è una pratica del corpo e dello spirito applicata a situazioni di combattimento non violento per conoscersi anche attraverso il contatto fisico con altri corpi: per riuscire, con il tempo, ad avere una dimensione più chiara di dove finisco io e dove inizi tu. Per riuscire a percepire i propri punti forti e punti deboli e per sapere su cosa contare, eventualmente anche in situazioni di pericolo. 

Yin e Yang

Sono alla fine del panegirico delle arti marziali, non temete. Se questo mondo vi incuriosisce, andate in una palestra di arti marziali (quella del mio Maestro è in Salita delle Fieschine) e chiedete di diventare allieve, vi assicuro che quasi certamente la vostra vita cambierà.

Se senza altre pretese siete solo interessate a finire di leggere l’articolo, ecco l’ultimo aspetto che mi preme dirvi a proposito della lezione che può dare il Kung Fu sulla differenza di genere.

In kwoon (“palestra/scuola”) uomini e donne si allenano insieme. Non c’è distinzione di genere se non negli spogliatoi e nelle docce. Spesso durante gli allenamenti si formano coppie miste di praticanti e sempre a rotazione, così da avere la possibilità di provare le tecniche con ogni altro allievo o altra allieva.

La pratica non varia in funzione del genere, è commisurata agli anni di allenamento, sempre nel rispetto del corpo altrui, delle sue eventuali fragilità o difficoltà.

Il principio taoista su cui si basa la filosofia del Kung Fu è la tensione dinamica tra Yin e Yang, le due forze la cui varia composizione può definire ogni cosa nell’universo. Yin e Yang possono essere definiti rispettivamente come principio ricettivo/femminile e attivo/maschile, entrambi ugualmente necessari per il flusso del ‘Chi (“energia”).

Il punto che trovo di grande interesse è che il Kung Fu ci insegna che ogni nostro movimento è un continuo rapporto dinamico tra queste due forze, e che perciò il maschile e il femminile sono entrambi principi che abbiamo in corpo, indipendentemente dal genere in cui ci riconosciamo, qualora ve ne sia uno. E ancora, che non c’è un rapporto di potere tra le due forze, ma solo una complementarietà reciproca.

Uno sguardo al rapporto Yin e Yang del taoismo potrebbe farci ricredere su molte convinzioni eccessivamente stereotipate che abbiamo, a partire dal modo in cui viviamo il nostro corpo; indipendentemente dal nostro genere. 

Immagine di copertina:
wall:in media agency con illustrazione di Martina Spanu


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Membro del duo curatoriale Mixta con il quale si occupa di progetti artistici che siano attivatori sociali. Ha curato mostre, rassegne e festival negli spazi pubblici, nelle periferie e nei luoghi istituzionali della città di Genova. È anche fondatrice e CEO di Wanda, associazione per la trasformazione culturale, che accorcia le distanze tra le nuove generazioni e la cultura.

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