Via Peschiera 8

Chiude Via Peschiera 8. Alla cecità dell’amministrazione risponde l’arte, una mostra molto triste e molto bella

Dopo sette anni di sperimentazione nei campi di arte, design e artigianato, uno degli ultimi fiori all'occhiello di Genova cade: è finita la storia di Via Peschiera 8. Venerdì scorso, ultima giornata, abbiamo visto una mostra di cui bisogna parlare.
14 Ottobre 2020
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Fino a che punto possiamo tollerare l’evidente depauperamento del tessuto culturale del nostro territorio? 
Il problema è ben più complesso di quel che ci immaginiamo, e probabilmente ha origine da situazioni così: il grande laboratorio di Via Peschiera 8, coacervo di produzione artistica genovese, chiude a causa di una poco intelligente politica amministrativa per lasciare spazio a un parcheggio oppure una RSA, e che succede?

Via Peschiera 8 e la manciata di persone amiche organizzano una mostra, bellissima, in aperta contrapposizione con la bruttezza di una politica che non conosce poesia. Ecco, qui c’è il problema:

Quanto a lungo contribuiremo, tutti, alla narrazione deleteria che l’amministrazione è brutta ma ha il potere, e la cultura è bella ma sta dall’altra parte, senza potere e povera? 

Qui su wall:out ci proviamo davvero a mischiare le carte in tavola, e ci auguriamo che questo articolo stimoli le corde giuste: non sempre, ma spesso è la narrazione che ci frega. Il caso di Via Peschiera 8 è un grave errore amministrativo, una bellissima (una tra le ultime) occasione persa. 

Ma proviamo a immaginarla una città dove le decisioni politiche vanno nella direzione delle cose belle, proviamo a pensare Genova come un luogo in cui la cultura e l’arte hanno potere. Visualizziamo e facciamo in modo che accada. Per quanto ci riguarda, questo è l’obiettivo. Consideratelo pure un avvertimento, intimidatorio, se serve.

Qui il testo dell’invito alla mostra:


La chiusura dello spazio vuole essere occasione per riunire alcuni degli artisti transitati da qui in questi anni, attraverso una restituzione collettiva che parli di memoria, tempo e abitare.
Mentre questi spazi si svuotano, riconosciamo che ogni transito ha lasciato un sedimento, una traccia non solo di ciò che si è realizzato, ma anche del vissuto e dell’immaginato. Queste stratificazioni vengono messe in mostra aprendo un dialogo con il luogo, raccontando i mutamenti del percepito, di ciò che è stato, che è o che potrebbe essere.


Con la partecipazione di: Stefano Boccardo, Alessandro Bruzzone, Matteo Brizio, Niccolò Masini, Edoardo Rossi, Sara Spallarossa, Christian Tripodina, Collettivo Augenblick.


Per la prima volta i ragazzi di Via Peschiera hanno organizzato una festa: volevano chiamarla inaugurazione, perché effettivamente non l’avevano mai fatta. Come nelle più antiche tradizioni dove la fine è celebrata in quanto nuova rinascita, le stanze svuotate hanno ospitato per un giorno installazioni che avevano un mondo di cose da dire. 

Una situazione paradossale, nella quale ci siamo trovati a riconoscere una delle proprie declinazioni dell’arte. Se le famigerate installazioni risultano spesso ostiche da afferrare per un pubblico non preparato, forse c’è un motivo: forse perché ci si dimentica che si tratta pur sempre di un linguaggio, e con il linguaggio funziona che certamente devi essere bravo a parlare, ma ha anche molta importanza di cosa stai parlando. 

In Via Peschiera 8, venerdì scorso, non c’era alcun dubbio, l’arte arrivava dritta al punto. Il punto non è qualcosa di cui si può parlare a parole – ovviamente, sennò a che servono i linguaggi artistici? – ma era molto chiaro, lì dentro.

Servono molte più mostre come questa, per il bene di Genova e dell’arte, e meno mostre improvvisate nelle grandi sedi della città – senza punti d’arrivo né contenuti consapevoli. 

Riusciremo a vedere mostre come questa celebrare un inizio anziché una fine?

Immagine di copertina:
Volantino della mostra realizzato da Via Peschiera 8


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Membro del duo curatoriale Mixta con il quale si occupa di progetti artistici che siano attivatori sociali. Ha curato mostre, rassegne e festival negli spazi pubblici, nelle periferie e nei luoghi istituzionali della città di Genova. È anche fondatrice e CEO di Wanda, associazione per la trasformazione culturale, che accorcia le distanze tra le nuove generazioni e la cultura.

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