“Mi spezzo ma non mi piego”. In due parole Francesco Bocciardo. Il perché lo spiega il nuotatore genovese, oro ai Giochi Paralimpici di Rio nel 2016 e protagonista degli ultimi due Europei: un paio di medaglie in Portogallo (2016), addirittura una manciata a Dublino (2018). Oro, argento, bronzo. L’uomo che cammina sui pezzi di vetro ha due anime, una per l’acqua e una per il mare. Praticamente un pesce fuor d’acqua.
“Genova e la Liguria sono la città e la regione che rappresentano per eccellenza l’acqua e il mare. Sono diventate la mia seconda casa. Amo dire che ho imparato prima a nuotare che a camminare. Il fatto che la mia città fosse molto legata all’importanza e al concetto dell’acqua di sicuro ha facilitato il mio avvicinamento al nuoto, che poi è diventato il mio sport prediletto”.
Francesco Bocciardo ha accolto il nuoto e l’acqua ha accolto Francesco a braccia aperte, ancora di salvezza. Mica solo stile libero: oggi è anche uno stile di vita.
“Un anno fa, di questi tempi, è stato molto difficile per gli atleti che come me si stavano preparando alle Paralimpiadi ritrovarsi tutto d’un tratto fermi con la paura e l’impossibilità di muoversi. Di sicuro è stato un periodo molto complicato, ma per fortuna i Giochi sono stati posticipati e ho potuto ricominciare ad allenarmi poco per volta. Non è stato semplice – recuperare mesi di stop è difficile e richiede tempo – ma ora come ora possiamo dire che ci siamo. Fortunatamente sto riuscendo ad allenarmi: non è ancora un ritorno alla normalità, spero che l’anno prossimo potremo tornare alla normalità ricominciando a uscire, poter fare competizioni senza aver paura di risultare positivi al Covid. Questo come altre paure. E che si possa ricominciare a viaggiare”.
Prima che ogni spostamento diventasse passibile di multa, di viaggi nelle scuole della Liguria fra ragazzi e insegnanti ne ha fatti parecchi. La ragione fa quasi sorridere ma ha un retrogusto amarognolo, come qualche frutto o alcuni ciuffi di verdura.
“Un giorno, mentre mi stavo allenando con la Nazionale in ritiro, un bambino mi si è avvicinato e mi ha chiesto: ‘Perché cammini così?’ Io, per scherzare, gli ho risposto che da piccolo non mangiavo né frutta né verdura. Non dimenticherò mai gli occhi sorpresi di quel bambino. Io ovviamente avevo fatto una battuta, ma la sua reazione mi ha fatto riflettere su quanto purtroppo, ad oggi, la disabilità sia poco conosciuta soprattutto dalle nuove generazioni. Ed è questo il motivo per cui occorre parlarne il più possibile”.
Quella che ha colpito Francesco si chiama diplegia spastica, malattia che inibisce l’uso delle gambe. Per alcuni è la sindrome di Little. Lui, nel suo piccolo, nei convegni e nelle interviste invita sempre a “fare grandi sogni”. Lo ribadisce anche oggi, a 27 anni:
“Nonostante tutte le difficoltà, l’importante è non fermarsi mai. Fiduciosi e coraggiosi, per certi aspetti anche folli. Pensare fuori dagli schemi e non arrendersi mai nonostante le difficoltà, perché ce ne saranno e ce ne sono tante. Lo sport è un veicolo importante: permette di capire quali siano i tuoi limiti e a trovare la motivazione per superarli”.
Francesco li ha cercati a pelo d’acqua, li ha afferrati a fondo vasca e fatti riemergere sul traguardo dal suo universo sommerso. Li ha guardati senza timore con gli occhialini, strizzati per bene come una cuffia, mostrandoli al cielo in mondovisione dopo ogni vittoria. Spalle larghe e pugni chiusi. A braccia aperte, “col sorriso e un po’ più di umanità”.
Quella di chi ha imparato a vivere senza farsi piegare dal dolore. Spezzando la frase, senza piegarne il senso…quella di chi ha imparato a vivere.
Immagine di copertina:
Francesco Bocciardo ospite dell’Associazione MicroLab in occasione della Riunione Annuale. Foto Associazione MicroLab
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