Aborto farmacologico

Aborto farmacologico: una conquista da difendere

Alice Merlo racconta la campagna dell’UAAR sull’aborto farmacologico di cui è testimonial e perché oggi è ancora importante difendere questo diritto.
9 Aprile 2021
4 min
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In questi giorni vi sarà capitato di incrociare per Genova dei manifesti con la scritta: “aborto farmacologico, una conquista da difendere” e la foto di una ragazza.

La ragazza si chiama Alice Merlo, ha 27 anni, vive a Genova ed è la testimonial della campagna dell’UAAR, Unione Atei e Agnostici Razionalisti, per la RU486, ossia la pillola che induce l’interruzione di gravidanza farmacologica. Questo farmaco è stato introdotto in Italia nel 2009, in notevole ritardo rispetto ad altri paesi europei. 

Ancora oggi viene contestato da molti movimenti antiabortisti – per esempio l’anno scorso la Onlus Pro Vita e Famiglia ha tappezzato varie città con lo slogan “Prenderesti mai del veleno? Stop alla pillola abortiva, mette a rischio la salute”.

In realtà, secondo l’Istituto Superiore di Sanità i dati ottenuti in Italia da quando è stata introdotta sono molto positivi: il 97% delle donne non ha avuto complicanze immediate, il 93% non ha presentato alcuna complicanza al controllo dopo 14-21 giorni e la più frequente è stata la necessità di ripetere l’IVG. Da agosto 2020, la RU486 si può assumere in regime di day hospital, evitando quindi il ricovero, e si può prendere entro i primi 63 giorni di gravidanza, contro i precedenti 49 o i 90 per poter effettuare l’aborto chirurgico. 

Ho parlato con Alice della campagna dell’UAAR, di come funziona in modo pratico l’assunzione della RU486 e di cosa dobbiamo ancora pretendere che migliori.

Puoi spiegarci perché si è deciso di fare questa campagna? 

L’idea nasce dall’UAAR per fare una campagna di informazione sull’aborto farmacologico dopo che le associazioni antiabortiste paragonavano il farmaco a un veleno, portando avanti disinformazione sul tema. Per essere il più divulgativɜ e professionalɜ possibile ci sembrava corretto non provocare, ma essere inclusivɜ, trovando qualcunə che ci mettesse la faccia. Essendo stata per me un’esperienza positiva ho deciso di partecipare in prima persona.

Come mai hai deciso di raccontare la tua esperienza personale sui social? È importante cambiare la narrazione intorno all’aborto? 

Ho pensato fosse importante raccontare la mia esperienza fin da subito, seguivo già da anni la campagna “IVG ho abortito e sto benissimo” e volevo contribuire anche io alla narrazione non colpevolizzante e senza vergogna o dolore. Ovviamente i cartelloni delle associazioni antiabortiste sono stati un incentivo e anche il fatto che nella mia città la giunta comunale non abbia deciso di farli togliere mi ha fatto riflettere, perché sarebbe stata una decisione importante per il rispetto dell’autodeterminazione delle donne. 

Questo nuovo modo di raccontare l’aborto non come un dramma, ma come una scelta decisa e non sofferta ha suscitato tanti commenti negativi di chi dice che va bene abortire, ma inevitabilmente porta dolore e rimorso.

Ho cercato di rispondere con calma e gentilezza a molti di questi commenti, perché comprendo che questa sia una narrazione nuova e per moltɜ incomprensibile.

Intanto, come ho detto più volte, io rispetto e sono vicina a chi ha vissuto l’aborto come un dramma, è un’esperienza personale e ognunə ha il diritto di viverla a suo modo senza sentirsi giudicata per questo. Però questa è una narrazione ormai comune a tante donne, è importante quindi comprenderla e bisognerebbe empatizzare, invece di dare la propria opinione a riguardo.

Un’altra cosa che ti viene rimproverata è di far campagna per questo invece che per i metodi contraccettivi.

È importante non far confusione. Noi come UAAR ci battiamo da anni per l’educazione sessuale e all’affettività nelle scuole e per la contraccezione gratuita. Anche quando ciò sarà garantito, ci saranno comunque interruzioni volontarie di gravidanza, sia perché l’efficacia dei contraccettivi non è mai garantita al 100% sia perché gli errori si possono fare, e non è ovviamente giusto che per un errore una persona sia colpevolizzata e giudicata per il resto della sua vita.

Come funziona l’IVG farmacologico?

La RU486 è solo la prima delle 3 pastiglie che bisogna prendere e causa la cessazione della vitalità dell’embrione, si prende in ospedale, ma poi si torna quasi immediatamente a casa. Il day hospital è previsto 48 ore dopo per l’assunzione di due farmaci della categoria delle prostaglandine che determinano l’espulsione dell’embrione. 

Quali sono i suoi vantaggi rispetto all’IVG chirurgica? E Perché la RU486 è ostacolata da alcuni movimenti quando è semplicemente un nuovo modo di abortire?

rischi sono minori, non essendo un intervento non è prevista anestesia e le complicanze sono davvero molto rare ed è meno invasivo.

È vissuta come decolpevolizzante proprio perché non è necessario un intervento, ma è una procedura più sicura e meno dolorosa. 

Com’è stata la tua esperienza a Genova? Ci sarebbero aspetti da migliorare?

Aspetti da migliorare ci sono sicuramente, più che altro per rendere l’esperienza più semplice.

Una volta, nel reparto di ginecologia dell’ospedale in cui sono andata era difficile trovare l’ambulatorio IVG senza dover chiedere al personale indicazioni precise, perché non era per nulla segnalato. Il servizio funziona solo durante la settimana di mattina, e l’appuntamento è indicativo solo della giornata, quindi costringe a passare un tempo non prevedibile in attesa. Per nulla comodo per chi ha impegni lavorativi o familiari da conciliare.

Il servizio andrebbe reso operativo tutto il giorno in tutti gli ospedali pubblici. Inoltre la possibilità di incontrare gli obiettori di coscienza, che si rifiutano di dare la RU486, rende tutto più complicato non solo per noi donne, ma anche per lɜ medicɜ stessɜ che, se non obiettori, passano le loro giornate ad effettuare IVG per garantirci un diritto fondamentale. Dovrebbero invece avere la possibilità di alternarsi con lɜ colleghɜ.

Ci sono regioni dove si è tentato di ostacolare questa procedura. È anche il caso della Liguria? 

Un esempio di regione che ha modificato le linee guida del Ministero per questa procedura è il Piemonte. Infatti è stata emanata una circolare che vieta le nuove modalità di accesso alla pillola abortiva nei consultori, come previsto da agosto, e finanzia e rafforza l’ingresso delle associazioni antiabortiste negli ospedali pubblici.

La giunta ligure per ora non ha presentato nulla a riguardo, anche se l’attenzione va tenuta alta. La procedura è comunque ostacolata, come dicevo, dalla presenza degli obiettori di coscienza, che sono circa il 64% nella nostra regione, in linea con la media italiana, ma assolutamente non in linea con il resto dei paesi europei.

Immagine di copertina:
Alice Merlo davanti a uno dei manifesti di Genova. Foto di Luca D’Alessandro


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