Fino a che punto possiamo tollerare l’evidente depauperamento del tessuto culturale del nostro territorio?
Il problema è ben più complesso di quel che ci immaginiamo, e probabilmente ha origine da situazioni così: il grande laboratorio di Via Peschiera 8, coacervo di produzione artistica genovese, chiude a causa di una poco intelligente politica amministrativa per lasciare spazio a un parcheggio oppure una RSA, e che succede?
Via Peschiera 8 e la manciata di persone amiche organizzano una mostra, bellissima, in aperta contrapposizione con la bruttezza di una politica che non conosce poesia. Ecco, qui c’è il problema:
Quanto a lungo contribuiremo, tutti, alla narrazione deleteria che l’amministrazione è brutta ma ha il potere, e la cultura è bella ma sta dall’altra parte, senza potere e povera?
Qui su wall:out ci proviamo davvero a mischiare le carte in tavola, e ci auguriamo che questo articolo stimoli le corde giuste: non sempre, ma spesso è la narrazione che ci frega. Il caso di Via Peschiera 8 è un grave errore amministrativo, una bellissima (una tra le ultime) occasione persa.
Ma proviamo a immaginarla una città dove le decisioni politiche vanno nella direzione delle cose belle, proviamo a pensare Genova come un luogo in cui la cultura e l’arte hanno potere. Visualizziamo e facciamo in modo che accada. Per quanto ci riguarda, questo è l’obiettivo. Consideratelo pure un avvertimento, intimidatorio, se serve.
Qui il testo dell’invito alla mostra:
La chiusura dello spazio vuole essere occasione per riunire alcuni degli artisti transitati da qui in questi anni, attraverso una restituzione collettiva che parli di memoria, tempo e abitare.
Mentre questi spazi si svuotano, riconosciamo che ogni transito ha lasciato un sedimento, una traccia non solo di ciò che si è realizzato, ma anche del vissuto e dell’immaginato. Queste stratificazioni vengono messe in mostra aprendo un dialogo con il luogo, raccontando i mutamenti del percepito, di ciò che è stato, che è o che potrebbe essere.
Con la partecipazione di: Stefano Boccardo, Alessandro Bruzzone, Matteo Brizio, Niccolò Masini, Edoardo Rossi, Sara Spallarossa, Christian Tripodina, Collettivo Augenblick.
Per la prima volta i ragazzi di Via Peschiera hanno organizzato una festa: volevano chiamarla inaugurazione, perché effettivamente non l’avevano mai fatta. Come nelle più antiche tradizioni dove la fine è celebrata in quanto nuova rinascita, le stanze svuotate hanno ospitato per un giorno installazioni che avevano un mondo di cose da dire.
Una situazione paradossale, nella quale ci siamo trovati a riconoscere una delle proprie declinazioni dell’arte. Se le famigerate installazioni risultano spesso ostiche da afferrare per un pubblico non preparato, forse c’è un motivo: forse perché ci si dimentica che si tratta pur sempre di un linguaggio, e con il linguaggio funziona che certamente devi essere bravo a parlare, ma ha anche molta importanza di cosa stai parlando.
In Via Peschiera 8, venerdì scorso, non c’era alcun dubbio, l’arte arrivava dritta al punto. Il punto non è qualcosa di cui si può parlare a parole – ovviamente, sennò a che servono i linguaggi artistici? – ma era molto chiaro, lì dentro.
Servono molte più mostre come questa, per il bene di Genova e dell’arte, e meno mostre improvvisate nelle grandi sedi della città – senza punti d’arrivo né contenuti consapevoli.
Riusciremo a vedere mostre come questa celebrare un inizio anziché una fine?
Immagine di copertina:
Volantino della mostra realizzato da Via Peschiera 8
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