entroterra ligure

Non è (più) un paese per villeggianti

Il fenomeno della villeggiatura nell’entroterra sta scomparendo tra i giovani. Analizziamo, con un po’ di ironia, le ragioni che rendono sempre più difficile mantenere questa abitudine.
25 Settembre 2020
6 min
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Sempre più spesso si susseguono notizie relative all’impoverimento dei borghi dell’entroterra ligure, e non solo, così come allo spopolamento dei piccoli centri; da buona ragazza di campagna, nata in un paesino di 20 residenti (arrotondati per eccesso), credo sia arrivato il momento di analizzare una carrellata di ragioni che hanno portato alla pressoché scomparsa, tra gli under 40, di un fenomeno molto diffuso tra i genovesi in passato: la villeggiatura nei paesini dell’entroterra.

Dagli anni del boom economico fino al primissimo duemila, nel mio paesino di confine tra Liguria e Piemonte, i venerdì pomeriggio della bella stagione rappresentavano un appuntamento fisso: l’arrivo dei villeggianti accompagnati da figli e nonne; un’esplosione di vita che si concretizzava in super tornei di nascondino, partitelle di calcio e svariati giochi improvvisati.

Le case dei villeggianti le riconoscevi subito

Dalla facciata rustica (in alcuni casi quasi fatiscente), le finestre in legno a vetro singolo (che si chiudevano una volta si e tre no) e dagli interni che seguivano poche ma semplici regole, prima fra tutte il mobilio raffazzonato; i complementi d’arredo erano quasi sempre quelli che in città non servivano più perché scomodi o passati di moda, il divano aveva sempre sopra un lenzuolo a fiori, ma la mia parte preferita erano bicchieri e le stoviglie: sempre spaiati, sempre diversi, frutto dell’assemblaggio tra servizi e set che ormai mantenevano solo uno o due superstiti scampati per miracolo ad un incidente domestico.

Con l’arrivo della modernità quelle casette piene di colori sono rimaste sempre più spesso vuote.

C’è da fare subito un distinguo tra la villeggiatura degli anni ’60, ’70 e ‘80 e quella di vent’anni fa: Nei miei ricordi d’infanzia le famiglie arrivavano dalla città nei week end e per un paio di settimane di ferie, mentre in passato, spesso, nei nuclei mono-reddito i bambini restavano con la mamma tutta l’estate in campagna, i padri più volenterosi allungavano la strada verso il lavoro tutti i giorni, mentre gli altri spesso passavano i giorni lavorativi in città per poi raggiungere la famiglia nei week end.

Quarant’anni fa erano abbastanza numerose le famiglie che potevano permettersi di mantenere una seconda casa per un numero di ragioni cospicuo che non si può riassumere semplicemente in costo della vita.

Cerchiamo quindi di fare un confronto tra ieri e oggi

Un’abitazione in campagna da sfruttare in estate non necessitava di moltissime comodità che oggi riteniamo fondamentali, prima fra tutte l’acqua calda (negli anni ‘90 arriveranno gli scaldabagno elettrici).

Le bollette della luce erano irrisorie e prive di quella percentuale pesantissima di spese fisse che oggi grava notevolmente sul bilancio familiare; quella del gas non era nemmeno un dubbio da porsi in quanto il riscaldamento era quasi sempre una stufa a legna e per i fuochi bastava la bombola (o la suddetta stufa).

Oggi, escludendo il salasso mensile delle bollette, qualsiasi bambino costretto a fare il bagno nel fiume o nel catino di zinco richiamerebbe uno stuolo di assistenti sociali, di conseguenza la spesa della bolletta della luce è imprescindibile anche per i nostalgici delle lampade ad olio.

Veniamo alla casa in sé: una volta quasi tutte le famiglie avevano una casa in campagna, o perlomeno qualche zio o cugino che ne possedeva una. Con l’innalzamento delle spese dell’Imu sulle seconde case queste unità abitative sono sparite: molte di esse magistralmente fatte passare al catasto come ruderi, altre vendute a chi acquistandole resta in attesa di tempi migliori. Le poche rimaste “in famiglia” vedono la loro proprietà frammentata tra almeno cinque o sei cugini che non desiderano passare la prima metà delle ferie a pulire casa e falciare il prato e decidono semplicemente di lasciarle vuote.

Questo appena preannunciato è certamente il terzo punto: una casa in campagna vuol dire lavorare sempre. Ogni week- end ci sarà un lavoretto che occuperà il tempo tra curare il verde, pulire, aggiustare, accatastare un po’ di legna, sistemare le tegole del tetto dopo la neve etc.

Difficilmente la vita frenetica di oggi forgia persone determinate a passare il proprio tempo libero a sistemare una casa anziché riposarsi.

Quale tempo libero?

Oggi le donne casalinghe sono poche e quasi sempre una famiglia mono-reddito faticherebbe ad occuparsi economicamente di una seconda casa, motivo per cui sono pressoché svanite le scene di mamme che passano l’intera estate in campagna con i bambini. È sempre più difficile trovare coppie in cui entrambi abbiano i week end liberi.

Facendo un rapido resoconto mentale sono sempre meno le professioni che permettono una scansione del lavoro settimanale come una volta. Ristorazione, turismo, vendita al dettaglio, servizi alla persona, fabbriche etc. prevedono quasi sempre turni durante l’intera settimana.

Comunicazioni

Nota dolente: nel secolo scorso il telefono fisso nella seconda casa era un vezzo, oggi il cellulare è uno strumento da cui chiunque fatica a separarsi, specialmente ipotetici figli adolescenti.

Peccato che in molti dei paesini disseminati a confine col Piemonte il tuo fantastico gestore a cui paghi cinque euro con tutto illimitato non prenderà mai il segnale. Scordatelo. Mai. Forse giusto una tacca sull’altopiano, a 10 minuti di cammino da casa tua. Della fibra non parliamo nemmeno, troppi km di cavo per cinque residenti.

Per correttezza va precisato che ogni campagnolo conosce il fantastico gestore della telefonia mobile che prende anche quando sei per funghi nei boschi, ma non è il caso di fargli pubblicità.

Spostamenti

Spostarsi tra città e campagna significa avere un’auto, caratteristica che oggi e in futuro non è scontata, specialmente per i giovani a Genova, dove nella maggior parte dei quartieri del centro trovare parcheggio è un dramma.

Molti si sono convertiti al car-sharing, ma affittare un mezzo tutti i week end non sarebbe esattamente conveniente. Il treno può considerarsi un’opzione in pochissimi casi, ad esempio nei paesini serviti dal traporto locale, ma salire sulle corriere con due borsoni e la spesa, continua a sembrarmi una scena inusuale.

L’ultimo punto che segna il forte divario tra passato e presente è il gusto

Oggi chi può permettersi una seconda casa la cura nei dettagli, niente più lenzuolo a fiori sul divano, bicchieri spaiati e specchio baroccheggiante affiancato alla scarpiera in plastica azzurra.

Le seconde case di oggi sono belle, ristrutturate, arredate nei dettagli. Sarà il consumismo, saranno i costi, ma le giovani famiglie di oggi dedicano la loro vita a sistemare la loro prima casa, a ristrutturarla e arredarla sacrificando gran parte del proprio stipendio; il pensiero di ricominciare da capo per una casetta in mezzo ai boschi metterebbe ansia a chiunque. Nel caso in cui la casa in campagna fosse già ristrutturata i prezzi diventano più proibitivi, un investimento per chi ama il relax, non per chi vede nel primo ponte del calendario l’occasione per cercare un volo low cost per una capitale europea.

Sommando costo della casa, bollette, tasse, spostamenti e interventi di manutenzione ordinaria non è difficile capire perché la casa in villeggiatura non è più una caratteristica alla portata delle famiglie del ceto medio; chi resiste e torna in villeggiatura sono soprattutto pensionati e persone di mezza età mossi dalla nostalgia dell’infanzia (rimpiangono tutto, escluso il bagno nel sopracitato catino di zinco), ma il conciliare i giorni feriali di due professioni differenti resta un grande ostacolo.

Con la pandemia molti hanno riscoperto le proprie seconde case, le persiane di queste villette dimenticate si sono aperte di nuovo, complice lo smart working, e potrebbe essere il primo passo per riscoprire il piacere della villeggiatura. Questo stile di vita che tanto entusiasmava la generazione figlia degli anni ‘70 potrebbe tornare in auge anche grazie alla scarsa offerta che offre Genova per occupare il proprio tempo libero.

Fare tutti questi confronti potrebbe sembrare qualcosa che disincentiva i giovani a questa scelta di stile di vita, quindi segue un elenco di caratteristiche prettamente campagnole che farebbero innamorare chiunque:

  • Svegliarsi con gli uccellini, non con la sirena dell’ambulanza
  • Dormire col piumino, che si sa, è più confortevole
  • Arricchire la propria cultura zoologica: guidando di sera incontrerai quasi sempre cerbiatti, volpi, lepri, tassi e ricci (anche i cinghiali, ma quelli si trovano già nel Bisagno).
  • Frutti di bosco e castagne gratis, per soddisfare ogni genovese parsimonioso
  • Figli abbandonati a correre nei campi allo stato brado, tanto li vedi dalla finestra
  • Avere un giardino vuol dire poter avere una piscina, in alternativa c’è il fiume
  • Poter fare il barbecue quando vuoi
  • Poter fare il pupazzo di neve 
  • Decine di attività all’aria aperta che farebbero diventare questo elenco lunghissimo
  • Tante sagre ogni week end
  • Non dover preoccuparsi di cercare parcheggio
  • Il vicino avrà sempre verdura in avanzo dal suo orto, in cambio gli porterai un po’ di focaccia genovese il venerdì sera
  • Potrai organizzare numerosi pranzi con gli amici in giardino e avrai sempre una location disponibile per Capodanno 
  • Avrai un posto dove il tuo vecchio mobile che piaceva tanto a te, ma non alla tua dolce metà, potrà avere una nuova vita, una manna dal cielo per tutti quelli che accumulano cose al grido di “può sempre servire!”
  • Potrai passare il week end in tuta, con i capelli spettinati, tanto a Mario-il-taglialegna non interessa
  • La tua dolce metà avrà un posto dove sfogare la sua mania del bricolage realizzando progetti di dubbio gusto che nella tua casa di tutti i giorni ti fanno anguscia

Personalmente, da residente trasformata (ahimè) in villeggiante, non esiste un modo migliore per passare i fine settimana, l’unica cosa che proprio non mi manca sono le dimensioni dei ragni di campagna.

(leggi l’articolo di wall:out APPROCCI A UNA VITA GENOVESE | L’inizio – Com’è vivere nel capoluogo ligure? Istantanee mentali di una campagnola adottata dalla città della lanterna.)

Immagine di copertina:
Panorama da Roccaforte Ligure. Foto di Valentina C.


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