Questa è la definizione dell’esposizione allestita a Porta Siberia, inaugurata nell’ottobre 2019.
“Spazio Ponte è un punto di incontro e di informazione dedicato al nuovo ponte”.
Cinque mesi prima il Museo Luzzati chiudeva le porte della stessa sede, lasciando Genova orfana di una delle sue esposizioni permanenti più uniche; poche città potevano vantare uno spazio simile dedicato al legame con un artista-scenografo contemporaneo locale. La scelta della chiusura permanente sicuramente era legata alla scarsa partecipazione del pubblico, ricordiamo che i bozzetti scenografici e le illustrazioni sono argomenti di nicchia e che, per i profani, lo stile di Lele Luzzati “o lo ami, o lo odi”.
Quando ad ottobre, a pochi giorni dall’inaugurazione dello Spazio Ponte, la grande statua-totem in cartapesta, opera dell’artista, veniva smontata e ammassata ai margini di un parcheggio gli storici dell’arte e del teatro insorgevano: la grande statua necessitava certamente di interventi di restauro specifici dettati dalla natura del materiale, ma non si è mai vista un’opera destinata al restauro lasciata per giorni in tale stato; va aggiunto che il totem ormai faceva parte dello scenario del Porto Antico e, dopo la chiusura del museo, era auspicabile mantenerla in ricordo di Luzzati.
Il futuro della statua è tutt’ora nebuloso e l’amaro in bocca per questa occasione mancata resta
D’altro canto bisogna essere realisti, il Museo Luzzati era in perdita e Porta Siberia non si può propriamente configurare come uno spazio perfetto per quel tipo di esposizione: un grande salone espositivo con il soffitto altissimo, due sale più piccole e un corridoio faticano a valorizzare bozzetti scenici di piccole dimensioni.
Per quanto riguarda la statua, invece, bastava guardare i turisti nel periodo natalizio, tutti entusiasmati dalle luminarie a forma di stella o di pacchetto regalo mentre ignoravano bellamente la figura femminile di cartapesta. Queste considerazioni faticano ad essere accettate dagli affezionati, me stessa per prima, tuttavia bisogna riconoscere che la natura effimera della scenografia non ha mai abituato il pubblico a considerarla tra le arti da museo, inoltre la vicinanza temporale delle opere di Luzzati ha contribuito a creare, tra i profani, un fastidioso binomio: troppo contemporaneo per essere una leggenda, troppo scenografo per essere un artista contemporaneo.
La polemica sulla statua e sul museo ha contribuito a definire nella mente dei genovesi lo Spazio Ponte come un’esposizione autocelebrativa dell’amministrazione locale, la città ferita si aspettava uno spazio che contribuisse a ricordare le vittime, la storia del Ponte Morandi e lo smarrimento della città. I genovesi desideravano, inizialmente, uno spazio simile a quello dedicato alla strage di Ustica, qualcuno (con l’evidente voyerismo per la strage, desiderio-tabù che si manifesta nel nostro più profondo subconscio) si aspettava un pezzo di ponte al posto della statua di Luzzati.
Lo Spazio Ponte è stato inizialmente presentato come un info-point sul cantiere della ricostruzione. Non è dato sapere quanto questo fosse necessario, anche in virtù del fatto che la maggior parte dei cittadini guardavano in diretta il procedere dei lavori prima di entrare nel luogo predisposto alle gite domenicali cittadine: il celebre mobilificio svedese.
A pochi giorni dall’inaugurazione del Ponte Genova San Giorgio mi sono chiesta: E adesso? Cosa ne sarà di Porta Siberia?
(il sottotitolo era chiaramente Cosa ce ne facciamo dello Spazio Ponte?)
Per rispondere alle mie domande ho deciso di visitarlo e anticipo che, nonostante io odi ricredermi, mi è quasi piaciuto.
Iniziamo questa visita virtuale precisando che lo spazio esterno (prima destinato alla statua-totem) è stato occupato da una sezione di pilastro del nuovo ponte. All’ingresso veniamo accolti da un gigantesco schermo che a rotazione mostra diverse didascalie per illustrare le diverse tecniche costruttive utilizzate durante la realizzazione. Oltre al led-wall sono presenti il modellino della carreggiata e il plastico del ponte contestualizzato nella vallata, inoltre troviamo una cassettiera i cui spazi sono utilizzati per rapidi memo sulle cifre dei materiali e delle risorse umane legate al cantiere.
Le due sale minori sono utilizzate per le video proiezioni, la prima presenta una carrellata di interviste ad operai e maestranze coinvolte nella realizzazione, la seconda propone una video-proiezione che entusiasmerebbe ogni bambino (e la sottoscritta): la saletta appare inizialmente buia per poi trasformarsi in una proiezione a 360° del cantiere (pavimento compreso), ci si trova totalmente immersi tra gru e ghiaia finché non si inizia a provare la sensazione di movimento; il video crea l’illusione di spostamento nel cantiere e successivamente la proiezione si sposta in altezza portandoci rapidamente, fluttuando, sulla sommità del ponte.
Nel corridoio laterale viene proposta l’evoluzione storica dei ponti attraverso modellini, pannelli e video interattivi.
Ricordi di Morandi e del suo visionario progetto: non pervenuti.
L’intero modello espositivo ricorda fortemente lo stile proposto dal Galata Museo del Mare: immediato, interattivo, potenzialmente adatto a tutte le età; proprio per questo motivo credo che, in futuro, parte dell’esposizione potrebbe essere mantenuta, possibilmente in un luogo meno prezioso.
Le gentili addette all’accoglienza mi hanno detto che effettivamente si presenta un pubblico molto variegato, bambini con le scuole (prima della chiusura delle stesse), famiglie, turisti e principalmente i fruitori più prevedibili di sempre: i vecchietti da cantiere!
Preciso che non ho trovato ressa recandomi in loco, anzi, per dirla tutta ero l’unica persona presente.
Il futuro dello Spazio Ponte è incerto, per adesso l’unica informazione sicura è che verrà mantenuto almeno fino a settembre; sarà da valutare la disponibilità degli sponsor a finanziare questo tipo di spazio
Come sottolineato precedentemente, Porta Siberia ha delle potenzialità espositive non da poco che potrebbero essere finalizzate a qualcosa che attualmente Genova non ha: uno spazio che permetta di esporre grandi installazioni di artisti contemporanei.
L’arte contemporanea, negli ultimi anni, subisce una deriva verso l’ipertrofia dimensionale e sempre meno spazi cittadini permettono questo tipo di esposizione. Escludendo le grandi fiere o biennali/triennali di sorta, non è semplice trovare luoghi adatti, specialmente a Genova, dove il museo di Arte Contemporanea della città sorge in una villa settecentesca con tutti i suoi limiti planimetrici.
Porta Siberia offrirebbe non solo un unico spazio volumetricamente interessante, ma soprattutto adatto all’installazione di impianti illuminotecnici effimeri; lo spazio è sottoposto ai vincoli delle belle arti ovviamente, ma l’assenza di affreschi e decorazioni permette di non avere contrasti visivi tra l’opera e il contesto.
Prendendo in esame anche le (purtroppo) apprezzatissime mostre-experience video: a Genova venivano utilizzati i Magazzini del Cotone, uno spazio dispersivo scandito da colonne, mentre a Pisa vengono adoperati gli Arsenali Repubblicani, un luogo molto più simile, strutturalmente, a Porta Siberia.
La più grande occasione è stata persa quando lo spazio Fiumara è diventato un centro commerciale, anziché un Bicocca 2.0, Genova non era ancora pronta a sovvenzionare un grande spazio per l’arte contemporanea, motivo in più per proporlo oggi, partendo in piccolo (Porta Siberia è grande, ma non grandissima).
Comprendo che sia utopico sperare nel Boy di Ron Mueck, la statua di un bambino accovacciato di 5 metri, a Genova, ma nell’animo del contemporaneista è sempre presente una buona dose di sogno.
Il Porto Antico negli ultimi anni si è sempre più trasformato in un parco-giochi per turisti, complici le strutture come Acquario, Città dei Bambini, Galeone, Magazzini del Cotone come spazio fieristico e annessi e connessi come la ruota panoramica. Non sfruttare questa visibilità sarebbe realmente uno spreco, calcolando anche la pressoché totale pedonalizzazione dell’area che permetterebbe l’installazione di opere esterne legate ad ipotetiche mostre a Porta Siberia, opere che, nell’epoca dei social, attuerebbero una pubblicità gratuita veicolata dagli scatti dei turisti e dai selfie resi virali sui principali social network.
Difficile pensare che questo pronostico possa mai realizzarsi, certo è che a breve Porta Siberia resterà vuota e senza un progetto concreto ed accattivante si trasformerà nell’ennesima occasione mancata.
Immagine di copertina:
Porta Siberia, Genova. Foto di Valentina C.
Scrivi all’Autorə
Vuoi contattare l’Autorə per parlare dell’articolo?
Clicca sul pulsante qui a destra.