Quando gli animali hanno voce: il diario che sfida a cambiare sguardo

Quando gli animali hanno voce: il diario che sfida a cambiare sguardo

Una dodicenne denuncia con un racconto lo sfruttamento e accende un dibattito su antispecismo e libertà d’espressione.
30 Novembre 2025
9 min
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Un lupo che racconta del suo timore che gli esseri umani distruggano la sua tana. Un cervo che parla di cambiamento climatico. Ma soprattutto una mucca che denuncia lo sfruttamento subito: “Mi fanno partorire solo per vendere il mio latte, sono davvero dei ladri”, dice l’animale, voce simbolica di milioni di specie invisibili.

È così che un diario distribuito nelle scuole del Verbano Cusio Ossola, in Piemonte, ha finito per scatenare un’ondata di polemiche a livello nazionale. 

Tutto nasce proprio da questo racconto, intitolato “Blog in Val Formazza Miaoo!!” e inserito nel Diario Amico 2025/2026 in quanto vincitore del premio Leggere le Montagne di Ars.Uni.VCO.

Una semplice storia che ha attirato subito l’attenzione dell’Associazione Nazionale per la Tutela dell’Ambiente e della Vita Rurale, che ne ha chiesto il ritiro:

“riteniamo questi contenuti offensivi per gli allevatori e chiunque non abbracci uno stile di vita vegano – si legge nella petizione – Tutto questo è profondamente diseducativo per i nostri figli, che hanno diritto di crescere ricevendo le corrette informazioni”.

Altrettanto forte si è stagliata la voce di associazioni e attivisti antispecisti, tra cui Carmen Luciano, che ha lanciato una contro-petizione:

“allevare animali significa approfittarsi della loro presenza sulla terra per il proprio vantaggio e nessuna creatura poi spedita al macello lo merita – viene scritto nella nota – La petizione affinché il diario sia ritirato è un gesto prevaricatorio che limita la libertà di espressione di chi attua dissenso a favore della vita. L’umanità ha estremo bisogno di empatia”.

Anche LAV (Lega Anti Vivisezione) si è espressa a riguardo della questione, sottolineando che il testo della bambina affronta in modo corretto il tema dello sfruttamento delle mucche nella filiera del latte.

Senza contare che la censura del diario segnerebbe la sconfitta di valori come la libertà di espressione, garantito dalla Costituzione, e del protocollo d’intesa volto a promuovere l’educazione al rispetto di tutti gli esseri viventi in ambito scolastico (legge 92/2019).

“L’approccio degli oppositori – scrive in una nota Giacomo Bottinelli, responsabile Ufficio A Scuola con LAV – sembra motivato dall’esigenza di difendere l’economia degli allevatori più che dalla necessità di informare ed educare correttamente gli alunni”.

Allo stesso tempo, altri movimenti antispecisti hanno colto l’occasione per sottolineare come l’istruzione resti spesso ancorata a un modello antropocentrico, dove gli animali sono visti solo come risorse, strumenti, prodotti. 

Quando gli animali hanno voce: il diario che sfida a cambiare sguardo
 Alcuni animali ospiti del rifugio Fattoria Irma. Fonte Fattoria Irma

Dalla fabbrica alla scuola: un meccanismo invisibile

Il caso del Diario Amico ha portato al centro del dibattito un tema spesso confinato ai margini, qualcosa che avviene da sempre, ma a cui non viene dato il giusto peso quando se ne è diretti testimoni: il diritto degli animali a essere rappresentati non come oggetti, ma come soggetti morali.

“Facciamo un viaggio nel passato – racconta Tiziana Nanni, attivista antispecista genovese – l’anno preciso non so indicarlo, so solo che frequentavo le scuole elementari. Gita scolastica, con meta centrale Parmalat di Genova. Ricordo un giro per la fabbrica, con tanto di spiegazione su quanto i prodotti caseari fossero nutrienti, il tutto conclusosi con una merenda a base di latte e yogurt”.

E oggi, all’alba del 2026, il programma “Latte nelle scuole” è più vivo che mai, con i vari marchi che ogni anno si sfidano per aggiudicarsi le regioni e, di conseguenza, gli istituti che ne fanno parte.

“Ritengo che la questione metta in luce la società in cui ci troviamo – sostiene Viola Mattiazzi, fondatrice del santuario “Fattoria Irma” a LodiQuando viene detta una verità scomoda, si cerca sempre di tappare la bocca. Quello del latte, poi, è un ambito complesso perché la sofferenza è più sottile, più difficile da vedere”.

Quello che Nanni definisce un “meccanismo subdolo”, sfruttato anche dagli allevatori e dalla classe politica:

“cavalcando la difesa del Made in Italy, viene negato il nocciolo della questione – continua Nanni – Potete censurare i nomi dei prodotti, i disegni dei bambini a scuola, ma non il pensiero individuale: lo sfruttamento di esseri viventi non ha nulla a che vedere con l’amore per la propria patria e cultura”.

Soprattutto se si pensa che molte altre realtà “amiche” non vengono affatto tutelate: si va da aziende di prodotti a base vegetale ad associazioni e santuari di animali salvati, che, ad eccezione dei fondi raccolti con le loro attività interne, non godono di alcun tipo di sussidio. 

Tra questi, alcuni hanno aderito alla Rete dei santuari, nata nel 2014 per unire le forze in un contesto che non riconosceva ufficialmente queste realtà, ma che le vedeva come degli allevamenti, con tutto ciò che ne conseguiva.

Solo nel 2023, con un decreto ministeriale, i santuari sono stati ufficialmente distinti dagli allevamenti intensivi: nel concreto, però, il passaggio non è così semplice e fluido e dipende anche molto da regione a regione.

I gruppi riuniti in questo progetto sono attualmente 26 e, generalmente, vi trovano dimora cavalli, asini, mucche, maiali, capre, pecore, galline, anatre, tutti sottratti a un destino di morte o sfruttamento.

E il numero è elevatissimo:

A livello mondiale, vengono allevati per scopi alimentari oltre 92 miliardi di animali l’anno, contando solo quelli terrestri.

“Mettiamo fine alle narrazioni sugli zoo, i circhi e le fattorie felici, per dare spazio a ciò che accade davvero”, osserva l’attivista.

“Si dovrebbero mettere in circolo empatia e comprensione – dichiara Mattiazzi – ma sono pochi gli insegnanti ad avere questo tipo di sensibilità”.

Spesso, racconta l’attivista, le è capitato di rapportarsi a docenti per organizzare gite nel santuario da lei fondato, “Fattoria Irma”, parte della rete. E la reazione è quasi sempre la stessa:

“dopo aver spiegato le attività, sottolineo che non accetto pranzi al sacco perché qui non devono entrare derivati animali – spiega – A questo punto, ogni volta, gli insegnanti si frenano: c’è il rischio che i bambini vogliano un toast con il prosciutto e chiedano perché non possono mangiarlo. Poi cosa dobbiamo dire loro?”. 

Tematiche, queste, che sarebbe imprescindibile affrontare fin dalla più giovane età:

“Allo stesso modo in cui si organizzano gite alle fabbriche, alle fiere del biologico o del bestiame, si dovrebbero offrire attività e uscite alternative – sostiene Nanni – Le visite ai santuari, ad esempio, possono avvicinare i più piccoli all’esistenza nelle sue molteplici forme”.

L’Italia, del resto, è ricca di luoghi e associazioni che rispettano la soggettività di tutti gli animali e se ne prendono cura di conseguenza. E molte hanno sede a Genova, tra cui “Il Quadrato Luminoso”: si tratta di un rifugio fondato nel 2015 da Matteo Manetti e poi spostatosi a Montoggio, in cui diverse specie provenienti da situazioni di maltrattamento vivono libere e in armonia con la natura e gli uomini.

Un’idea ben lontana dalla logica che sta alla base degli allevamenti intensivi: qui, gli animali sono rinchiusi, stipati l’uno addosso all’altro e nutriti con scarti.

Focalizzandosi sull’industria casearia, le mucche vengono ingravidate artificialmente a ciclo continuo e, subito dopo il parto, vengono attaccate alle mungitrici meccaniche e separate dai vitelli. Dopo anni, quando smettono di produrre quanto dovrebbero, vengono mandate al macello. 

Il diario che sfida a cambiare sguardo.
Una foto del rifugio Fattoria Irma. Fonte Fattoria Irma

“Sono diventata vegetariana a 12 anni – ricorda Carmen Luciano – La scintilla è partita da un volantino informativo sulla macellazione, che circolava nell’istituto grazie a una docente di arte. Le sarò per sempre grata”.

Ecco perché, per lei, è essenziale fare spazio a lezioni di etica e di empatia nelle scuole, con ore dedicate alla consultazione di materiale scientifico, “dove si evidenzia l’impatto che ha un modus vivendi specista”.

Del resto, “quando si parla di animali con i più giovani, la prima cosa da fare è non raccontare bugie – riflette ancora – Ma questo non avviene e i bambini oggi sono ancora vittime di stereotipi ai danni delle altre specie, come pensare che la mucca fa il latte proprio per gli uomini”.

Gli animali esistono per sé stessi, non per noi, ed è importante ribadirlo, secondo Luciano. 

“A riguardo, non ci sono altri valori da insegnare se non il rispetto e l’empatia – ribadisce Nanni – Volutamente evito di parlare di sensibilità: rispettare la vita altrui non è questione di sensibilità, ma di basilare civiltà”.

A tal proposito, continua l’attivista:

“se potessi lanciare un messaggio agli studenti, chiederei loro di mettersi nei panni di un animale di un qualsiasi allevamento: vivono in condizioni di costante paura e dolore, finché non vengono mandati al macello. Vi piacerebbe che qualcuno scegliesse la durata della vostra esistenza? Accettereste una non esistenza in spazi ristretti, dove vi viene negato qualsiasi diritto basilare?”. 

Creatività in gabbia: proteggere la libertà d’espressione dei più piccoli

D’altra parte, il caso del Diario Amico ha sollevato un dibattito sulla libertà d’espressione dei bambini.

Il progetto, pensato come uno spazio personale e inclusivo in cui i giovani potessero raccontare emozioni, esperienze e opinioni, si è scontrato con regole e censure imposte da adulti, allevatori e istituzioni. 

Il diario che sfida a cambiare sguardo.
Bambini e creatività. Foto di Stephen Andrews

“Un bambino deve avere la libertà di esprimersi senza essere giudicato o, come in questo caso, messo al centro di una ridicola bufera mediatica – commenta Luciano – È qualcosa che va spronato, non certamente demonizzato”.

Insomma, rispettare la libertà espressiva dei bambini, anche quando riguardano temi delicati come questo, è fondamentale:

“a mio avviso, lo spirito critico è la chiave della nostra essenza: conoscere, porsi domande, nutrire dei dubbi, imparare, ricredersi e conoscere ancora, questa è la vita – dichiara Nanni – Negare questa possibilità significa negare una possibilità di crescita e arricchimento”.

Al di là delle costruzioni sociali che vorrebbero cucirci addosso, “l’opinione di una ragazzina, divergente da quella altrui, è stata vista come una minaccia per gli interessi economici – commenta Carmen Luciano – L’istruzione pubblica non dovrebbe tollerare una cosa simile”.

Questo episodio evidenzia, infatti, come la creatività dei più piccoli possa essere vincolata dai pregiudizi che opprimono gli adulti, creando un clima in cui i bambini imparano a moderare le proprie parole e le proprie idee, autolimitandosi per stare nei confini di ciò che è ritenuto socialmente la norma.

“Comprendo siano discorsi complessi, ma ciascuno merita di sapere e di poter agire di conseguenza – spiega Nanni – Temi come la libertà e la vita sono essenziali e comprensibili a qualsiasi età, se introdotti con la giusta prospettiva, e si può far capire il prezzo, in termini di vita, che sta dietro a un piatto”.

Proprio per questo è necessario informarsi, documentarsi, farsi domande. 

“Gli adulti non vogliono vedere cosa accade davvero, perché questo porterebbe a dover combattere la comodità delle abitudini e quella dissonanza cognitiva per nulla semplice da gestire – nota la fondatrice di “Fattoria Irma” – I bambini che mostrano idee diverse dalla massa spaventano, ma non sarebbero loro il problema”.

E un esempio è suo figlio: “quando è nato, io ero già vegetariana. In prima elementare, mio figlio ha cominciato a farmi domande più ragionate e io gli ho sempre risposto sinceramente su cosa accade alle mucche e ai vitelli, ad esempio”.

Così, il bambino ha deciso autonomamente di diventare vegano: “è questa la differenza, che lui ha avuto modo di sviluppare un pensiero critico”

Anche nel corso del suo attivismo, Nanni ha constatato che persone di giovane età, non giovanissima età, comprendono questi temi senza difficoltà.

“Credo che il timore nell’affrontare determinate questioni dipenda più dai genitori che non da autentica paura di poter turbare i figli”.

È dello stesso avviso anche Luciano: “ai genitori, vorrei dire di non trasmettere concetti opposti alla realtà solo perché li hanno a loro volta ricevuti e accettati come verità indiscutibile. Non ostacolate la libertà di conoscere dei vostri figli e imparate da loro il rispetto per gli animali”.

Lo stesso discorso vale per la scuola e il suo insegnamento: “esistono infiniti dibattiti su ciò che è o non è adatto alla scuola – evidenzia Tiziana Nanni – Dal mio punto di vista, dovrebbe essere un supporto per l’individuo, affinché sviluppi la propria personalità e individui la propria strada, ponendosi domande e sbrogliando i propri dubbi”.

Un approccio che può essere applicato all’antispecismo, così come all’educazione sessuale, affettiva, relazionale e molto altro ancora.

“In un mondo in cui imperversa la violenza – commenta Mattiazzi – se riuscissimo a formare gli adulti di domani in grado di ragionare davvero e di opporsi a ciò che è sbagliato, questo si ripercuoterebbe su qualsiasi forma di sopraffazione, non solo nei confronti degli animali, senza girarsi dall’altra parte. Solo così si può sperare in un futuro migliore”.

Il Diario Amico ricorda che l’etica non si insegna solo attraverso le leggi o con i programmi scolastici, ma anche con le parole di chi, ancora bambino, osa immaginare un mondo più giusto.

Non è stato il racconto in sé ad accendere la miccia, ma la possibilità che i giovani imparino a ragionare con la propria testa e a considerare mucche, lupi, cervi e altri animali non come una proprietà, ma come esseri degni di vivere.

“Da attivista – conclude Tiziana Nanni – vedere un bambino esprimere la propria empatia verso gli animali significa che c’è speranza per un futuro in cui le nuove generazioni potranno crescere libere da preconcetti e pregiudizi dettati dall’idea che l’uomo sia superiore a tutti gli altri esseri viventi”.

E questa, forse, è la vera rivoluzione che fa paura.

Immagine di copertina:
Fonte LAV


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Martina PA.

Classe 2000, si è laureata alla magistrale di Informazione ed editoria all’Università di Genova. Da linguista, la affascina tutto ciò che riguarda la cultura araba. Nel tempo libero, adora leggere e gestisce il blog letterario 20mila libri sotto i mari. Sogna, un giorno, di coniugare il giornalismo e la lotta sociale, in particolare quella femminista.

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