Kamilya Jubran è una cantante, cantautrice, musicista e attivista palestinese. Nata nel 1962, cresce ad Al Rameh, un villaggio palestinese situato in Galilea, nel distretto settentrionale di Israele. I suoi genitori, amanti della musica, la introducono a quella classica araba sin da giovanissima; in particolare suo padre Elias, insegnante di musica e abile fabbricante di strumenti tradizionali palestinesi.
Durante la sua adolescenza, Kamilya volge la sua attenzione verso canzoni a sfondo politico, ascoltando artisti come Ahmed Qaaboor, Al-Sheikh Imam e Marcel Khalife. Riporto un passo della canzone شيد قصورك (Erigete i vostri castelli) del 1984 del famoso compositore e cantante egiziano Al-Sheikh Imam, conosciuto per i suoi testi politici in favore dei poveri e delle classi operaie:
Al-Sheikh Imam – شيد قصورك
Erigete i vostri castelli sulle nostre fattorie
Erigeteli dalla nostra fatica e dal lavoro delle nostre mani
Ed ora le taverne sono accanto alle fabbriche
La prigione al posto dei giardini
Rilasciate i vostri cani per le strade
Chiudeteci dietro le vostre sbarre
Realtà che diventano poesia, poesie che diventano musica:
Kamilya ne è attratta. La giovane cantante mostra sin da subito una sensibilità e un’intelligenza emotiva tali da portarla a interrogarsi e interrogare: così va a svilupparsi in lei uno spiccato interesse verso questioni che concernono le sue origini, la sua terra e l’identità del suo popolo.
Gli artisti che impara ad apprezzare “diventano [così] catalizzatori di anni di riflessione e introspezione. Inizia a indagare la realtà dell’essere palestinesi arabo-israeliani, [una realtà] intrappolata tra la sovranità israeliana post-1948 e la minaccia di perdere la propria identità.“
Nelle parole della cantante, in un’intervista a Parigi:
“Vivere in un villaggio palestinese in Israele, segregato eppure parte del sistema, non è crescere in un contesto palestinese. La generazione dei miei genitori era ancora sotto lo shock della nuova situazione in cui stavano vivendo ma non trovavano le parole per dirci ciò che era avvenuto. Sapevamo semplicemente che erano infelici e arrabbiati.”
Una testimonianza che evidenzia, assieme ai testi stessi della cantante, quanto le origini di Kamilya abbiano da sempre influenzato le sue opere, fungendo a volte da sottotesto per le sue composizioni, e a volte presentandosi come principale fonte d’ispirazione nel suo processo creativo.
Al Rameh, città araba in Israele, è un centro dove culture, etnie e religioni diverse convivono; nata e cresciuta tra le fila di molteplici influenze culturali, Kamilya assorbe tutto e tutti, diventando il retaggio di una terra che racconta le memorie dei suoi popoli, di conquistatori e conquistati.
Sabreen
Trasferitasi a Gerusalemme all’età di 18 anni, si unisce all’innovativo gruppo musicale Sabreen nel 1982, iniziando così a esplorare un nuovo percorso musicale, sviluppando stile e sound unici, tratti distintivi che l’avrebbero poi resa una degli artisti palestinesi contemporanei più originali e apprezzati. La sua creatività e la sua costante ricerca della verità mostrano una Kamilya onesta, impenitente, sensibile, diretta: una cantante profondamente umana. Il gruppo Sabreen è stato unico nel suo genere, pioniere della musica arabo-palestinese moderna.
Il suo approccio originale si basava sulla “ricerca di arrangiamenti musicali che potessero unire influenze occidentali e orientali, […] presentando messaggi che tendono a mostrare resistenza, speranza e trasparenza.” Le loro canzoni volevano riflettere la realtà umanitaria e culturale palestinese e in particolare dare voce alla sofferenza del loro popolo.
“La musica dei Sabreen mescola strumenti tradizionali come il kawal, l’oud, il quanoon e il buzuq con strumenti classici moderni, come il contrabbasso, il violoncello e il violino. Insieme a testi scelti con cura, il risultato è una ricca musica sperimentale.”
Sabreen rappresenta la fase sperimentale di Kamilya a stretto contatto con altri musicisti.
Werner Hasler e Sarah Murcia
Nel 2002, la cantante si trasferisce in Svizzera e successivamente a Parigi. Il lavoro in Europa rappresenta una fase diversa della sua vita artistica: una sperimentazione musicale da solista alla ricerca di influenze ancora più varie, attraverso collaborazioni e progetti con musicisti e poeti come Werner Hasler e Sarah Murcia che arricchiscono il repertorio di Kamilya allargando ancor di più gli orizzonti della sua musica d’avanguardia.
Il retaggio di Kamilya Jubran è una musica che non ha paragoni. I suoi progetti musicali, soprattutto i più recenti, riflettono le ambizioni musicali di una vita: mutevoli, inaspettate, incredibilmente creative.
I suoi testi in lingua araba sono accompagnati da musica jazz e sintetizzatori, dai suoni più tradizionali ai più inaspettati, “[…] una convergenza musicale e estetica che si è consolidata attraverso l’approfondimento di diverse composizioni di Kamilya Jubran basate su poesie in prosa, in modo da dare all’oud una totale libertà ritmica e melodica.”
La sua voce si espande e si richiude in se stessa, si allarga e si restringe, ci chiama a sé, ci avvolge col suo manto melodico e ci ipnotizza con i suoi semitoni. L’atmosfera non è definibile, è qualcosa di ancestrale eppure futuristico, come un film cyberpunk dai toni distopici e noir.
Kamilya Jubran, Werner Hasler – Lam (2011)
Successivamente non si sono verificati eventi pericolosi.
Solo un paio di guerre
Per soddisfare il lungo tempo della storia
Anni in prigione
Per studiare la storia degli insetti
Mezzo secolo in esilio
Senza un documento delle istituzioni dei despoti
E poesie
Che ho dimenticato nei bar
Sulle tavole degli ubriaconi immortali
Articolo di
Marta Lioce
Immagine di copertina:
Foto di Mink Migle
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