«Aprire un atelier non era nei miei piani, forse è nato tutto perché da piccola le mie amiche avevano sempre i vestiti alla moda. I miei genitori invece non sono mai stati frequentatori di negozi di grandi marche. Mamma diceva che era inutile comprare molte scarpe, il piede mi sarebbe cresciuto. Tenevo strette le mie Nike Silver. Per me erano scarpe bellissime». Federica Bignone – 21Rosso Lab
Cosi si racconta Federica Bignone
Classe 92 è la proprietaria di 21Rosso Lab, un piccolo atelier in Vico Vegetti, nel centro storico di Genova. La sua attività è il suo unico grande amore.
Caschetto biondo sbarazzino e oggi un paio di Reebok ai piedi.
Caffè e una slerfa di focaccia, poi di corsa sul motorino con gli Ex Otago nelle orecchie. Questa la routine, quando non deve coprire i turni al Tire Bouchon, il frequentatissimo locale di Piazza Lavagna.
«Non posteggio mai vicino al Laboratorio. Lascio il motorino sempre in Piazza Fontane Marose per poi percorrere i vicoli a piedi. Sono romantica? Un po’. Ma mi sento più vicina alla mia città e al suo magnifico centro storico», dice Federica.
Scendiamo i caruggi insieme, questa volta.
L’atelier affaccia sulla mattonata; è accogliente, intimo. Ristrutturato e da poco ridipinto insieme alla “collega della stanza accanto”, Elena, che fa di una parte del laboratorio il suo spazio per dipingere.
Federica mi porge un caffè, si appoggia alla parete e si accende una sigaretta.
«Sono sempre stata attratta dalla moda sartoriale; ricordo che da piccola rubavo i jeans di mia madre, li scucivo e li personalizzavo», racconta e aggiunge: «della moda amo il suo essere unico.
Le varie catene di abbigliamento reperibili su scena nazionale e globale hanno secondo me un po’ distrutto questo suo valore. Insomma ormai è la prassi. Centomila copie e centomila persone con la stessa giacca.
Il mio scopo?
Quello di educare le persone a comprare cose di qualità ed evitare così le grandi catene dove c’è spreco incredibile di materiale e dove gli abiti sono solo “cose” usa e getta». Educare le persone alla diversità, questo il suo motto.
«Il gruppo viene sempre definito dal modo di vestire, questa è una cosa per me assurda», dice e aggiunge: «se io voglio star comoda esco in tuta, ma non quella di Adidas, solo perché va di moda. Esco con la mia. Per differenziarmi voglio qualcosa che nessuno ha. Voglio creare quello. Voglio essere quello».
Federica realizza tutto da sola. Sua la scelta delle stoffe, sua la costruzione del modello. Si ispira alla moda degli anni ‘50 e ’60 del secolo scorso.
Ci spostiamo in un’altra piccola stanza. Ad accoglierci un tavolo grande, centrale.
Federica prende in mano una matita, una forbice e i fogli di carta velina: «ho sempre avuto la passione per la moda sartoriale. Dopo le superiori mi sono iscritta a Design. Adoro che da una semplice idea si possa realizzare qualcosa di reale, concreto. Studiare mi ha permesso di crescere e appassionarmi sempre più alla materia».
21Rosso Lab non dispone di un sito online, quindi Federica conta sul passaparola e sulla fidelizzazione della clientela. La maggior parte dei suoi affari si basa sulle relazioni personali: «tutto quanto gira attraverso passaparola, prima le amiche, poi le amiche delle amiche».
Federica realizza anche capi da uomo «ho notato che sono spesso proprio gli uomini a tenere molto allo stile e alla qualità. Sono molti i giovani ragazzi che mi chiedono camicie su misura. Forse c’è poca proposta in città», spiega.
«Mi piacerebbe che le piccole realtà come il calzolaio, il falegname e il sarto tornassero ad avere più spazio e ricevessero maggior attenzione. Usare le proprie mani per creare è una delle cose più belle del mondo, assisti a una nascita e a una crescita», racconta.
Se da un lato il consumismo causa sempre di più la perdita di legame col territorio e porta le piccole botteghe e i piccoli artigiani a vedersi dimezzare la clientela, dall’altro l’avvento della pandemia da coronavirus ha obbligato moltissime piccole realtà commerciali e imprenditoriali ad abbassare la saracinesca. Federica si è salvata grazie alla realizzazione di mascherine personalizzate, richiestissime: «ho ricercato le fantasie, le stoffe, i motivi e i colori. Mi sono divertita. Ho giocato molto con i tessuti. Credo molto nell’unicità e non voglio che nessuna persona giri con la stessa mascherina».
Federica mi porge qualche suo capo e mi chiede di essere attenta nel toccarlo.
«Amo gli abiti e amo le persone che sanno rispettarli. Sono molto pignola sulle cose che realizzo. Vorrei sempre vedere in faccia chi compra i miei capi» e aggiunge ridacchiando: «sono cose delicate che io consiglio di lavare a mano. Vorrei proprio sapere chi lava a mano nel 2020 a parte mia mamma. In effetti forse solo lei».
Appesi alle pareti dell’atelier camicie, top, bluse, gonne. A fiori, righe, quadri. Insomma ci sono fantasie di ogni tipo. Tutto è rigorosamente realizzato a mano.
«Mi lascio ispirare da ciò che mi circonda. Penso sempre a cosa vorrei indossare io. Ho molte riviste dei primi anni del ‘900. Mi affascina tutto ciò che è passato, probabilmente perché non l’ho vissuto. Ovviamente seguo con attenzione anche il lavoro degli stilisti del momento».
Il prezzo? «certo non quello reperibile in una catena di abbigliamento», sostiene Federica, che aggiunge «per questo le persone comprano ancora poco. C’è ancora troppa gente che non comprende il valore di un lavoro realizzato a mano. A meno prezzo trovi di più. A pari prezzo una maglia “alla moda” D&G».
Ci salutiamo con la sua ultima sigaretta della giornata: «ci sono momenti in cui mi incanto guardando i miei vestiti e dico ad alta voce “Wow!” sono io questa! Li ho realizzati io e li amo! Ancora non ci credo. Sono orgogliosa di me stessa, sono davvero molto soddisfatta. Credo che la mia mente non smetterà mai di creare».
Immagine di copertina:
21Rosso Lab, Genova. Foto di Francesca Bignone
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