Princesa

Princesa: nel disperato tentativo di somigliare a se stess*

Vi racconto la comunità transgender di Genova tra caruggi, musica e poesia: un'aperta lotta sostenuta da grandi personalità come De Andrè e Don Gallo.
29 Dicembre 2020
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Con il termine ‘ghetto’, nato nella Venezia del ‘500, si indica una realtà urbana travagliata ed emarginata, luogo di reclusione forzata di quelle componenti della società considerate come anormali o pericolose. Ma cosa si intende per normalità? È solamente una questione di maggioranze.

Anche Genova partecipa alla creazione di quella costellazione di ghetti ebraici formatasi nell’Europa moderna a partire dal XVII secolo.

Nasce così una delle mille città che convivono all’interno del capoluogo ligure. 

Il ghetto della Lanterna si trova nella zona tra piazzetta Fregoso, vico del Campo e vico Untoria e ancora oggi rimane luogo di pittoreschi e drammatici ricordi che fanno da cornice a una realtà reclusa ai margini del tessuto urbano ed economico della città, ma che continua a lottare per l’integrazione.

Vicoli di Genova. Foto di Claudio Meirana

Dagli ebrei al ceto popolare, dalle prostitute ai trans: i vicoli di Genova diventano un quartiere a luci rosse ante-litteram e a partire dagli anni ’60 del Novecento assistono a un’intensa migrazione di persone transgender.

All’epoca, infatti, vigeva ancora il reato di mascheramento politico, retaggio delle leggi fasciste del 1931, che dichiarava sanzionabile chiunque alterasse i propri connotati essenziali. Insomma, le persone transgender erano costrette a vivere nascoste per questioni non solo pregiudiziali ma anche legali. La legge sul mascheramento verrà abrogata nel 1970 e questa sarà solo la prima conquista di una lunga e ancora aperta battaglia per i diritti dei trans e delle trans.

Nel 1982 la legge 164 riconosce legalmente le persone transgender, ma ancora ne determina un’esistenza condizionata. Solo nel 2015 la Corte di Cassazione e la Corte Costituzionale stabiliscono che la corretta interpretazione della L.164 escluda la necessità, ai fini del percorso di rettificazione anagrafica, dell’intervento chirurgico.  

E’ invece necessario aspettare l’anno 2018 per una revisione dell’ ICD-11 (International Classification of Diseases dell’OMS) che cessa di considerare la disforia di genere come una malattia. Solo con l’arrivo del 2020 siamo giunti a un provvedimento legislativo contro la discriminazione nei confronti della comunità LGBT, la legge Zan. Infatti, sulla scia della legge Mancino (1993) che dichiara l’illegalità delle discriminazioni su base etnica, nazionale e religiosa, essa pone le stesse sanzioni anche alle discriminazioni riguardanti l’orientamento sessuale e l’identità di genere.

Con la legge Zan viene inoltre istituita la Giornata Mondiale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia : il 17 Maggio. La lotta per riformare la legge 164 continua, alla ricerca di un pieno adempimento all’autodeterminazione contro l’impianto paternalistico della società italiana.

Qual è il ruolo di Genova all’interno di questa battaglia? 

Quando l’allora sindaco genovese Marta Vincenzi (2007-2012) firma un’ordinanza per chiudere i “bassi” del centro storico, case e luoghi di lavoro dei sex workers e delle sex workers transgender, la collettività locale deve chiedere aiuto. Si rivolge allora a Don Andrea Gallo, prete di strada, fondatore della comunità di San Benedetto al Porto di Genova e da sempre attivo nella lotta per i diritti dei più deboli e degli emarginati. Grazie alla sua mediazione, i bassi non vengono chiusi.

La lotta di Don Gallo al fianco della congregazione transgender partiva dall’incontro con Fernanda Parias de Albuquerque, transgender brasiliana che si faceva chiamare Princesa, giunta nella comunità di San Benedetto al Porto negli anni ’80. 

La travagliata vicenda di Fernanda, raccontata nella pubblicazione autobiografica “Princesa” (Sensibili alle Foglie, 1994), scritta durante la prigionia a Rebibbia con l’aiuto dell’ex brigatista Maurizio Iannelli, fu di ispirazione per molte narrazioni.

E’ proprio da questa realtà che Fabrizio De Andrè trova spunto per la canzone di apertura del suo ultimo album scritto insieme a Ivano Fossati: “Anime Salve” del 1996, titolo che etimologicamente significa “spiriti solitari”.  L’intera raccolta è infatti l’ennesimo elogio deandreiano della solitudine e ha come tema portante il racconto di persone che tentano a ogni costo di somigliare a se stesse. “Chi non evade non muta” si legge nell’introduzione alla prima stesura del brano. 

“Princesa” è infatti il racconto di una metamorfosi attraverso l’ancestrale e paurosa necessità di solitudine per ricongiungersi con la realtà circostante, o meglio, ritrovarsi in pace con essa. Le tappe della breve e complessa vicenda di Fernanda, scandita in passaggi fondamentali e incisivi, sono sintetizzate in parole emblematiche cantate dal coro finale in lingua portoghese.

Il termine ultimo della canzone è proprio l’obiettivo di tutte le lotte e degli sforzi di persone come Princesa e come le abitanti e gli abitanti del ghetto genovese: “Vivere”. (link al testo)

Dall’insieme di queste esperienze nasce nel 2009, con la presidenza onoraria del Don della strada, l’associazione Princesa

L’Associazione Princesa lotta per rivendicare il diritto a un’identità sociale e personale della comunità transgender, offrendo uno sportello di aiuto psicologico e burocratico. La presidente dell’associazione è Rossella Bianchi, trans lucchese giunta a Genova nel ’65 e da sempre attiva nella battaglia sociale che concerne il centro storico.

Il 18 Luglio 2014, a poco più di un anno dalla morte di Don Gallo, le Princese del ghetto genovese decidono di intitolare a suo nome la piazza tra vico Untoria e vico dei Fregoso. Il Don avrebbe voluto invece dedicare questo luogo proprio a loro, che amava indicare come “sue discepole” e che solamente a lui permettevano di chiamarle con appellative maschili.

Per Gallo nessuno meglio di loro avrebbe potuto costituire la parte fondante di quella comunità che voleva guidare, come diceva lui, secondo il suo quinto vangelo: il vangelo di de André, lungo un cammino in direzione ostinata e contraria.

Immagine di copertina:


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Classe 2000, studentessa di Lettere Moderne presso l’università di Pavia. Diplomata al Liceo Classico. Genovese innamorata della propria città, della storia e dell’arte che permeano tutto (o quasi) ciò che ci circonda. Ha collaborato con il Museo Diocesano di Genova e con il Suq.

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