Sabato 6 aprile si è tenuta la presentazione della pubblicazione di Luca Mengoni “Alberi, fiori, montagne e altre cose 2008-2024” (Casagrande Edizioni) – con testi di Alexandre Chollier e Matteo Terzaghi – dove erano programmati gli interventi di Felice Accame, Alexandre Chollier e Luca Mengoni. Il tutto, all’interno della mostra personale dello stesso Luca Mengoni “Il rovescio dei rami”, inaugurata il 2 marzo presso SHAREVOLUTION contemporary art, piazza San Matteo – Genova, che rimarrà aperta al pubblico sino al 27 aprile 2024.
Quanto premesso era per me completamente ignoto. Per questo ho deciso di andare.
Non sono un esperto di arte, non sono un frequentatore di gallerie, il disegno è una disciplina in cui riesco peggio che in cucina. Ma sono curioso e credo che la cultura, in ogni sua rappresentazione, sia il nutrimento fondamentale per vivere, facendo un passo in più rispetto alla sopravvivenza.
La galleria si trova all’interno di Palazzo Andrea Doria; entrando, sembra di ritrovarsi in un polmone fatto di legno e pietra: i soffitti alti, i piani che si incrociano, la luce che definisce il reticolo di dettagli. Quanta luce dentro un palazzo all’angolo di una piccola piazza degli ombrosi vicoli genovesi!
Forse la bellezza di questa città sta tutta qui: luce nascosta.
Vedo solo alberi e cespugli
Mi presento a Chiara Pinardi, direttrice artistica della galleria SHAREVOLUTION, la quale mi presenta l’artista Luca Mengoni e poi mi accompagna alla scoperta delle opere: arbusti, scale, montagne, fiori, rovi, alberi, rose canine. L’ascesa e la mediazione tra cielo e terra. Le sovrapposizioni.
Io, adesso, vedo solo alberi e cespugli.
Sono convinto siano fotografie. Poi mi avvicino meglio: sono disegni al carboncino, pitture, litografie. I grandi alberi sono sovra-impressionati poiché, una volta disegnati, l’artista ha piegato la carta su sé stessa, facendo così imprimere l’ombra del carboncino.
Sembrano realistici ma, a guardarli bene, sono inverosimili. Il risultato è un albero che mostra sé stesso più tutte le sue spinte esistenziali. Mi piace pensare che possano essere la fotografia del concetto di fisica quantistica. Per quello che ho capito essere, la fisica quantistica.
Poco prima dell’inizio della presentazione, parlo con l’artista e, nel frattempo, è arrivata molta gente, compresa la sua famiglia e i suoi amici. Sono tutti bellissimi, di tutte le età. Percepisco una felicità contagiosa.
Gli chiedo se vi sia territorialità nelle sue opere: questi alberi, questi boschi, sono quelli della Svizzera? La rosa canina è un tema territoriale o simbolico?
Probabilmente disegnerei le stesse cose anche fossi nato in Texas. O forse no.
La rosa canina è assolutamente simbolica, continua a spiegarmi: i boschi sono i luoghi in cui è cresciuto, dove ha portato i suoi figli per mostrarglieli, per trasmettere una geografia familiare. Mi insegna i suoi figli – ora si aiutano tenendosi in spalle – e mi spiega che, in fondo, “tutte queste opere sono ostacoli”.
Si congeda con un sorriso, la presentazione deve cominciare, io inizio a percorrere la mia strada verso la comprensione di dove mi trovo.
Accame, saggista con più di un lustro di studio del linguaggio, ripercorre il concetto di albero nella storia dell’umanità e di come l’uomo abbia utilizzato il paradigma dell’albero per studiare e per conoscere ogni cosa.
Cita l’opposizione di Darwin: l’albero non può essere lo strumento metaforico per la teoria dell’evoluzione perché l’albero non butta rami casuali che possano fallire e, quindi, estinguersi; l’albero ha un’intelligenza programmata. Meglio il corallo, dice Darwin, dice Accame. Io prendo appunti.
Un prospettiva di appostamento
La prospettiva di Mengoni è di appostamento, parziale e relativa, perché non ritrae l’albero nella sua totalità. Lui sceglie per noi cosa, come e da dove guardare l’oggetto rappresentato.
L’artista concorda con questa osservazione di Accame e, anzi, la forza: è anche la distanza a far cambiare la percezione. La distanza fisica (guardare l’opera da 1, 3 o 5 metri) ma anche quella temporale (guardare l’opera subito, dopo un’ora o dopo un mese).
E se Mengoni forza la teoria dell’appostamento di Accame, Chollier – geografo, scrittore e poeta – crea un varco nell’opera e consente, a noi pubblico, di entrarvi dentro. Sfila dal taschino della sua giacca da meta-esploratore la chiave per aprire il portale: “geografia anarchica”.
La distanza giusta dell’osservazione, spiega, non esiste, perché serve sempre l’immaginazione, serve sempre capire qual è la scala con la quale osserviamo il mondo e pensare che una carta che non fa vedere tutto non è una carta che mente, è una carta che porta ad immaginare.
Ideologia anarchica
Chiude la presentazione l’artista, che rivendica l’ideologia anarchica come impegno di lotta quotidiana, un’ideologia che lui sente con forza e con determinazione, come uomo e come artista. Spera, dice, che questa militanza possa emergere dalle sue opere.
Gli interventi sono finiti, anche gli applausi, scanso ogni tipo di convenevole. Voglio tornare a guardare le opere in mostra.
Nella saletta vi è una serie di montagne: sono distanti, mitiche, leggendarie. Sono fotografie o disegni? Sono vere o immaginate? Poco importa, mi dico, che sia storia o fantasia, l’emozione che nasce da un’illusione di realtà, da un atto di empatia con la stessa, merita di essere indagata e vissuta.
Mi trovo davanti alle ultime rappresentazioni. Sono rose canine, senza rovi, solo frutti e colori caldi.
È finita la sofferenza dell’ostacolo, signora Libertà, signorina Anarchia.
Immagine di copertina:
Mostra “Il rovescio dei rami” di Luca Mengoni. Foto di Mattia B.
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