Italia Che Cambia. Non “Se” ma “Come”.

Italia Che Cambia. Non “Se” ma “Come”

Intervista a Valentina D’Amora, coordinatrice della Redazione Ligure della testata giornalistica Italia Che Cambia.
26 Luglio 2024
8 min
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È un giovedì mattina di fine maggio, quando, alla mia richiesta di intervistarla, Valentina mi propone una colazione in un baretto di quartiere a Sampierdarena “fa brioches francesi ripiene delle più diverse creme e confetture, ti piacerà”.

È un posticino accogliente, vicino alla scuola di sua figlia, molto frequentato, c’è un gran viavai di persone, i baristi si muovono velocemente; ma una saletta sul retro è più appartata, il rumore di tazzine e cucchiaini e il vocio del bancone del bar rimangono in sottofondo, è quello l’angolo perfetto per l’intervista a Valentina.

Intanto che prendo posto e mi ambiento, Valentina arriva, con in braccio la più piccola delle due figlie, di pochi mesi. Valentina arriva sorridente, solare, un po’ trafelata, d’altronde questo incontro è un appuntamento in più nella sua fitta agenda di giornalista, mamma, educatrice ambientale.

Come arrivano al tavolo le brioches alla crema e frutti rossi, i suoi occhi si illuminano e inizia a raccontarsi.

Ed è così che due redazioni liguri, Wall:out e Liguria Che Cambia, si trovano a uno stesso tavolo e iniziano a conoscersi.

Valentina mi dà un segnalibro di Italia Che Cambia, abbasso lo sguardo e leggo: “Italia Che Cambia. Non ‘Se’ ma ‘Come’”, Valentina commenta: “Il senso sta tutto lì in quella frase”.

La Redazione di Italia Che Cambia, di cui Liguria Che Cambia è la redazione regionale locale, indaga i motivi e le modalità dietro ai progetti virtuosi a vocazione ambientale e sociale.

Italia Che Cambia ha uno sguardo curioso sulla realtà e spiega in modo approfondito il perché del successo delle iniziative che documenta e racconta, anche di quelle che sono partite da presupposti sfavorevoli. (Un po’ come la figlia di Valentina! Lei che, senza dentini e con le sole gengive, non si scoraggia, e lentamente ma decisa riesce a mangiare un bel pezzetto di brioche croccante.)

La tua professione è ibrida tra educazione ambientale e giornalismo. Come sono nate, come si intrecciano, come si alimentano le due attività?

Io parto da una formazione linguistica in realtà, quindi un ambito tematico molto distante, però nella magistrale avevo già scelto l’indirizzo “Editoria e giornalismo”, avevo già avuto quel sentore. Sentore che però inizialmente ho abbandonato, appena finita l’università infatti ho iniziato a insegnare lingue. 

Poi per varie ragioni mi sono presa una sorta di anno sabbatico, per ragionare davvero su quello che volevo fare. Nel 2014 ho frequentato il corso intensivo di giornalismo ambientale Laura Conti a Savona, nel 2017 ho sostenuto l’esame da educatrice ambientale dopo il corso di 600 ore iniziato nel 2016.

Ci sono alcuni momenti salienti nella mia formazione che ricordo.

Per esempio il momento in cui, durante il corso per diventare operatrice pet-therapy, il dott. Eugenio Milonis, fondatore dell’onoterapia in Italia, ci chiese: “A turno, ci dite qual è stato l’evento che vi ha cambiato la vita?”. Senza esitazione io risposi: “L’arrivo del mio cane”.

L’avere un cane ha cambiato la mia visione del tutto: è da lì che ho iniziato ad avvicinarmi all’antispecismo, senza ancora dargli quel nome all’epoca, il che mi ha portato a diventare vegetariana e a sviluppare una nuova sensibilità verso l’ambiente.

Durante il corso di giornalismo ambientale i docenti disegnarono sulla lavagna una matrice con quattro quadranti, per farci collocare sugli assi il posizionamento del tipo di sguardo giornalistico che avremmo avuto l’intenzione di adottare: sull’asse verticale lo sguardo da vicino/da lontano, sull’altro lo sguardo positivo/negativo.

Io mi sono collocata subito nel quadrante “positivo, da vicino”. Già lavoravo in quell’ottica all’epoca, quindi già mi collocavo in quello spicchio di prossimità positiva, l’accezione negativa dello sguardo giornalistico non mi interessava.

Puoi spiegare cosa intendi per sguardo giornalistico in negativo?

Il giornalismo d’inchiesta. Per esempio un’inchiesta sull’inquinamento delle falde acquifere, quindi trattando l’illegalità e i danni ambientali.

No, io non mi sono mai orientata sul giornalismo d’inchiesta. Non è di mio centrale interesse scrivere dei danni ambientali e delle conseguenze che comportano, mi interessa di più scrivere su che cosa può fare ognuno di noi, in positivo.

Ti interessa quindi scrivere delle soluzioni che si possono trovare per avere un impatto ambientale positivo?

Sì, l’approccio da educatrice ambientale c’era già nel 2014, 10 anni fa, quando scrivevo su Laboratorioveg. Poi arriva il 2020 e il lockdown, ed io avevo un libro nel cassetto, scritto con Samantha Alborno, che non avevo mai fatto uscire per svariate ragioni.

Durante il lockdown una mia ex collega educatrice ambientale mi dice “Ma perché non hai ancora pubblicato Geco – Guida per una rivoluzione ecosostenibile?”. Ma pubblicalo in e-book, no? Adesso siamo in lockdown, già che siamo tutti chiusi in casa e stiamo sempre davanti al computer o al tablet, quantomeno inizi a diffonderlo”.

E così è stato, l’ho pubblicato in versione digitale con Tulipani Edizioni.

GEco - Guida per una rivoluzione sostenibile
Copertina dell’e-book “GEco” di Valentina D’Amora

Era il momento giusto. Com’è arrivato poi il collegamento con Italia Che Cambia?

È andata proprio così: ho pubblicato l’e-book ed è arrivata Italia Che Cambia. Io avevo ceduto i proventi del libro al Centro Antiviolenza di Via Mascherona a Genova. A quel punto Italia Che Cambia mi ha intervistata, infatti se tu cerchi, c’è una mia intervista proprio incentrata sull’uscita del libro. Da lì è iniziato tutto.

Ero nel portone di casa a fare la videointervista, erano ancora i tempi del lockdown.

Poco tempo dopo sono tornati a contattarmi, pensavo mi proponessero di scrivere qualcos’altro, perché comunque il libro era piaciuto. Invece no.

Mi dicono “Valentina stiamo per aprire la Redazione ligure. La vorresti coordinare?”. E lì ho unito i puntini. Ho detto “Sì, certo”. Anche perché è il mio giornale preferito. Già era uscita su Italia Che Cambia la mia intervista relativa al mio progetto ed ero contentissima, figurati poi quando mi hanno fatto quella proposta: camminavo sulle nuvole!

Quindi è iniziato tutto così. Così è nata Liguria Che Cambia.

Qual è il taglio che dai tu, dentro a Italia Che Cambia?

La mia direzione è sempre stata quella dell’ambiente, quindi la maggior parte dei pezzi che scrivo sono incentrati su quello. 

Recentemente è uscita la mia intervista al fotografo Paolo Rossi, sul cortometraggio “Tra le case abbandonate”. Testimonianze di vita selvatica all’interno di ruderi che sono diventati ormai parte della vegetazione nei boschi.

Lui cercava i lupi, nel mentre si è imbattuto in questo fenomeno e ne ha fatto un film, perché ne valeva la pena.

Poi è uscito in questi giorni il mio articolo sulla VegToria di Marco Lavagno. La fattoria vegana con home restaurant sulle alture di Genova, in zona Davagna, che ha anche all’interno un rifugio per gatti. Marco Lavagno con Francesco De Giorgio hanno in mente di avviare anche un’associazione di antispecismo per aiutare gli animali.

Facciamo ora un passo indietro. Come si colloca nel giornalismo Italia Che Cambia come testata?

Italia Che Cambia nasce come giornale a taglio ambientale. L’hai letta la storia di com’è nato il progetto? Iniziò tutto con un viaggio in camper e con la raccolta di storie di persone che volevano invertire tendenza e agire in ottica di sostenibilità ambientale.

Il racconto dell’inizio fa capire la filosofia di Italia Che Cambia. Raccontiamo tutte quelle storie di persone che ce l’hanno fatta, persone che ci sono riuscite, che hanno cambiato vita. Ma raccontiamo anche di persone che hanno iniziato, ma non ce l’hanno fatta. 

È giusto raccontare anche questo, anche le difficoltà, se no la sostenibilità ambientale sembra un mondo idilliaco.

Sì, quasi finto!

Come funziona l’organizzazione tra le Redazioni Regionali e come funziona la Redazione Ligure?

La Redazione Ligure è composta da me, che sul piano redazionale mi occupo di Genova e La Spezia, e dalla mia collega Emanuela Sabidussi, che si occupa della parte della Riviera di Ponente, quindi le province di Savona e Imperia.

Il coordinamento tra le varie redazioni regionali avviene ogni settimana con degli allineamenti online. Però un paio di volte l’anno Italia Che Cambia crea delle situazioni ad hoc in cui ci incontriamo in presenza.

Io mi sono persa la trasferta a Berlino, che è stata fatta a dicembre, perché avevo appena avuto la mia bimba. Non me la sono sentita di andare 9 giorni a Berlino con una neonata. Però quegli incontri sono delle situazioni molto utili al team building e non solo, Italia Che Cambia è una grande famiglia, con me è stata presente anche in momenti difficili della vita.

Ecco questa è una mia curiosità, da donna e professionista, come riesci a conciliare la vita famigliare e lavorativa di Italia Che Cambia?

Italia Che Cambia è un’organizzazione che ti viene molto incontro su questo. Per esempio in questi incontri che ti dicevo che si fanno due volte l’anno, solitamente Italia Che Cambia prevede anche una babysitter che tenga i bambini.

Così anche una persona come me può partire sapendo che ci sarà qualcuno che si occuperà di loro. Anche perché oggettivamente una bambina così piccola, se io trascorro 10 giorni fuori casa, chi la gestisce? Come mamma sai già di lasciare un delirio a casa e non parti serena. 

Su questo Italia Che Cambia è una realtà molto attenta.

Ultima domanda per te. Mi dicevi che stai seguendo un progetto in cui Italia Che Cambia è partner. Quindi Italia Che Cambia non è solo giornalismo, ma anche progettazione culturale?

Esatto, è sia Associazione che Cooperativa. Quindi partecipiamo anche a progetti. Per esempio gli anni scorsi abbiamo realizzato corsi di giornalismo nelle scuole in Piemonte, in Veneto e non solo.

Ma partecipiamo anche ad altri progetti non strettamente legati al giornalismo, ma nel campo della divulgazione, della comunicazione o legati a temi ambientali.

Inoltre la piattaforma di Italia Che Cambia non è solo un giornale, giusto?

Esatto. È anche una mappa interattiva. Ovvero Italia Che Cambia porta avanti l’azione di mappare e mettere in rete organizzazioni e progetti. Non solo li geolocalizziamo sulla mappa digitale, ma organizziamo degli incontri per fare rete.

Io per esempio in Liguria, chiamo a raccolta tutte le persone intervistate su quel territorio, quindi Genova e La Spezia – abbiamo fatto incontri in Val di Vara, in centro a Genova – e le faccio conoscere. Organizziamo quindi proprio degli eventi di networking, in ambiente accogliente e informale, con rinfresco, così le persone chiacchierano e si conoscono.

Sono nati così collaborazioni e progetti validi. In Val di Vara devo dire le organizzazioni e le persone tra loro si conoscevano già perché è un ambiente più circoscritto, invece in una città metropolitana come Genova, più dispersiva, grazie a quell’evento si sono create tante nuove sinergie.

Italia Che Cambia. Non “Se” ma “Come”.
Mappa interattiva di Italia Cambia. Fonte italiachecambia.org

Quindi in quella mappa sono indicate solo le organizzazioni che avete intervistato?

In realtà non solo: diamo alle organizzazioni anche la possibilità di automapparsi. Su Italia Che Cambia ci sono le istruzioni e gli step da seguire. Per le organizzazioni che si sono automappate segnaliamo che noi non abbiamo verificato quel progetto intervistandolo.

Esiste inoltre una responsabile della mappa che si occupa di verificare che i contenuti mappati siano coerenti con lo scopo per cui è nata. Oltre alla mappa, Italia Che Cambia ha anche una bacheca degli annunci.

Sai, quello che mi piace di Italia Che Cambia è che offre anche degli strumenti di conoscenza del territorio.

Eh sì, la mappa è una risorsa. Quando si svolge una ricerca sulla mappa si hanno a disposizione una serie di filtri e criteri di scelta, che permettono di visualizzare tutte le organizzazioni – o comunque buona parte – che sul territorio nazionale trattano lo specifico tema d’interesse.

Grazie Valentina per il tuo tempo e la tua passione.

La mia curiosità su Italia Che Cambia e su Liguria Che Cambia, almeno per il momento, è soddisfatta. Ci salutiamo all’angolo tra la scuola di sua figlia e una creuza che scende verso il mare, con l’augurio che le nostre Redazioni si incontreranno di nuovo.

Immagine di copertina:
Logo di Italia Che Cambia. Fonte italiachecambia.org


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