Da un po’ di tempo a questa parte, quando qualcuno mi chiede da dove vengo rispondo mostrando lo spot promozionale dell’evento Red Bull Cerro Abajo, tenutosi lo scorso ottobre.
La prima volta che l’ho visto sono rimasta assolutamente ammaliata. In tre minuti, l’inquadratura segue un rider che attraversa l’intera città, sfrecciando tra le sue scalinate, i caruggi, la cattedrale, il tutto al ritmo incalzante dell’Inverno di Vivaldi.
Le immagini raccontano una Genova romanticizzata, condita da tutti quei dettagli tanto apprezzati dai turisti stranieri, comprese le lenzuola stese sulle corde da una signora anziana.
Per la prima volta in Europa, Genova ospita un evento sportivo unico, estremo: urban downhill, sponsorizzato da Red Bull.
Imprenditorialismo urbano
A spingermi a scrivere di un evento di mesi e mesi fa è il fatto che, nonostante già sentissi puzza di (tentativi di) city branding, ne ero comunque vittima.
Guardando quel video, non posso fare a meno di sentirmi completamente innamorata di Genova, pur essendo consapevole di essere stata manipolata da una pubblicità costosa. Ho preso quindi la questione in mano, e ho deciso di sfruttare quest’esempio per discutere di alcuni meccanismi che accadono un po’ spesso nella nostra città.
Per farlo, mi sono basata principalmente sul lavoro di David Harvey, dio dell’economia politica e questioni legate all’urbanistica, e in particolare sul concetto di imprenditorialismo urbano.
Questo termine racchiude molte tendenze sviluppatesi a partire dagli anni ‘80, descrivendo come le città vengano gestite sempre più frequentemente come aziende, cercando di attirare investimenti e coinvolgendo sempre di più il settore privato.
Un esempio perfetto di city branding
Al Largo della Zecca, dove gli atleti superavano la linea finale, una delle commentatrici sportive ha ringraziato Red Bull per aver scelto la città di Genova, dandole l’opportunità di migliorare la propria immagine a livello europeo.
Siamo proprio davanti al classico esempio di competizione interurbana, il primo ingrediente dell’imprenditorialismo urbano.
Eppure, si tratta davvero di una scelta?
In uno sport che richiede una certa pendenza e una topografia particolare, Genova non è di certo in competizione con Amsterdam o Berlino.
Mi vorrei poi soffermare sui presunti benefici di questa scelta, che rappresentano il secondo ingrediente del modello città-azienda.
Ci viene sempre propinata la storia secondo cui, ospitando eventi come competizioni sportive, la città aumenta la sua attrattiva, generando un circolo virtuoso di investimenti, ritorni economici, aumento del turismo, miglioramento dell’immagine, ulteriori investimenti e via seguendo.
Prima di entrare in questa spirale di felicità e prosperità economica, però, è importante prendere un secondo di pausa e riflettere sulla veridicità di questa storia per ogni singolo caso.
Nel caso del Cerro Abajo, il comune di Genova ha dato un contributo di 570 mila euro direttamente a Red Bull, e considerando tutte le altre spese per gestire e promuovere l’evento ha investito circa un milione di euro.
A oggi, non ci sono dati che certificano il ritorno economico dell’evento, ma già dai giorni successivi il sito del comune e altre testate giornalistiche hanno descritto l’evento come un successo straordinario.
Ma chi è che trae beneficio da questo “trionfo”?
Se lo provassimo a chiedere a tutti coloro che vivono nei pressi del percorso della gara e che sono rimasti chiusi a casa varie ore, magari ci sarebbe meno entusiasmo.
Subito dopo la gara, Alessandra Bianchi, Assessore al Turismo e allo Sport, ha affermato con entusiasmo che una nuova pagina della storia sportiva della città era stata scritta. La città di Genova è stata mostrata al mondo come “vitale, appassionata e desiderosa di vivere ancora tantissime giornate come quella odierna”.
Ciò che può essere considerato problematico nella narrazione di eventi come il Cerro Abajo è che seguono lo stesso copione acritico.
La città è personificata e descritta come un unico attore con un’agenda coerente. Ma “Genova” non è una persona con obiettivi e desideri chiari: è un luogo formato da una varietà di persone e attori, ognuno con i propri obiettivi e visioni, che a volte possono scontrarsi.
Per mia nonna, che non si interessa di gare ciclistiche, il Cerro Abajo non fu un “successo”: è stata una giornata in cui la città era caotica e rumorosa, in cui non ha potuto usare l’autobus come al solito.

Rinnovo con Red Bull
È stato recentemente annunciato il rinnovo del contratto tra il municipio di Genova e Red Bull per tre anni, col prossimo appuntamento a fine agosto.
Chiaramente, non si tratta di essere contro eventi come il Cerro Abajo, né di negare la forza comunicativa di iniziative spettacolari, divertenti, e che coinvolgono i giovani.
Ma è importante interrogarne le logiche, soprattutto quando coinvolgono denaro pubblico e trasformano lo spazio urbano in palcoscenico per strategie di marketing.
Forse è solo il caso di fare attenzione ai paroloni come “successo” e “trionfo”, cercando di capire ciò che c’è dietro.
Immagine di copertina:
Foto di Jesper Grunder
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