Zena Verde è tornata con un consiglio tutto zeneise e molto green! Durante questi mesi abbiamo conosciuto Roberta, classe ‘93 e genovese doc. Ci siamo innamorate del suo splendido progetto e del suo interessantissimo percorso.
Come ormai sappiamo i ritmi insostenibili che questa società ci impone iniziano a essere faticosi per molti, soprattutto per i giovani, che hanno la necessità, non solo di esprimersi, ma di aver tempo per se stessi, per i loro progetti, per la loro salute e per riscoprire quel ritmo lento e ciclico, sostituito in favore di ritmi più sostenuti e “produttivi”.
Anche Roberta ha sentito il bisogno di staccarsi e allontanarsi da questo sistema che l’ha portata alla creazione del suo brand Remescio.
Abbiamo scelto questo argomento proprio perché, come sappiamo fin troppo bene, il fast fashion è uno dei settori più inquinanti al mondo, ma in qualità di consumatori abbiamo sicuramente il potere di intervenire cambiando le nostre abitudini e diminuendo il nostro impatto ambientale e sociale. (Articolo di wall:out Ci basterebbe la metà di quello che serve)
L’inquinamento dell’industria tessile
L’industria tessile produce in un anno più CO2 di tutto il traffico aereo e marittimo messi insieme, guadagnandosi così il quarto posto nella classifica dei settori produttivi più inquinanti del mondo.
Perfino la CNN ha definito il fast fashion un argomento controverso, in quanto considerato un “modello di business che si concentra sulla produzione di capi all’ingrosso e il più rapidamente possibile, in risposta alle tendenze attuali”.
Il termine fast fashion è diventato così popolare grazie al New York Times che, nel 1989, raccontava la prima apertura di Zara negli Stati Uniti.
L’obiettivo, infatti, era quello di avere un design sviluppato dal concetto al consumatore in soli 15 giorni.
Secondo il rapporto di marzo 2023 delle Nazioni Unite, l’industria della moda rappresenta il 10% delle emissioni globali annuali di carbonio.
Lo stesso documento, riporta un dato particolarmente interessante, ossia la quantità di capi prodotti oggi che è raddoppiata rispetto a quelli prodotti dal 2000, con i consumatori che acquistano circa il 60% in più dei vestiti, ma li indossano solo per la metà del loro tempo.
Come sappiamo l’industria del fast fashion colpisce anche la manodopera a basso costo, con circa 5. 75 milioni di dipendenti in tutto il mondo, di cui solo il 2% di loro guadagna un salario di sussistenza.
Vista la situazione drammatica dell’industria della moda al giorno d’oggi, la moda sostenibile e il second hand ci vengono in aiuto e possono essere parte della soluzione al problema. Tuttavia non basta cambiare il negozio dove fare shopping, se non si procede prima a una decrescita negli acquisti, rendendoli prima di tutto più consapevoli.
È di fondamentale importanza infatti comprare solo quello che ci serve e quando necessario. Se pensi che rinunciare allo stile e alla moda sia troppo difficile, ecco che entrano in gioco progetti come Remescio, in grado di dare nuova vita ai tuoi capi attraverso l’arte del ricamo.
I consigli di Zena Verde | Intervista a Roberta
Mi chiamo Roberta e sono nata nel 1993 a Genova. Fin da piccola sono sempre stata molto esuberante, allegra, curiosa, socievole, casinara, generosa, affettuosa e mangiona. Mi dicono che crescendo ho perso solo i boccoli e che sono rimasta sognatrice e fedele ai miei ideali.
Come e perché nasce il progetto Remescio?
Remescio nasce come progetto personale e non avrei mai pensato che in pochi mesi potesse trasformarsi in qualcosa di più. Per spiegarvi il come e perché è nato, è necessario che vi spieghi il motivo per cui ho scelto questa parola del dialetto genovese.
Ho scelto la parola Remescio in un momento di metamorfosi interiore. Il Remescio per me è una sensazione.
È quella sensazione che arriva dopo un vuoto esistenziale e tangibile. Una sensazione di movimento, rimescolamento che ti porta a compiere dei passi, a non stare fermo, a fare dei cambiamenti e a cambiare prospettiva.
Sappiamo che nel tuo ricamo ci sono dei messaggi sociali molto forti, raccontacene qualcuno?
Fin da ragazzina ho sempre provato una sorta di intolleranza al sistema in cui viviamo. Avvicinandomi al ricamo ho imparato che oltre ad essere una forma di meditazione meravigliosa, è anche un modo per custodire l’unicità di ognun* di noi e un mezzo per poter esprimere la mia opinione su temi che mi stanno a cuore.
La maglietta con i capezzoli è stata tra le mie prime creazioni e per me è molto importante perché rappresenta la libertà di essere se stessi.
Non omologarsi, allontanarsi da stereotipi, dai pregiudizi, da strade precostituite da altri. Scegliere di preservare la propria unicità invece di uniformarsi alle tendenze dominanti di questa società.
Con Remescio possiamo parlare di sostenibilità, raccontaci delle tue collaborazioni
La cosa bella del ricamo artigianale è che ti dà la possibilità di personalizzare capi già presenti nei nostri armadi. Basta anche solo un piccolo dettaglio in più per cambiare l’aspetto di qualsiasi indumento.
Come vi accennavo Remescio è nato come progetto personale e quando dopo solo due settimane ho ricevuto la prima richiesta di collaborazione è stata una sorpresa inaspettata e gratificante perché mi ha fatto capire di essere sulla strada giusta.
Michi ha recuperato 5 giacche di seconda mano, due dell’esercito e tre da operaio, e insieme abbiamo creato spalla a spalla una splendida collezione di pezzi unici.
Due di queste giacche sono state lavorate a 4 mani, una parte ricamata da me e un’altra pitturata da Michi. Queste due per me sono molto importanti perché rappresentano il bellissimo legame che si è creato in questi mesi. Quello che ho imparato da questa collaborazione?
Se credi con tutta te stessa in qualcosa l’universo ti da una mano, tu però ci devi mettere il resto.
Immagine di copertina:
Foto di Roberta (@remescio)
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