Sono passati mesi dall’ultima volta che ci siamo trovati sulla pista da ballo. Un grande problema non solo per i locali, gli artisti e gli operatori, ma anche per tutti coloro a cui urge ballare e ascoltare della musica a tutto volume. Il mondo cambia, la musica fa lo stesso. Ma ciò non significa che produttori e musicisti abbiano smesso di sfornare dischi per le dancefloor di tutto il mondo, e non significa nemmeno che noi abbiamo smesso di ascoltarli. Che sia il club più underground o il salotto di casa, a volte c’è proprio bisogno di lasciarsi andare.
Per questo motivo ho deciso di presentare ai lettori di Wall:out Dancefloor Nostalgia.
Una playlist settimanale dove seleziono e commento dieci brani dal mio archivio, nel tentativo di allietare il vostro weekend. Troverete nuove uscite e classici senza tempo, senza grandi distinzioni; la prerogativa è una sola: farvi ballare.
1 • Seven Davis Jr. – Breaker
One
Must Have Records, 2013
“Breaker” è la seconda traccia del lato A di “One”, l’EP di debutto che sette anni fa ha proiettato Seven Davis Jr. nel mondo discografico. In seguito, per il suo carattere riservato, si è esibito poco, preferendo l’attività creativa. “One” è un disco intriso di soul e funk, profuso dal calore del cantato e dalle linee di basso, una dichiarazione d’amore metropolitano in forma di cera nera. Ascolto imprescindibile per ogni amante della house più sensuale e corporea.
2 • D-Ribeiro – Donut Breakin’
What’s Up Girl?
4Lux, 2015
Ranie Ribeiro, arpista e percussionista di Rotterdam, pubblica tra il 2013 e il 2015 cinque EP di stampo house su diverse label di alto livello, tra cui questa splendida uscita per la multi-genere 4Lux: un ordigno per la dancefloor di quattro tracce una più bella dell’altra che trasudano swing da tutte le parti. Interessanti anche le tre pubblicazioni rilasciate con il suo nome di battesimo, in particolare nell’incrocio tra elettronica, jazz, hip-hop e soul dell’EP semi-strumentale “Individuality”.
3 • Terry Tester – Change Up
Lyderlige Rytmer (2:3)
Copenhagen Underground Posse, 2016
Passiamo a “Change Up”, la traccia più ipnotica e sincopata dell’intera playlist (ad ora), anche questa di un produttore nord-europeo: Terry Tester da Copenhagen. La semplicità della struttura ritmica sfuma verso un groove complesso grazie all’uso del riverbero e del delay sulle percussioni, sulla linea di basso e sul campione vocale, seguiti da un pad che completa il brano armonicamente. I raddoppi dei colpi di cassa fanno breccia nel petto. Ottimo per favorire un po’ di confusione mentale a tarda notte.
4 • Blaze feat. Palmer Brown – My Beat
Basic Blaze
Slip ’n’ Slide, 1997
Il duo Blaze, composto da Josh Milan e Kevin Hedge, ha contribuito a costruire, sin dalla seconda metà degli anni ’80 (nella formazione a tre con Chris Herbert), l’immaginario musicale del movimento newyorkese che si identificava comesoulful house. L’accezione di definizioni di sotto-genere e di stile come questa al giorno d’oggi è sfumata in mille sfaccettature, ma negli anni ’90 aveva sicuramente un significato ben più definito: significato caratterizzato appunto da artisti come Blaze, che sin dagli albori radicano il proprio approccio musicale nel filone del soul americano (e in particolare quello di Motown, su cui nel 1990 rilasciano il loro album di debutto “25 Years Later”). Questo brano è un inno alla blackness e al significato della musica nera, al desiderio di libertà dello spirito dei neri che si manifesta proprio con il ritmo, che a sua volta diventa strumento di emancipazione e di affermazione identitaria.
5 • Rick Wilhite – Get On Up!! (Theo’s Late Dub)
Soul Edge
KDJ, 1996
Rick Wilhite “The Godson” è un’altra testa che ha condiviso il magico percorso dei grandi dj e musicisti della house di Detroit, un importante tassello che va a comporre il prezioso mosaico che è la scena della Motor City. Questo brano dubtratto dal suo debutto per la KDJ è infatti curato da Theo Parrish, con cui appare in progetti all-star come 3 Chairs o The Rotating Assembly. Nonostante “Get On Up!!” compaia su diverse pubblicazioni, non c’è traccia della versione originale di Wilhite, che evidentemente non è mai stata stampata. Il sample attorno al quale si struttura la traccia è campionato da “Home Is Where The Hatred Is” di Gil Scott-Heron & Brian Jackson.
6 • Soulphiction – Blueprint
24/7 Love Affair
Local Talk, 2019
Michel Baumann, come Soulphiction o nei panni di Jackmate, non si risparmia mai. L’album “24/7 Love Affair” raccoglie 17 tracce che raccontano tutta la sua versatilità, pur mettendo al centro del discorso musicale la corrispondenza tra energia e delicatezza proprie della house tedesca più deep. Non mancano delle incursioni di stile tendenti al jazz e all’hip hop. “Blueprint” ha un groove solido, creato dalla bassline muscolosa e una serie di campioni di percussioni, tra cui le conga che accompagnano la cassa, le maracas e i chimes.
7 • Kez YM – Harshly
Pipe Flow
Faces Records Ltd, 2020
“Pipe Flow”, uscito lo scorso aprile, è l’ultimo album di Kez YM, giapponese con base a Berlino. Produttore altamente prolifico, nell’ultimo anno ha pubblicato più di dieci release. La qualità è altissima. Kez YM ha fatto suo uno stile deep house molto accattivante e vicino a quello di Detroit, basato sull’accostamento tra ritmi afro e l’utilizzo di campioni estratti da brani jazz, che viene fuori in brani come “Harshly”. In generale, rimango sempre colpito dagli artisti che come lui riescono ad essere poliedrici mantenendo una sorta di unità di stile. Ascolto consigliatissimo.
8 • Lump – A Promise
Rain
Amplified, 2010
Sulla white label americana Amplified, attiva tra il 2007 e il 2012, dieci anni fa usciva “Rain”, il disco del portoghese Lump, ripubblicato nel 2016 per 4Lux Black. “A Promise” è un’altro brano che parla il linguaggio del funk, nella sua declinazione elettronica vicina alla house influenzata dalla disco. Quattro minuti e trenta di ancheggio garantiti.
9 • Sound Stream – Tease Me
All Night
Sound Stream, 2010
Sound Stream è sicuramente uno dei dj più ballati nei parti house berlinesi. I suoi dischi hanno fatto il giro del mondo e hanno trovato un posto d’onore nelle borse dei disk jockey. Comparse unicamente sulla sua label omonima, distribuita da Hardwax, le otto pubblicazioni di Sound Stream, pubblicate tutte a distanza di anni l’una dall’altra, sono considerate ormai dei classici e dei veri e propri tool per la dancefloor (così come i tre EP rilasciate con il suo alias Soundhack, con il quale debuttava nel 1997). Lunga vita a Sound Stream!
10 • DJ Q – We Are One
Face The Music
Filter, 1997
A “We Are One” risale il debutto di DJ Q, dj e produttore di Glasgow. Viene pubblicato da Filter prima nel 1996, poi l’anno successivo in un EP (in cui compare a fianco del remix di Carl Craig), e poi di nuovo nel 1997 nell’album “Face The Music”, che cristallizza i suoi primi anni di lavoro in una selezione delle tracce migliori, tra cui “Space Dance” (già presente nel disco di debutto) e “Delirious”. Nell’introduzione una linea di synth spaziale e fluttuante si evolve accompagnando il parlato e aprendo al sample di un brano degli Instant Funk, “Wide World of Sports” del 1979. Una citazione dalle parole recitate nel testo, da cui emerge una splendida concezione del rapporto tra dj e pubblico: “Pushing back the boundaries we have sought to make you dance, we are your servants which we ever will remain […] We do not seek your admiration, your respect is all we seek, for that respect will help the movement to sustain”.
Immagine di copertina:
CODE WAR. Foto di Micaela Malusà
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