Oggi, 23 aprile, è la Giornata Mondiale del Libro e del diritto d’autore. Francamente è una data che fino a poco tempo fa non tenevo neanche a mente, eppure adesso provoca in me una serie di riflessioni. C’è stato un momento di svolta, un turning point, nella mia vita da lettore. Risale al marzo del 2017.
Allora, per il mio compleanno, decisi di invitare un po’ di amici in casa e di farmi regalare da ciascuno di loro (o anche soltanto prestare) il più bel libro che avessero mai letto.
È stata un’esperienza illuminante.
Mi ha spalancato interi mondi.
Sulla cassapanca in legno all’ingresso di casa mia, reale custode del corridoio che conduce a tutte le stanze, feci appoggiare i doni cartacei. C’era di tutto, dalle tragiche avventure di Krakauer sul K2 raccontate in Aria Sottile, alle autobiografie, dal fascino di Shantaram ai drammi raccontati in Mille splendidi soli.
Alcuni volumi avevano le pagine segnate, altri sembravano immacolati. Alcuni erano scoperti, altri avvolti in un pacchetto di carta marroncina.
Nove mesi: questo è il tempo che impiegai per gustarmi tutti i titoli.
Un periodo che ha radicalmente mutato il mio approccio nei confronti della lettura.
Fino ad allora avevo sempre letto una volta ogni tanto, magari prima di andare a dormire. La scusa del poco tempo a disposizione ha retto per molti anni. La realtà, come sempre, sta in come impieghiamo il nostro tempo. Averne dedicato parecchio ai libri è stato il più bell’investimento che potessi fare negli ultimi cinque anni.
Leggere sensibilizza la forma mentis, apre sentieri intellettuali che possono riverberarsi nella concretezza di tutti i giorni, espande la curiosità come se fosse un gas. I punti di vista degli autori possono innestarsi in quello che è il vissuto di ognuno, arricchendo il serbatoio mentale.
Ciò che conta di più, a mio parere, è l’ampliamento del proprio potenziale espressivo.
Parola è sinonimo di potere
A seconda di come la si declina, può innescare conseguenze pessime o virtuose; in ogni caso, avere dentro di sé una gamma eterogenea e in continuo aggiornamento di spunti espressivi e di idee può fare la differenza. Avere molte traiettorie lessicali con cui dare contorno e descrizione alle proprie esperienze può fare la differenza.
Prendiamo come metafora una cassetta degli attrezzi, che rappresenta il nostro cervello. Supponiamo che abbia dentro un grosso martello e una buona quantità di chiodi. Questo è ciò che possediamo senza aver letto un granché.
Certo, possiamo metterci a piantare chiodi sui muri come un ossesso e appendere quadri, ma per compiere qualche genere di operazione più complessa avremo bisogno di cacciaviti, di pinze, di chiavistelli e di un metro. Di altri strumenti insomma.
La lettura, dal canto suo, può offrire un aiuto immenso nel diagnosticare stati d’animo e sentimenti altrimenti difficili da decifrare, nell’incorniciare situazioni, ma soprattutto nel suggerire nuovi e continui punti di vista. Molti grandi scrittori sono stati anche voraci lettori, non è certo un caso.
Una biblioteca personale solida può dunque consegnarci molteplici strumenti con cui valutare la realtà che ci circonda, andando a rendere maggiormente completa la nostra cassetta degli attrezzi cerebrale.
Genova, oltretutto, è una città che si presta benissimo al relax letterario, tra scogliere, panchine sul mare e spiagge.
Qui su wall:out abbiamo avuto modo di parlare di luoghi fisici e virtuali come il Silent Book Club e Lìbrido, che uniscono un’idea di socialità a quella di tranquillità dettata da un buon libro. Insomma, i presupposti ci sono e sono buoni per poter investire maggior tempo nell’immergersi in qualche trama narrativa.
Ricordiamoci che un popolo che legge è un popolo vivo.
Immagine di copertina:
Foto di Pietro B.
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