Un vanto non solo genovese, non solo ligure, bensì italiano. Partiamo da qui per presentare l’argomento di oggi. Per noi genovesi, ci sono luoghi come l’Istituto Giannina Gaslini, l’Acquario o la passeggiata di Nervi che diamo per scontati, ma poi effettivamente ne conosciamo la storia e le origini?
[Lascio quattro secondi per rispondersi mentalmente…]
Procediamo con un approccio bambinesco, partendo da alcuni interrogativi basilari: chi era Giannina Gaslini?
L’ospedale è sempre stato dedicato esclusivamente alla cura dei bambini? Il complesso prende il nome dalla sua fondatrice? Le strutture sono sempre rimaste localizzate a Quarto dei Mille?
*Refresh*
Puliamo la lavagnetta e iniziamo a ricostruire la storia.
L’Istituto Giannina Gaslini è stato inaugurato nel 1938 da Gerolamo Gaslini, commerciante proveniente da una famiglia dedita all’industria dell’olio d’oliva. Prima di lanciarsi nel suo più grande progetto di vita, conduceva una vita semplice ma dinamica. Da lombardo trasferitosi a Genova, iniziò a svolgere alcune attività legate al porto. Niente di strano, direte voi, del resto ad inizio secolo la Superba rappresentava realmente il terzo vertice del triangolo industriale italiano.
In rapporti difficili con il padre, negli anni ’10 e ’20 del Novecento ha dovuto superare una serie di dure prove impostegli dalla vita. Prima fra tutte: la morte prematura della figlia Giannina, a soli 11 anni. Sconforto, disperazione, un vuoto incalcolabile che ha iniziato a scavare dentro di lui.
Una peritonite acuta è stata l’arpia che gli ha strappato via la figlioletta ancora bambina.
Una malattia che oggi può avere un tasso di mortalità tra il 20 % e il 30% se non curata adeguatamente, ma che cent’anni fa aveva senz’altro indici più elevati. Eppure, la sua reazione sul lungo periodo non è stata quella di un eterno sconfitto. Tutt’altro.
Nella sua testa giunse probabilmente alla conclusione che uno dei motivi che inficiarono sul peggioramento repentino di Giannina fosse stata la carenza di strumentazioni diagnostiche. Più in generale, un sistema ricettivo che a livello ospedaliero non garantiva sicurezza alle faglie più fragili della società, come i bambini. Da queste riflessioni, ha iniziato a sviluppare una convinzione sempre più forte: il desiderio di ridare al mondo una speranza che lui aveva visto naufragare negli ultimi sorrisi della figlia.
Nel frattempo, tuttavia, c’era da lavorare sodo e lui, riavvicinatosi al commercio degli olii, sperimentò anche nel lavoro notevoli difficoltà, soprattutto nei rapporti con il fratello (suo socio in affari). Dopo varie vicissitudini, a partire dalla fine degli anni Venti divenne l’unico proprietario dell’azienda. Da lì, una crescita considerevole gli ha permesso di dare una sterzata alla propria vita.
Proprio così.
Si era giunti ormai negli anni Trenta, una guerra era alle spalle e il suo attivismo politico da latente era divenuto manifesto.
Ragioniamo un attimo su quest’ultimo punto: la sua biografia ideologica è stata oscillatoria, non meno di quella della stragrande maggioranza della popolazione italiana in realtà.
Dopo essersi iscritto nel Partito Fascista nel 1928, è passato sulla sponda del partigianato e nel dopoguerra è confluito nelle file della Democrazia Cristiana. Non deve sorprenderci: gran parte del mondo industriale della penisola ha dovuto fare del trasformismo una componente non indifferente della sua carriera, per poter mantenere gli asset imprenditoriali. Del resto, i contatti favorevoli stabiliti con impegno con la sfera politico/amministrativa gli hanno consentito di avviare con maggior determinazione il suo progetto.
Ma ora passiamo all’aspetto umano. Gerolamo Gaslini può essere ritenuto con ragione un filantropo, concentrato con ardore su una missione che sentiva di dover compiere.
Fin dalle prime proposte concrete per la realizzazione di un grosso ospedale pediatrico, ha messo a disposizione gran parte del suo capitale con generosità. Questo va sottolineato con forza.
Studiando la sua figura, tuttavia, emerge altresì che lavorare insieme a lui non dovesse essere per niente semplice. Aveva un’innata predisposizione all’accentramento delle responsabilità, che lo portava ad accumulare il potere decisionale nelle proprie mani e ad avere una scarsa attitudine al lavoro di squadra e alla condivisione delle visioni strategiche.
Da un punto di vista prettamente economico, ha perfezionato un modello di crescita aziendale radicato su una gestione parsimoniosa delle finanze. Per quanto riguarda lo stile di vita, votato al pauperismo, può venire in mente un Paperon de’ Paperoni di disneyana memoria ma – attenzione! – con la sostanziale differenza che la sua non era affatto taccagneria. Sarebbe erroneo definire “braccino corto” un uomo capace di spogliarsi di tutti i suoi beni e di farli confluire nella Fondazione Gerolamo Gaslini, dedicata sia al finanziamento della ricerca sia a quello per le strutture del complesso.
Questo fatto è avvenuto nel 1949 e rappresenta il terzo step importante della sua vita. Facciamo ordine: quattro infatti sono gli anni che dobbiamo tenere a mente
– Il 1917, anno della dolorosa scomparsa di Giannina.
– Il 1931, con la nascita dell’Istituto Giannina Gaslini a Quarto dei Mille.
– Il 1938, quando il complesso è stato aperto al pubblico dopo anni di lavori.
– Il 1949, segnato dal lancio della Fondazione Gerolamo Gaslini.
Da lì in poi, la qualità delle strutture, la preparazione del personale, la sinergia vincente con l’Università degli Studi di Genova e gli investimenti per la ricerca hanno elevato la nomea dell’Ospedale Pediatrico, rendendolo in pochi decenni un fiore all’occhiello del nostro Paese.
La cura dei bambini è stata e rimane la missione principale, ma ci sono state parentesi di straordinaria emergenza in cui i padiglioni sono stati messi a disposizione della comunità in generale. Il riferimento va, per esempio, agli anni della Seconda Guerra Mondiale, quando i feriti del conflitto vennero curati anche presso il Gaslini.
La localizzazione è stata individuata fin dalle origini nel quartiere di Quarto dei Mille
Accarezzato dalla salsedine del mar Ligure, l’ingresso del complesso si trova a poca distanza dal Monumento dedicato alla spedizione garibaldina. È stato lì che pochi anni prima – nel maggio del 1915 – una folla incontenibile si era ammassata per ascoltare l’arringa di Gabriele d’Annunzio circa l’entrata in guerra dell’Italia e…ehi, ne abbiamo già parlato ampiamente in un articolo! Se non l’hai ancora letto, lo trovi qui >>
Dunque Giuseppe Garibaldi, Gabriele D’Annunzio e Gerolamo Gaslini. Il quartiere è stato la cornice in cui hanno trovato compimento tre importanti tappe storiche della nostra città.
E qui mi sorge spontanea la riflessione: c’è un fil rouge che unisce i loro nomi.
Tutti e tre i personaggi infatti hanno portato avanti un messaggio fondato sulla Speranza. Ma quanti modi esistono per declinare questo sentimento? Tanti, davvero tanti.
La speranza è senza ombra di dubbio uno dei motori della storia dell’uomo. È ciò che ci ha permesso di fare progressi, conquiste, scoperte, avanzate sociali, politiche, economiche. Essa può farsi fede, può farsi ideologia, può farsi salvagente oppure arte. Può farsi anche crimine e devastazione, benintesi.
Chissà quanta speranza nutrivano i mille di Garibaldi, sapendo di essere diretti in Sicilia per dare inizio al progetto di unificazione della penisola. Molti sarebbero morti, certo, ma il fine era glorioso per tutti, e fondato sulla speranza di vittoria.
Così come fondate sulla speranza di vittoria erano le esortazioni del poeta vate D’Annunzio, quando gridava a pieni polmoni “Tutto ciò che siete, tutto ciò che avete, e voi datelo alla fiammeggiante Italia! […]” di fronte a una folla epocale, durante una delle cosiddette “radiose giornate di Maggio”. Di lì a poche settimane, il governo Salandra avrebbe dato l’annuncio pubblico della scesa sul campo di battaglia dell’esercito italiano.
Infine il nostro Gerolamo, che la speranza per la sua bimba l’aveva persa nel 1917, ma che sentiva di doverla riconsegnare ai genitori e ai fanciulli da quel momento in poi, lavorando indefessamente per tale traguardo.
Tre storie completamente diverse, tre traiettorie fondate su alcuni punti in comune. Uno di questi: il quartiere di Quarto.
E oggi?
Facendo un salto temporale fino al XXI secolo, possiamo attestare l’Istituto Giannina Gaslini di Genova come una delle strutture ospedaliere di punta sul panorama internazionale. I numeri, che si possono ricavare direttamente dal sito ufficiale, parlano di 26.000 ricoveri annui, con un 42% dei ricoverati provenienti da fuori regione. Inoltre, sono stati ospitati bambini bisognosi di cure da oltre 74 paesi diversi.
Come già abbiamo avuto modo di scrivere in un articolo recente (Le biobanche, uno dei fiori all’occhiello di Genova), anche settori all’avanguardia come quello delle biobanche per lo studio delle malattie rare e rarissime trovano posto tra i padiglioni dell’Istituto.
Gli attestati di ammirazione per l’efficienza e la competenza del personale giungono da tutta Italia. E tutto questo è partito dal sofferente e travagliato decorso di Giannina, una bambina di 11 con il mondo davanti.
Per concludere, torniamo quindi all’artefice della missione
Gerolamo Gaslini, dopo aver ricevuto la laurea honoris causa in Medicina e Chirurgia all’Università di Genova nel 1957, ha condotto gli ultimi anni di vita con qualche ansia di troppo legata all’andamento della sua azienda di olii. Nonostante il periodo florido per l’economia italiana negli entusiasmanti anni Sessanta, una gestione risibile degli affari ha fatto sorgere più di un problema (tra cui alcuni indebitamenti), generando fasi di stallo nella crescita.
Nel 1964 si è spento, dopo una vita dedicata a un’opera comunitaria che ha gettato le fondamenta per l’ospedale pediatrico che tutti noi conosciamo oggi.
Un uomo con i suoi tratti terreni e i suoi momenti da sognatore, con i suoi difetti e le sue storture, ma anche con un ardore tale da aver individuato un problema strutturale e aver provato a risolverlo alla radice.
Coraggio e passione.
Una storia che parla di cadute e capacità di rialzarsi.
Nel febbraio di centoquattro anni fa (era il 1917), l’espressione sofferente di Giannina si scioglieva di fronte all’impotenza del padre, che da quel momento issò nel cuore il vessillo della sua battaglia a favore dei fanciulli.
Immagine di copertina:
Istituto Giannina Gaslini. Foto di Pietro B.
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