Achtungh! Banditi! Genova

C’era una volta Gina Lollobrigida nel Polcevera

Vedere la propria città in televisione innesca sempre un moto d’orgoglio. Oggi Genova in una serie tv, 70 anni fa in un film che ogni genovese non può dimenticare: Achtung! Banditi!
7 Ottobre 2020
3 min
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In queste settimane si susseguono poster promozionali e voci sull’arrivo della nuova serie tv Petra, con protagonista Paola Cortellesi; la celebre attrice ha recitato in diverse zone del capoluogo ligure e i cittadini, dopo aver visto le cineprese sotto i propri balconi, non vedono l’ora di riconoscere sul piccolo schermo la propria città e i luoghi dove vivono.

Se da un lato queste non saranno né le prime, né le ultime scene di cinema o tv girate a Genova, dall’altro si avvicina la data del 70esimo compleanno di un film che, in passato, ha entusiasmato gli spettatori genovesi in egual misura, se non di più: Achtung! Banditi!

Achtungh! Banditi! Genova
Frame di Achtungh! Banditi!

Nel 1951 Carlo Lizzani realizza il suo primo lungometraggio girato pressoché interamente nei dintorni di Pontedecimo, in Val Polcevera

Il cast si compone di attori presi dalla strada che recitano accanto a grandi nomi del cinema italiano: Gina Lollobrigida, allora 24enne, alla sua diciottesima interpretazione (la prima in un film di genere serio) e Andrea Checchi, un altro attore dai grandi numeri: 172 interpretazioni tra cinema e tv, nonostante la sua prematura scomparsa. 

Lizzani, ex-partigiano, allievo dei grandi maestri del neorealismo, riuscirà a realizzare questa pellicola grazie al grande impegno di “Giuliani” De Negri (Giuliani era il nome da partigiano), il quale per trovare i mezzi necessari alla produzione fonderà la Cooperativa Spettatori – Produttori, raccogliendo le quote tra portuali, tramvieri e operai. Giuseppe de Santis e Luchino Visconti verranno a Genova per sostenere la cooperativa, pur non avendo nessun ruolo nella realizzazione del film.

Vengono raccolti 90milioni di Lire e il film ne incasserà il triplo.

La pellicola, ovviamente in bianco e nero, racconta le vicende di un gruppo di partigiani che, scendendo in città dalle alture della Val Polcevera, tentano di raggiungere una riserva di munizioni e armi conservata in una fabbrica cittadina

Non mancano le caratterizzazioni dei personaggi e i riferimenti ad una realtà molto sentita da Genova: la ribellione degli alpini del battaglione Vestone della Divisione Monterosa, la lotta operaia dentro e fuori le fabbriche e l’aiuto delle donne sole che, nelle campagne, nascondono i partigiani.

Agli occhi dei più giovani il paesaggio fatica ad essere riconosciuto, ci troviamo di fronte un susseguirsi di cartoline d’epoca, prive di quella intensa urbanizzazione che non tarderà ad arrivare. Gli unici appigli visivi immediatamente riconoscibili sono il viadotto ferroviario che delimita i confini tra Pontedecimo e Campomorone, e le piccole stazioni che si susseguono accanto al greto del Polcevera.

Achtungh! Banditi! Genova
Frame di Achtungh! Banditi!

Pontedecimo e il suo viadotto come esemplificazione massima di un topos nella simbologia bellica

I ponti come confini tangibili e controllabili che possono frenare l’avanzata del nemico, ma anche trasformarsi in punti di avvistamento per avere il controllo su chi transita sotto di essi.

Nulla a che fare con la staticità dell’ambientazione che vediamo in film come Quell’ultimo ponte, lungometraggio hollywoodiano del 1977; Achtung! Banditi! mostra i protagonisti in diverse parti della città, soggetti a cambi di programma improvvisi che intrecciano e separano inaspettatamente le loro strade in un susseguirsi di brevi incontri con personaggi che, nella semplicità delle loro azioni e nelle loro brevi battute, condensano tutto il sentimento di speranza nella liberazione di una città ribelle, che vuole tornare libera.

Proprio questo appassiona i genovesi che vedono questo film: non è solo il vedere luoghi familiari, ma soprattutto sentire storie familiari! Storie di resistenza, storie di contadine che nascondono i partigiani tra le fascine di legna o domestiche che li coprono con lenzuola da lavare, infermieri che prestano auto-ambulanze per avvicinarsi il più possibile ai posti di blocco, bariste che distraggono i nemici offrendo bottiglie di vino e, perché no, storie di coincidenze che hanno salvato la vita di qualcuno e condannato qualcun altro.

La pellicola, finanziata da molti genovesi, racconta la storia di altrettanti di loro, di parenti coinvolti più o meno intensamente nella lotta partigiana

I primi spettatori sono famiglie che, dopo pochi anni dalla fine di una guerra che ha martoriato la città, vogliono raccontare gli eroi e vogliono vederli al cinema, vogliono rivedere i propri cari nei volti delle contadine o nelle mani usurate degli operai che con piccoli e grandi contributi, hanno lottato per liberare Genova e l’Italia, vogliono ricordare quella zia che faceva la staffetta in bicicletta, quel lattaio che portava messaggi di nascosto e con essi, loro stessi.

Sono questi i motivi che hanno reso questo film amatissimo da Genova e dai genovesi e, soprattutto, ricordato a distanza di 70 anni

Con l’avanzare degli anni sarà sempre più difficile riuscire a raccontare film come questo, realizzati così in prossimità della fine del secondo conflitto mondiale, frutto di storie ispirate dall’esperienza e non da ricostruzioni storiche indirette. Chi all’epoca aveva un’età adatta a ricordare sta scomparendo e le testimonianze restano solo nella generazione della post-memoria che inevitabilmente e inesorabilmente metabolizza quella fetta di storia come fosse un racconto, dividendo fin da bambino i protagonisti tra “buoni” e “cattivi”.

Storie di uomini che appariranno alla prossima generazione equivalenti a un imperatore sumero o un soldato napoleonico: parte di una storia lontana non più raccontata da chi la viveva e da chi ne era influenzato e plasmato direttamente. 

Il grande (e difficile) compito della generazione della post-memoria sarà preservare queste pellicole dal tempo e continuare a diffonderle per poter avere sempre a portata un mezzo che ci fa sentire il secolo scorso più vicino, tangibile, raccontato da persone che lo hanno vissuto e che, attraverso una telecamera, rendono gli eventi indimenticabili e presenti.

Immagine di copertina:
Frame di Achtungh! Banditi!


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