In occasione della Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, Familia, il film di Francesco Costabile presentato nella sezione Orizzonti all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, tornerà nelle sale per tutta la settimana dal 25 al 30 novembre.
Il regista ha voluto esprimere questo pensiero a riguardo:
“Mai come in questi giorni stiamo assistendo ad una strumentalizzazione politica sul corpo delle donne.
C’è bisogno di un risveglio collettivo contro una classe politica che fa propaganda anche su temi così delicati. Facciamoci sentire, facciamo del rumore, anche nel buio di una sala cinematografica.
Familia è un film sulla violenza di genere che non edulcora, non ammorbidisce un tema che va affrontato di petto. La violenza va attraversata, bisogna conoscerla per imparare a difendersi.
Sono felice che il film torni nelle sale, soprattutto in questi giorni. Concedetevi questa esperienza, andate al cinema.”
Familia ha vinto numerosi riconoscimenti tra cui il Premio Orizzonti per alla 81ma Mostra del cinema di Venezia, per la miglior interpretazione maschile a Francesco Gheghi, la Segnalazione Cinema for UNICEF, il premio Miglior Cast Italiano Mostra 2024 e il Nuovo IMAIE Talent Award per Tecla Insolia.
Non sarà sempre così
Presentato in anteprima nella sezione Orizzonti della 81.ma Mostra internazionale del cinema di Venezia, Familia, sceneggiato da Francesco Costabile, Vittorio Moroni e Adriano Chiarelli, per la regia dello stesso Costabile, è il lungometraggio tratto da fatti realmente accaduti, narrati dal diretto protagonista della vicenda – Luigi Celeste (presente alla proiezione insieme a tutto il cast) – nel libro “Non sarà sempre così”, uscito nel 2017.
Il titolo del libro sembra quasi rappresentare il significato sotto traccia di tutto ciò che sullo schermo è stato sviluppato in soli 120 minuti.
Basato, appunto, sulle memorie di Luigi Celeste (Gigi nel film), Familia è un’angosciante indagine circa lo spettro della violenza e degli abusi domestici che può arrivare ad incombere su di una famiglia apparentemente normale.
Gli anni passano, ma la morsa della violenza non si allenta e rende impotenti, diventando un circolo vizioso.
Le forti interpretazioni tengono insieme il film.
La madre Licia si trova intrappolata in una situazione orribile di gravi violenze e maltrattamenti subiti (una Barbara Ronchi assolutamente strepitosa nella sua interpretazione dolce e straziante).
Francesco Di Leva, già protagonista de “Il sindaco del Rione Sanità”, è inquietante nei panni del marito Franco, un sociopatico che può passare dall’essere un uomo affascinante e paterno, al diventare, in un istante, minaccioso e iracondo.
Licia lo denuncia più volte a causa della sua vena violenta, che inizialmente viene mostrata nel film attraverso alcuni flashback.
Licia/Barbara, dopo la separazione dal marito, cerca di impedirgli di riallacciare i rapporti con lei ed i loro figli, all’epoca ancora bambini, uniti da un legame profondo: Alessandro (Marco Cicalese) e Gigi, un sensazionale Francesco Gheghi, il quale riesce magnificamente a far trasparire tutta la sensibilità interiore profondamente ferita del personaggi.
Per un insondabile scherzo del destino, Licia viene separata dai suoi amati figli ancora bambini, i quali trascorreranno da quel momento la loro esistenza in un istituto di assistenza all’infanzia, fino alla maggiore età:
soli, abbandonati a loro stessi, afflitti dall’ennesima violenza psicologica per l’allontanamento dalla loro madre, dalla loro Familia.
Il film fa poi un salto in avanti di diversi anni e mostra i ragazzi ormai ventenni. I fratelli sono finalmente ritornati a vivere con la madre.
Tutto sembra ricomporsi in una parvenza di pace finché il padre riesce ad intromettersi di nuovo nelle loro vite, causando una lunga ed imminente catena di orrori.
Un bravo fidanzato, figlio e fratello
La torturante angoscia nel tentativo di tirarsi fuori da una relazione così malata, il nervosismo e il terrore, sono scritti a chiare lettere sul volto di Barbara Ronchi: ed è palpabile, nella sua interpretazione, una vulnerabilità che fa accapponare la pelle.
Non tardano a giungere – subdolamente – le inclinazioni di Gigi, allorquando si avvicina ad un gruppo di suoi coetanei, militanti nell’estrema destra, e dal quale si fa risucchiare: è qui che sorgono il dilemma e il conflitto interiore del suo personaggio.
Non vuole assomigliare a suo padre in alcun modo, ma subisce anche una fatale attrazione verso un atteggiamento violento, criminale.
Gigi desidera ardentemente essere “buono”, un bravo fidanzato, figlio e fratello, ma in quello che poi è diventato il suo mondo, essere buono può significare commettere atti terribili per arrivare a proteggere la propria famiglia.
Nella complessità del personaggio, Gheghi cattura l’intensità e la vulnerabilità necessarie per ritrarre un giovane consapevole della sua capacità di violenza.
Questo conflitto interiore emerge in un momento straziante quando, ormai ammanettato per il suo viaggio verso il carcere, dice alla ragazza che ama (Tecla Insolla):
“Non voglio che tu finisca come mia madre”.
È un’ammissione dolorosa, ma egli è consapevole che se non affronterà i propri demoni interiori, non sarà in grado in futuro di intraprendere una relazione sana con una donna e con il resto del mondo.
Desiderio ardente di liberazione
Familia soffre di una messa a fuoco un poco sbiadita, soprattutto nella prima parte. Minaccia di divagare troppo spesso, con alcune scene underground e scontri tra gang che appaiono incomplete e piatte.
Tuttavia, il film scava con impatto snervante e intensità psicologica all’interno di tutte le complessità emotive che ruotano attorno alla lotta contro gli abusi.
È nel catturare l’altalena tra il rimanere intrappolati nella sua morsa, e il desiderio ardente di una liberazione che Familia suona più vero.
Nel suo monologo andato in onda su il programma Le Iene il 29 settembre, Luigi Celeste racconta che decise di scrivere della propria storia personale e familiare, intanto per denunziare i troppi anni in cui la giustizia chiuse gli occhi davanti a tanto scempio, ma anche affinchè potesse servire da esempio.
Narra anche del proprio riscatto, procurato con la sola forza della sua volontà, ed afferma che il corso di una vita può dipendere dal contesto in cui si nasce: da quella mano a cui vorresti aggrapparti, ma che troppo spesso nessuno ti allunga.
Luigi ha fatto suo un mantra, un grido di battaglia per riuscire a reagire ad ogni colpo del destino: non sarà sempre così.
Molti e calorosi gli applausi che hanno accolto il film, molti e calorosi gli abbracci tra gli interpreti ed il vero Gigi.
Tra tutti spicca la visibile commozione di Barbara Ronchi, la quale seppur conosciuta al grande pubblico per la sua ironica e fuori dalle righe interpretazione di Diana nella fiction Rai, “Imma Tataranni, sostituto procuratore”, qui la troviamo sostenere una parte assai drammaticamente vera, faticosamente sincera: e quando la sala, tutta, si alza in piedi per applaudire, si commuove fino alle lacrime.
Visto alla 81esima Mostra del cinema di Venezia, sezione Orizzonti.
Uscito nelle sale italiane il 2 ottobre, vedrà una seconda uscita dal 25 al 30 novembre. Da non perdere!
Immagine di copertina:
Fotogramma del trailer. Credits Medusa Film
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