Chiudo gli occhi e vedo oggetti colorati apparire e scomparire nel bianco schiumoso della riva del mare. Ne raccolgo alcuni e corro a confrontarli con quelli che ho raccolto più in là, dove le onde hanno depositato radici secche di salsedine, chissà quando. Vedo tappi, vetrini di bottiglia, stringhe e tubicini, li vedo tutti colorati di un colore che oggi è polveroso, e mi racconta di tanto tempo trascorso, di avventure e di storie.
Reminiscenze d’infanzia.
Di quando raccogliere oggetti e raggrupparli era un meraviglioso metodo per comprendere il mondo. Di quando accostare cose e significati era un gioco. Un gioco interessantissimo.
Una volta ancora Pinksummer, in questa occasione con l’aiuto di The Black Bag, ha fatto in modo che l’artista americano Mark Dion legittimasse con l’arte l’atteggiamento più nobile e infantile di tutti: la catalogazione impossibile.
Mark Dion By the sea
A Palazzo Pallavicino Cambiaso, in via Garibaldi 1, fino al 25 settembre troverete una grande quantità di oggetti dal mare – By the sea è il nome della mostra – raggruppati con impeccabile eleganza da Dion, maestro di tassonomia pindarica: vedere per credere!
La cornice delle sale storiche e del grande lampadario fastoso impreziosisce l’esposizione, che vede contemporaneamente la brillante apparizione di un cabinet realizzato in legno appositamente per l’occasione su disegno dell’artista con intarsio fregiato in madreperla, e una carriola poco più in là, meno prima donna e un po’ più defilata, per una comparsa blasé di non inferiore eleganza.
I veri protagonisti della mostra sono gli oggetti del mare, ora raggruppati per colore, ora per forma, ora in ordine sparso: se da una parte, all’interno del cabinet, troverete diversi barattoli di vetro a contenere tappi, piccoli tubi e oggettini difficilmente definibili, in un’esposizione un po’ bottega dei dolciumi un po’ bottoni della nonna, nell’altra sala sala troverete invece, tra le altre cose, la già citata carriola a contenere una moltitudine di oggetti apparentemente non raggruppati né per similarità di forma né di colore.
Un capitolo aperto, perciò, quello di Dion, sulla legittima posizione di questi oggetti, che a onor del vero, una posizione, non dovrebbero averla.
Eccoci arrivati allo strato sotterraneo (o sottomarino?) della mostra, che è una fine riflessione politica oltre che ambientale, toccata con maliziosa eleganza.
A chi appartengono questi oggetti, e in quale ordine disporli?
Non si tratta solo del banale contrasto tra l’organicità del mare e l’inorganicità della plastica che si raccoglie sulle spiagge. C’è molto di più, e si legge bene nella sala delle stampe appese a parete.
Con una ricercatezza che diventa spontanea e giocosa nei font tondeggianti e nei disegni semplici, Mark Dion ci insegna che l’arte concettuale può non fare niente e starsene a parte a guardare le cose con sguardo obliquo, vedendo l’impossibile e riportandocene almeno un briciolo, quel tanto che basta per avvertire un piccolo vacillamento, uno spostamento. Oppure un vuoto d’aria, momentaneo: non c’è niente che debba essere capito, quanto di più lontano dalla poetica del concettuale. C’è solo da stare un po’ lì e farsi prendere in giro dall’irriverenza velata dell’artista, poi vacillare per un istante. Tutto qui.
Una mostra bella, anche perché frutto di una collaborazione tra la galleria e l’associazione The Black Bag di pulizia delle spiagge della Liguria, che ha fornito il materiale dal mare.
La dove c’è un pensiero artistico obliquo che se ne sta nascosto, c’è dall’altra parte una mobilitazione attiva che sceglie il fare, che coordina corpi pensanti per agire nel bene: mi piace pensare che siano le due facce di una stessa medaglia, e che la loro cooperazione sia l’esempio di come vivere i problemi della contemporaneità con sempre maggiore intelligenza.
Immagine di copertina:
By The Sea, Mark Dion, Palazzo Pallavicino Cambiaso, Pinksummer. Foto di Alice Moschin
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