Scienza: femminile plurale, Palazzo Ducale Genova. Donne e scienza, un binomio ancora oggi ritenuto inconciliabile

Donne e scienza: un binomio ancora oggi ritenuto inconciliabile

Lo scopo della mostra “Scienza: femminile plurale” esposta a Palazzo Ducale è proprio quello di dare spazio anche a chi è rimasta dietro le quinte.
12 Novembre 2025
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“Nessuno ha la pretesa che ogni scienziata sia famosa e conosciuta dal grande pubblico, ma è giusto, ogni tanto, dare spazio anche a chi è rimasta dietro le quinte”.

Questo, lo scopo della mostra “Scienza: femminile plurale. Le scienziate che hanno cambiato il mondo”, secondo la stessa curatrice Priscilla Jamone, presidentessa dell’associazione Pepita Ramone

Le opere, esposte al Festival della Scienza dal 23 ottobre al 2 novembre e realizzate ad hoc da 6 illustratrici del collettivo artistico Pepita Ramone (Chiara Maddalena Biasotti, Viviana Giovannini, Makaerin, Vale Blu Blu, Danila Riedo e PJ), rappresentavano alcune delle donne che hanno contribuito a innovazioni e scoperte in ambito scientifico.

“Da uno dei progetti della nostra associazione, Herstory, nato per parlare di tematiche del femminismo intersezionale – spiega la curatrice – è sorta l’idea della mostra: dare spazio ad alcune di quelle figure femminili troppo spesso dimenticate o poco riconosciute dalla storia”. 

Il motivo di questo oblio è storico e socioculturale: l’istruzione è stata, per lungo tempo, appannaggio esclusivo degli uomini e, di conseguenza, negata alle donne, “rendendo così impossibile una carriera femminile in contesto scientifico”.

Il ruolo sociale della donna era quello di moglie e madre, non doveva ambire a un percorso lavorativo, ma occuparsi della casa e della cura della famiglia.

Inoltre, “l’uomo era considerato più concreto, razionale, e quindi più adatto all’ambito dello studio delle scienze, mentre la donna, ritenuta troppo emotiva e creativa, non riusciva a trovare spazio all’interno delle aule universitarie”

Donne e scienza, un binomio ancora oggi ritenuto inconciliabile
Alcune delle illustrazioni esposte. Fonte Martina PA.

Col passare degli anni e dopo tante lotte e conquiste femminili, la rappresentazione della donna è cambiata, anche se non ancora del tutto.

Secondo Jamone, infatti, “certi bias sono duri a morire: su Herstory spesso raccontiamo storie di donne che si sono fatte strada in ambienti considerati ai loro (ma anche nostri) tempi “maschili”, ottenendo gli stessi risultati (se non migliori) degli uomini”.

Queste donne, però, sono rimaste nascoste e, infine, dimenticate. “Noi – continua la presidentessa dell’associazione Pepita Ramone – vogliamo valorizzare e normalizzare il lavoro di queste donne. Non è sensazionalismo, ma puntiamo semplicemente a sottolineare che certe suddivisioni non hanno alcuna base, se non sociale”.

E queste rappresentazioni aiutano a normalizzare il volto della donna in tutti i ruoli della società:

“se il mondo ci mostra le donne solo in alcune carriere lavorative – spiega Jamone –, è ovvio che le bambine inizieranno a desiderare solo quelle e a non ambire ad altri percorsi, come quelli scientifici”

Donne e scienza, un binomio ancora oggi ritenuto inconciliabile
Alcune delle illustrazioni esposte. Fonte Martina PA.

Scienziate nell’oblio: non un’eccezione ma la triste regola

“Se mostriamo il volto di Ada Lovelace, in quanti sapranno dirci di chi si tratta? – si chiede la curatrice della mostra, Jamone – Eppure, l’informatica moderna nasce da lei”.

Ma Lovelace non è l’unica a essere stata dimenticata.

La fisica Lise Meitner spiegò il processo fisico alla base della fissione nucleare. Collaborò con il chimico Otto Hahn: solo Hahn vinse, nel 1944, il premio Nobel.

Per i loro studi sulla struttura del Dna, i biologi James Watson e Francis Crick si basarono sulla prima fotografia del Dna della storia: immagine scattata dalla biochimica Rosalind Franklin, a cui però nessuno ha mai attribuito il riconoscimento. Watson e Crick, infatti, vinsero il Nobel nel 1962, senza citare l’essenziale contributo di Franklin.

Non casi isolati, ma la pura normalità che fa di quelle poche donne riconosciute nella scienza, l’eccezione. 

Scienza: femminile plurale, Palazzo Ducale Genova. Donne e scienza, un binomio ancora oggi ritenuto inconciliabile
Alcune delle illustrazioni esposte. Fonte Martina PA.

Importanti per sradicare il patriarcato da ambiti che dovrebbero sempre restare neutri, sono anche le parole che si usano.

Non di poco conto, anche i cognomi con cui le donne vengono riconosciute. Tra tante, si può citare una delle più note scienziate della storia, nonché prima donna a ricevere non solo uno ma ben due premi Nobel, uno per la fisica (1903) e uno per la chimica (1911): Maria Skłodowska-Curie.

Nei libri di testo e nell’immaginario collettivo, è conosciuta come Marie Curie, cognome del collega e, poi, marito.

“In Polonia teniamo molto a sottolineare le sue origini – afferma Karolina Kowalcze, professoressa di lingua polacca all’Università di Genova – Insistiamo molto sul suo cognome da nubile e non è un dettaglio da poco: siamo molto orgogliosi che una donna come lei sia nata nel nostro Paese”.

E i polacchi conoscono bene le difficoltà che ha dovuto affrontare per poter continuare a studiare: come continua Kowalcze, “per raggiungere i suoi traguardi importanti a livello mondiale, si è dovuta trasferire in Francia e ha dovuto mostrare una determinazione e una forza d’animo senza eguali”.

Una donna, infatti, doveva dimostrare il doppio per poter essere presa in considerazione e, molto spesso, ancora non bastava.

Perfino a Skłodowska, dopo aver vinto il Nobel, è stato domandato come si sentisse a essere moglie di un genio, riferendosi a suo marito Pierre Curie e oscurando del tutto i suoi meriti.

“Mi auguro che oggi e in futuro – conclude la professoressa – le donne nella scienza non debbano più, come accadde a Skłodowska, lottare per affermare la propria posizione, sia sul piano sociale che accademico, unicamente perché donne”. 

Secondo la curatrice della mostra Priscilla Jamone, ogni azione, anche piccola, può dare un contributo importante per cambiare le cose.

“Tanti ambienti in diversi contesti, che per lungo tempo sono stati considerati prettamente maschili (o femminili) si sono man mano aperti e oggi presentano già meno disparità”, ma è un lavoro lungo, come specifica Jamone, richiede attenzione su diversi fronti e va portato avanti con azioni differenziate.

“La nostra è una piccola iniziativa, ma se anche solo una bambina si sentirà ispirata da queste donne, se una ragazza si sentirà più inclusa in un ambiente di studio o se qualche scienziata rimarrà nella memoria di qualche visitatore, noi saremo entusiaste di aver contribuito”, conclude la curatrice e presidentessa di Pepita Ramone.

Immagine di copertina:
Una delle illustrazioni esposte. Fonte Martina PA.


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Lucia S.

Classe 2001, ha conseguito le lauree magistrali in Lingue, letterature e culture moderne e in Informazione ed editoria all’Università di Genova. Appassionata di disegno, scrittura e lettura, gestisce “20mila libri sotto i mari”, blog in cui parla di libri e attualità. Femminista, odia le ingiustizie e fa della scrittura un’arma per combatterle.

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