Palazzo Ducale, Villa Durazzo Bombrini, Università degli Studi di Genova, Museo biblioteca dell’attore, Celso – Istituto di Studi Orientali e Teatro Akropolis, sono stati i luoghi cittadini che hanno visto dipanarsi, in un concentrato di 12 giorni, le realtà più diverse della scena contemporanea di ricerca teatrale e musicale, dando altresì spazio a seminari, incontri, proiezioni cinematografiche: una fra tutte quella incentrata sulla figura di Carmelo Bene, di Clemente Tafuri, co-direttore artistico insieme a David Beronio, della 15a edizione del Festival Testimonianze Ricerca Azioni, svoltosi durante il mese di novembre a cura di Teatro Akropolis.
Masque Teatro, andato in scena in prima regionale con il lavoro “Ed i tutti i volti dimenticati”, è una compagnia di lungo corso fondata nei primi anni ‘90: realtà che avevo avuto modo di conoscere attraverso alcuni lavori presentati al festival Volterra Teatro diversi anni fa e anche in un’altra edizione del festival ideato da Teatro Akropolis.
Ho trovato un abisso tra il linguaggio di allora e quello attuale, a riprova che la ricerca mai si ferma e mai si fermerà.
La cifra stilistica è completamente cambiata, e anche l’estetica del linguaggio. La scena si presenta con poca luce, alcuni pezzi di arredo, due tavolini, una poltrona, una sedia rossa, una bottiglia d’acqua con il suo bicchiere accanto, un tappeto di orzo e caffè bagnati con acqua, che tratteggia figure oniriche.
Un’unica interprete, Eleonora Sedioli, la quale non si riesce mai a vedere bene in viso, non si rivolge mai alla platea. È una giovane donna che rientra in casa, e dopo alcuni incerti passi da una sedia verso un tavolo, impercettibilmente dice “Si comincia”.
Da allora, sotto un fuoco di fila di luci stroboscopiche e musica incessantemente disturbante, la performance è tutta incentrata su movimenti continui, che paiono una lotta, senza pause, cambi di ritmo.
Così fino alla fine: un tutt’uno con le luci, la musica, la scena.
Ella si agita in quel piccolo ambiente, da una parte all’altra, beve un bicchier d’acqua. Ha una frenesia addosso, come se stesse ribellandosi contro qualcosa di impalpabile, di ultraterreno. Si accascia e si rialza. Il baricentro è il suo bacino, gambe e braccia disarticolate le impediscono l’immobilità.
Ed è così fino alla fine. Senza fine.
La forza visionaria delle produzioni di Masque teatro si esprime nel complesso dialogo che la compagnia sviluppa tra il discorso filosofico, la creazione di prodigiose architetture sceniche e il fondamentale ruolo della Figura.
Alcuni spettacoli hanno aperto una possibilità che identifica non solo una cifra stilistica ma una nuova modalità produttiva e una innovata relazione con il pubblico.
Un nuovo alfabeto, un alfabeto originario, dove la significazione evapora, dove la sensazione scioglie i grumi e liquefa la materia.
Immagine di copertina:
Credits Masque Teatro
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